I 500 salvadanai del Presidente di Vittorio Zucconi

Chi paga nell'ombra le camp POLITICA E DENARO 1500 ^^€ifl^M^ti€l cincia ® H m esiliente Chi paga nell'ombra le camp lettorati IO VIP P Vi? vvn. i WASHINGTON L 22 gennaio del 1981, neppure 24 ore dopo l'insediamento di Ronald Reagan alla presidenza degli Stati Uniti, un anziano signore con una bella testa di capelli argentei si presentò ai cancelli della Casa Bianca e fu fatto immediatamente entrare dagli agenti del servizio segreto. Lontano dagli occhi dei giornalisti e dagli obiettivi delle telecamere, il visitatore fu accompagnato attraverso il labirinto della Casa Bianca e pochi minuti dopo si aprirono per lui le porte del tabernacolo del potere americano, 10 Studio Ovale. Reagan scattò in piedi, girò attorno alla famosa scrivania di noce sulla quale i Presidenti lavorano, e strinse calorosamente la mano al primo visitatore che avesse messo piede nel suo Studio Ovale. «Benvenuto, Fred - gli disse 11 Presidente spalancando per lui il suo più luminoso sorriso hollywoodiano - e grazie». «Io non ho fatto niente», si schermì il gentiluomo dai capelli bianchi. «Troppo modesto - sorrise Reagan - ho molte ragioni per esserle riconoscente». Un miliardo e mezzo di ragioni, per essere precisi, tante quante le lire che il signore dai capelli d'argento aveva versato nelle casse della campagna elettorale di Ronald Reagan. Il suo nome, misterioso quanto il suo viso, era Fred Lennon, e lo cercheremmo invano nelle liste delle celebrità americane. Per trovarlo, senza rischiare di confonderlo con il Beatle assassinato John Lennon, si deve consultare tutt'altra lista, si deve esaminare un elenco riservatissimo che i responsabili delle campagne elettorali americane conoscono e custodiscono da anni, ma che 0 pubblico ignora: la Usta dei principali contribuenti politici negli Stati Uniti, il registro dei massimi elemosinieri di finanziamenti elettorali. Le «cash cows», come si chiamano nel gergo dei candidati alle cariche elettive, le mucche da soldi, dalle cui generose mammelle sgorga la linfa che fa vincere o perdere un'elezione. Il danaro, si dice in America, «è 0 latte della politica». Viva la sincerità. Fred Lennon, industriale di tubature idrauliche, miliardario produttore di valvole per sciacquoni e di sifoni per lavandini, è, da almeno 20 anni, il massimo contribuente volontario alle casse dei repubblicani, eppure nessuno lo conosce. «Il successo è segretezza, la segretezza è successo», dice il suo motto, e quando la rivista Forbes pubblica la classifica dei 400 americani più ricchi, al nome di Fred Lennon deve affiancare una vecchissima foto del 1957, la sua ultima immagine pubblica. Ma se 0 fabbricante di tubature eccede probabilmente nella sua paranoia, nessuna delle 500 «mucche da soldi» ama che il suo nome, e i suoi contributi, vengano pubblicizzati. Non c'è niente di illegale, nel loro versare soldi ai candidati e ai partiti preferiti. Ma su tutti pesa il più che giustificato sospetto che quei dollari abbiano l'ovvio intendimento di comperarsi un pezzo della democrazia americana. Secondo la legge americana sid finanziamento dei partiti e dello campagne elettorali, approvata negli Anni 70 dopo lo scandalo dei fondi neri venuti a galla nella grande fogna del Watergate nixoniano, un individuo o una società non possono contribuire con più di mille dollari, un milione e mezzo di lire, alle casse di un candidato. Ma i compilatori della legge lasciarono una piccola smagliatura che, come tutte le smagliature, ha finito per divorare tutta la calza della legge. Non ci sono limiti ai contributi che possono essere versati direttamente ai partiti, i quali possono poi girarli, in mille maniere non sempre legittime, alle tesorerie dei politici. Ed è in questa smagliatura che i personaggi come il miliardario idraulico Lennon e gli altri 499 ani¬ mali da mungitura hanno potuto versare il latte della loro ricchezza e dei loro interessi politici. La lista, divenuta pubblica in questi giorni di corea alla Casa Bianca grazie alla fatica di un centro di ricerca pubblico, il «Center for Responsive Policy» che è andato ad annusare nella stalla dei finanziamenti elettorali, è naturalmente un «chi è» dell'Ame¬ rica che conta e che vuol contare. Un registro senza distinzione di ideologia e di partito degli americani che vogliono comperarsi un pezzetto della benevolenza e della protezione dei futuri parlamentari, governatori, Presidenti. Ci sono repubblicani e democratici, femministe e attrici, conservatori e progressisti, e c'è una piccola per- centuale di elemosinieri prudenti, una trentina, che salomonicamente versano soldi sia a destra sia a sinistra, per mettersi al sicuro. Per fare come Bob Hope, che fa elemosina a tutte le confessioni cristiane, protestanti, ortodosse e cattoliche, per «evitare - dice il comico - di finire all'inferno per l'eternità solo per aver sbagliato Dio». Scorriamo la lista. Alle spalle di Fred Lennon, che oggi ha 90 anni ma ha già versato mezzo miliardo nelle casse eh' Bob Dole, c'è un avvocato californiano di fede democratica, tale Williamo Lerach che ha dato, dal 1993 a oggi, quasi 800 milioni di lire ai democratici e a Clinton. Lerach è un avvocato specializzalo in cause civili per danni contro le grandi industrie, e le sue parcelle sono leggendarie. Sarà ima coincidenza, ma nel 1993, dopo ima cena privata con lui, Clinton abbandonò improvvisamente il suo progetto di porre un limite legale alle cifre che un querelante può chiedere in danni quando fa causa a un'azienda. Terzo in graduatoria, con 600 milioni, è Dwayne Andrez, presidente della Archer Daniel Midland, la più grande azienda di agri-business negli Usa che dipende, per i suoi favolosi profitti (giro d'affari nel '95, 17 mila miliardi di lire) dai generosi sussidi pubblici all'agricoltura. E' un contribuente repubblicano, particolarmente affezionato a Bob Dole, senatore dello Stato agricolo del Kansas. Quinto è un altro ricchissimo supporterai Dole, Cari Lindner, presidente della «Chiquita Banana». Per questo si è preso un soprannome malizioso: lo chiamano il «Banana Republican». Fra le «mucche da soldi» ci sono nomi deila cultura, dello spettacolo, del cinema. Steven Spielberg è diciannovesimo, una posizione di eccellenza in questa lista assai meno nobile di quella di Schindler: ha versato 400 milioni al suo partito preferito, il democratico. Come hanno fatto Barbra Streisand, che ha dato a Clinton 200 milioni, e Paid Newman, più avaro (è appena 373") con poco meno di 100 milioni. Dall'elenco manca soltanto un nome vistoso, quello di Steve Forbes, l'editore-candidato che sta correndo verso la Casa Bianca forte dei mille miliardi di lire ereditati dal papà. Forbes ha risolto brillanteinente il problema dei contributi elettorali: li versa tutti, e soltanto, a se stesso. Se dovesse vincere, non dovrebbe ricevere nessuno nello Studio Ovale per ringraziarlo della sua generosità il giorno dopo la vittoria. Si vuol comperare la Casa Bianca, certamente, ma almeno se la compera con i suoi soldi. Vittorio Zucconi Nell'elenco riservato ci sono ignoti industriali e finanzieri, ma anche gente dello spettacolo come Spielberg, la Streisand, Paul Newman

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