La New York di Giuliani contro Buchanan di Foto Ansa

11 Anche il governatore Pataki con il front-runner nel voto di oggi che coinvolge altri 9 Stati la New York di Giuliani contro Buchanan // sindaco: votate Dole o chiunque altro, ma non lui WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Non è stato certo un abbraccio entusiasta, ma il fatto che il sindaco di New York Rudolph Giuliani abbia in qualche modo dichiarato di appoggiare la candidatura di Boh Dole ha ulteriormente rischiarato la giornata dell'anziano senatore repubblicano proprio mentre si profilava una sua probabile vittoria nelle primarie del «Junior Tuesday». Ieri, infatti, erano in palio 259 delegati in dieci Stati (otto primarie e due «caucus»). Si tratta di quasi un terzo dei voti necessari (996) per avere matematicamente in tasca la «nomination» e Dole sembrava nella posizione di guadagnarne gran parte, anche perché in 6 di questi Stati vige la regola «il vincitore prende tutto». Se domani il favorito tra i candidati repubblicani riuscirà a strappare una vittoria a New York (98 voti), la sua campagna decollerà anche prima del decisivo «Supertuesday» del 12. «Io voterò Dole - ha dichiarato Giuliani dopo avere a lungo tentennato - perché ritengo sia la migliore scelta per fermare Pat Buchanan. Voi, se volete, potete seguire la mia indicazione. Ma, se non volete, potete votare anche Steve Forbes. L'unica cosa che vi chiedo di fare è di non votare per Buchanan». Giuliani si è poi lanciato in un attacco feroce contro Buchanan, ancora più violento di quelli che gli portano i suoi stessi avversari. «Pat Buchanan - ha detto Giuliani - rappresenta proprio tutto ciò che è incompatibile con lo spirito della città di New York. Per una qualche ragione lui trova ripugnante tutto quello che ci riguarda e io penso che dovremmo rispondergli per le rime votandogli contro in grande, grandissimo numero». Poiché anche il governatore dello Stato, George Pataki, si è espresso a favore di Dole e il senatore più importante, Alphonse D'Amato, presiede addirittura il suo comitato elettorale, il «front-runner» repubblicano sembra essere piazzato abbastanza bene nel voto di giovedì. Qualche problema glielo può creare Forbes, che svolge la sua attività a New York e vive appena oltre l'Hudson, in New Jersey. Quella di New York dovrebbe tuttavia essere una delle ultime imprese del ricco editore, che aveva anche qualche buona speranza perii Colorado, i cui risultati si conosceranno oggi. Ma la sua campagna, come quella di Buchanan, sembra avere già raggiunto la velocità massima possibile e, d'ora in poi, sono prevedibili soprattutto rallentamenti. L'imminente probabile ritiro di Lamar Alexander consentirà a Dole di riunificare sotto le sue bandiere il grosso degli elettori moderati. Il fatto, poi, di riuscire a prendere con decisione il comando della corsa consentireb¬ be a Dole di rallentare un po' con le spese elettorali, cosa per lui necessaria perché ormai ha raggiunto quasi il limite. La lotta contro Forbes e Buchanan è stata infatti più dura di quanto gli strateghi di Dole si aspettassero. Il più importante degli Stati in cui si è votato ieri è la Georgia. Anche qui Dole ha ricevuto un aiuto importante quando Newt Gingrich, che è della Georgia, è apparso solennemente a Atlanta per annunciare il suo voto per lui. Si è poi votato in cinque Stati del New England (Massachusetts, Connecticut, Rhode Island, Maine e Vermont) e in Maryland, mentre negli Stati di Washington e Minnesota si sono tenuti «caucus». Soltanto nel boscoso Maine, che quattro anni fa attribuì la palma della vittoria a Ross Perot, Buchanan aveva qualche speranza di un buon piazzamento. Paolo Passarseli Dole potrebbe affermarsi oggi come leader incontrastato dei repubblicani A New York Giuliani e Pataki (foto sorto) lo appoggiano [FOTO ANSA]