L'INTOLLERANZA si può tollerare?

Z'INTOLLERANZA Fino a che punto le democrazie occidentali devono dialogare con gli integralismi religiosi Z'INTOLLERANZA si può tollerare? c E' qualcosa di profondamente perverso, nella maniera in cui gli occigiudicano e dentali sentono gli orrori che accadono in Israele, e anche in Algeria, e ovunque entrino in azione i terroristi islamici. E' come se una densa sabbia coprisse i cadaveri delle vittime, sino a cancellarne le tracce, e solo interessasse il diritto accampato dall'assassino, l'urlo guerriero che quest'ultimo emette. Interessa il volto del criminale integralista, e la sua complicata biografia. Interessano le geografie che l'hanno generato, gli innumerevoli ostacoli che hanno scomposto la sua esistenza, la povertà e l'umiliazione che il suo popolo ha dovuto eventualmente subire. La scienza sociologica e un segreto fascino dell'esotico, del distante terzomondista, inducono lo spettatore occidentale a fissare lo sguardo incuriosito sul crimine, e ad allontanarlo dai miseri frammenti di corpo umano che le bombe islamiche lasciano sui marciapiedi, negli autobus, nei negozi di Gerusalemme, Tel Aviv, Algeri. Spaventato lo spettatore guarda lo scempio, e si sforza di capire innanzitutto lo scempiatore. Guarda il Male, e mormora tra sé pieno di sbigottimento: hanno voluto insanguinare la Pace, hanno voluto uccidere la Pace. La Pace è minacciata dal tremendo, e non la vita di sessanta vittime israeliane. La Tolleranza è maestra segreta dello spettatore, e non la giustizia o la semplice pietà. Pace Tolleranza e Diritti dell'uomo diventano vuoti involucri, senza più sostanza umana. Non sono più virtù attive, regole precise di comportamento. Non dicono dove stia l'agire per il bene, l'agire per il male, né dove sia rintracciabile il punto di equilibrio insegnato da Aristotele, l'aurea via mediana che bisogna imboccare tra l'eccesso di bene e l'eccesso di malvagità. Tolleranza e pace diventano concetti astratti, ipostatizzati, infinitamente lontani, intraducibili. Diventano Valori: i Valori immobili, senza più rapporto col reale, in cui l'Occidente dice di credere quando non crede più in nulla. Non fu così quando l'idea di tolleranza si impose come unica politica possibile, dopo le guerre religiose che sfiancarono l'Europa nel Cinquecento e nel Seicento. Non fu così neppure all'epoca dei Lumi in Francia, quando Voltaire si levò in dife¬ sa della virtù indulgente, e la rivendicò, la praticò. Perfino lui volle circoscriverla, accompagnarla all'autolimitazione: «Perché un governo non sia in diritto di punire gli errori degli uomini, è necessario che questi errori non siano dei crimini. Sono crimini quando turbano la società, e la turbano non appena ispirano il fanatismo: occorre dunque che gli uomini comincino col non essere fanatici, per meritare la tolleranza». Perfino Voltaire vedeva che non si può esser tolleranti, con gli intolleranti. Che il fanatismo religioso turba mortalmente la convivenza tra gli abitanti della Città. L'Europa e le Chiese cristiane l'avevano dolorosamente appreso, nell'epoca delle guerre confessionali. Scrive ancora Voltaire: «La Germania sarebbe un deserto coperto dalle ossa di cattolici, evangelici, riformati, anabattisti, sgozzati gli uni dagli altri, se la pace di Westfalia non avesse procurato, infine, la libertà di coscienza». Non era tuttavia una libertà senza regole, quella di Westfalia. Non era la vittoria di una cultura su un'altra, e neppure la comprensione reciproca tra diverse tradizioni. Non era dialogo o tavole rotonde tra religioni e tra culture, ma era invece la creazione di uno spazio neutro, separato dalle Chiese, dove la religione non entrava e dove vigeva non già il diritto di tutti, bensì una legge comune che imponeva doveri analoghi a tutti. Questo spazio fu in seguito chiamato laico nella cultura francese, e secolarizzato in quella inglese: più che tollerante, tale spazio era ospitale alla maniera greca, apriva le porte della Città a chi si assoggettava alle sue leggi. Dopo le rivoluzioni di Francia e d'America, lo spazio sarà abitato da uomini che porteranno il nome, neutro, di Cittadini. Con molto ritardo, dopo secoli di fanatismo teocratico, l'Europa cristiana riscoprirà quel che avevano insegnato i romani antichi: Deorum offensae diis curae, spetta solo agli Dèi occuparsi delle offese arrecate agli Dèi. Oggi i fanatici descritti da Voltaire hanno un altro nome. Si chiamano integralisti, o secondo alcuni anche fondamentalisti. Appartengono in gran parte alla religione musulmana, anche se esistono integralismi ebraici egualmente mortiferi, nonché integralismi cristiani. Pretendono di parlare in nome di Dio, e si curano personalmente di punire chi offende la divinità. Non sanno ancora nulla di Stato di diritto, di laicità, di separazione fra Stato e Chiesa. In alcuni casi non lo sanno più. Non per questo