Gagarin, i 10 minuti di paura

Gagarin, i 10 minuti di paura UN DRAMMA SEGRETO Gagarin, i 10 minuti di paura Rischiò la morte, all'asta le prove NEW YORK ON andò liscio come per decenni tutti hanno pensato il volo di Yuri Gagarin, il primo uomo nello spazio. Anzi, per dieci lunghissimi minuti lui e i tecnici del centro spaziale sovietico temettero seriamente che il suo destino fosse segnato. La pruva di ciò si trova in alcuni foglietti che stanno per essere messi all'asta da Sotheby's, a New York, assieme a centinaia di oggetti vari riferiti alla corsa nello spazio dell'allora Unione Sovietica. Su quei foglietti ci sono gli appunti presi dal colonnello Yevgeny Karpov, che all'epoca dello storico volo del 12 aprile 1961 era il diretto superiore di Gagarin. «Lì per lì non abbiamo capito cosa dicessero perché erano scritti in cirillico - dice David Reddom, l'organizzatore dell'asta che avrà luogo fra dieci giorni - ma siccome erano pieni di punti esclamativi ci siamo incuriositi e ce li siamo l'atti tradurre. Uno diceva "Malfunzionamento!", un altro "Situazione d'emergenza!", un altro ancora "Non cedere al panico!". Ce n'era abbastanza per ritenere che quei pezzetti di carta contenessero una grossa sorpresa e abbiamo deciso di indagare». Così si sono rivolti a James Oberg, il maggiore esperto americano dell'avventura spaziale sovietica, autore del libro «Stella Rossa in orbita», e lui ha messo in relazione quegli appunti con il rapporto che lo stesso Gagarin presento dopo essere sceso felicemente a terra. Secondo il progetto, diceva il rapporto, la «Vostok 1 », la navetta spaziale in cui Gagarin si trovava, doveva separarsi dal razzo che serviva a frenare la sua discesa a terra 10 secondi dopo l'accensione dei motori del razzo medesimo. Invece i due elementi restarono collegati e la navetta, spinta dal motore del razzo, cominciò a vorticare su se stessa a velocità crescente. Se fosse andata avanti cosi, il previsto surriscaldamento provocato dall'impatto con l'atmosfera terrestre sarebbe stato enormemente maggiore e la navetta si sarebbe probabilmente incendiata, uccidendo il suo occupante. Per fortuna, dopo 10 minuti il distacco del razzo frenante avvenne, il vorticare della navetta rallentò e Yuri Gagarin potè fare ritorno sulla terra sano e salvo, pronto per la gloria. (Non l'avrebbe gustata a lungo, come si sa, perché poi, nel 1968, mori in un incidente aereo). Il rapporto di Gagarin fu pubblicato dal giornale di Mosca «Kabochaya Tribuna» nel 1991, ma siccome quello era un periodo in cui le «rivelazioni» sull'Urss da poco disintegrata erano pressoché quotidiane, passò quasi inosservato. Ora, con l'aggiunta di questi appunti del colonnello Karpov (ad assegnarli a Sotheby's per la messa all'asta è stata la sua vedova), il fatto che Gagarin si sia salvato per un pelo è acquisito. Sull'autenticità degli appunti, infatti, l'esperto Oberg non ha dubbi. «L'unico - dice - riguarda quando esattamente sono stati presi: se durante quei 10 minuti terribili in cui si temeva per la sopravvivenza di Gagarin oppure dopo il suo ritorno a terra, in seguito al racconto da lui fatto. Ma agli effetti di stabilire che cosa accadde la differenza è quasi irrilevante». Piuttosto, il problema che si pone è come sarebbero andate le cose se si fosse saputo subito di quel grave rischio corso da Ga¬ garin. Il regime sovietico decise di tenere nascosta la cosa perché mal si addiceva all'atmosfera di trionfo seguita all'impresa. I giornali di tutto il mondo riportarono l'euforica conversazione telefonica fra Gagarin e Nikita Krusciov e negli Stati Uniti si diffuse lo scoramento, per niente mitigato dal volo compiuto meno di un anno dopo da John Glenn. (Anche con lui John Kennedy ebbe una pubblicizzatissima conversazione telefonica, ma data la differenza di «qualità tecnica» fra il suo volo «sub-orbitale» e quello di Gagarin, la cosa risultò piuttosto patetica). L'«inferiorità» americana, comunque, durò poco. Incalzato dalla pressione della frustrata opinione pubblica (nonché dalla necessità di ripristinare l'immagine degli Stati Uniti dopo la tremenda figura fatta con la fallita invasione di Cuba alla Baia dei Porci), Kennedy dette vita al programma Apollo - 25 miliardi di dollari - incaricando «personalmente» il suo vice, Lyndon Johnson, di seguirlo con la massima attenzione. Da lì scaturì lo sbarco sulla luna di Neil Armostrong, nel 1969. Sarebbe accaduto lo stesso tutto ciò, se il «trionfo» sovietico fosse apparso fin dall'inizio quello che era, e cioè un'operazone ad alto rischio? La storia con i se, com'è noto, non si fa, ma è un fatto - ricorda oggi John Glenn, che nel frattempo è diventato senatore e a un certo punto ha anche cercato invano la «nomination» democratica alla Casa Bianca - che agli albori della cosiddetta «era spaziale» i consiglieri scientifici del Presidente erano molto perplessi sull'invio di uomini nello spazio e suggerivano semmai di spedire qualche animale, come i sovietici avevano fatto poco prima con la cagnetta Laika, messa nello Sputnik 2. Il successo di Gagarin indusse Kennedy a trascurare quei loro dubbi, «ma se si fosse saputo del rischio che aveva corso, gli argomenti di quelli che dubitavano sarebbero stati sicuramente più forti». Franco Pantarelli n fonYORK me per o penarin, il Anzi, uti lui ale sonte che to. 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Luoghi citati: Cuba, Mosca, New York, Stati Uniti, Unione Sovietica, Urss