rinunciano però a rivendicare per sé i Diritti dell'uomo, e i diritti soprattutto alla tolleranza, alla libertà di coscienza. Sono dunque una creatura anfibia delle religioni: solo ap- parentemente emanano da esse, ma in realtà vampirizzano i vocaboli occidentali della modernità miscredente, e ne sono vampirizzati. Nella tradizione musulmana non c'è questa loro vocazione all'intolleranza, ma non c'è neppure l'insistenza sui Diritti dell'uomo, che sono un'invenzione occidentale posteriore alle guerre di religione e al trattalo di Westfalia: nell'Islam non esistono che doveri - anche di tolleranza - tra gli uomini e verso Dio. Non di integralisti religiosi si tratta quindi, e ancor meno di fondamentalisti ansiosi di riabbeverarsi al fondamento della fede, ma di integralisti politici. La loro cultura è cultura guerriera, di morte e sterminio. L'integralista musulmano che sogna di dinamitare l'ebreo, l'integralista ebraico che vuol pulire le terre sacre dal sangue palestinese hanno più a che vedere con Hitler, che con Maometto o Mose. Vergognoso di sé e del proprio passato coloniale, lo spettatore occidentale si ostina a non chiamare il terrorista col suo vero nome, e rifiutando di nominare il Male che rappresenta lo comprende fino a segretamente assolverlo, in nome della tolleranza e di una fede - autoaccecante, perversamente politicizzata - in stratosferici Processi di pace. Così disarmate, senza più regole ferme di condotta, le società liberali accolgono le più svariate culture e si dicono per questo: società democraticamente aperte. Si dicono anche multiculturali, ma lo spazio laico di neutralità si assottiglia, e con esso viene meno anche l'autorità forte che regnava su tale spazio, che lo preservava dalle aggressioni di settari o fanatici, e che esercitava un monopolio ferreo sulla violenza legittima. Liberalismo tollerante e autorità diventano valori in conflitto, non più complementari, e le Chiese cristiane non sanno più resistere a tali deviazioni, sciolte e afasiche come sono in una società generalmente post-religiosa. Non stupisce allora che le comunità musulmane si ritraggano impaurite, che coltivino la ìoro cultura separata, che abbiano in orrore un mondo occidentale che ritengono sempre più corrotto. Non stupisce che l'integralismo islamico diventi un male non solo esterno, che colpisce le popolazioni civili in Medio Oriente o Algeria, ma una bomba pronta a esplodere nelle periferia d'America, e d'Europa. Qui è la nemesi di una tolleranza che è andata sempre più dissociandosi dalla giustizia, dalla legge, e che è diventata hybrìs, misura varcata ogni giorno, autodistruzione progressiva d'una civiltà. Qui è la nemesi di una tolleranza vista come valore solo positivo, creatore di universali armonie, e non come valore preventivo, suscitatore di entusiasmi negativi, escogitato per difendere il liberalismo dai nemici che non lo tollerano. Nelle scuole europee si assiste a questa autodistruzione. Nell'Inghilterra tollerante e multiculturale, sono migliaia gli allievi musulmani che disertano le scuole pubbliche, che sono mandati in scuole coraniche da genitori che considerano l'educazione nazionale corruttrice, diseducativa. E chi difende ancora una propria nozione di laicità, come in Francia, è guardato dal resto degli europei alla stregua d'un relitto del secolo scorso, che non si e messo al passo con i tribali Tempi Moderni. Nelle scuole pubbliche francesi è vietato ai musulmani, per legge, di portare il velo in classe, o di assentarsi per motivi di religione dalle lezioni di ginnastica, o di musica. E' un atteggiamento duro, che può offendere le sensibilità musulmane, e che in genere è mal compreso dagli italiani, o dai tedeschi, o dagli inglesi. Quando fu vietato l'ingresso in classe a una scolara col velo, qualche anno fa in una cittadina francese, molte intelligenze europee si indignarono e le sinistre mostrarono imbarazzato fastidio. Avevano dimenticato che in nome del vel , o del chador si uccide e si violenta, in Algeria o in Medio Oriente. Avevano dimenticato che non esiste una libertà senza pericoli, se non c'è autorità a garantirla, governarla, e quando necessario limitarla. Avevano dimenticato Voltaire, che combatteva per le idee del proprio avversario ma sapeva anche il momento in cui occorreva «abolire i gesuiti per farne Cittadini», quando i gesuiti infrangevano le leggi del regno Barbara Spinelli Di fronte all'orrore, Pace e Diritti umani diventano vuoti involucri senza sostanza Molte intelligenze si sono indignate con la Francia che ha vietato il chador Dimenticano Voltaire che lottava per la libertà ma sapeva quando limitarla Qui sotto Voltaire, l'illuminista francese considerato un campione della battaglia per la tolleranza Qui sopra scritte inneggianti al Fis in una via di Algeri; in basso donne iraniane con il chador

Persone citate: Barbara Spinelli, Hitler