SE LA SINISTRA NON PARLA di Gianni Vattimo

IL DAY AFTER DEL VOTO IN SPAGNA SE LA SINISTRA NON VARIA zia, efficienza, solidarietà sociale, al presente agisca in sostanza come una forza conservatrice, per giunta oggettivamente alleata del grande capitale (per natura più interessato alla razionalizzazione del sistema), e complessivamente poco sensibile a quelle rivendicazioni «di base» che hanno costituito da sempre il suo punto di riferimento caratteristico. Probabilmente, non si tratta solo di apparenza. Non ò vero, cioè, che basterebbe solo adottare un po' più spregiudicatamente alcuni slogan indebitamente monopolizzati dalla destra - meno tasse, milioni di nuovi posti di lavoro - per far breccia nell'elettorato. E' una complessa faccenda di cultura politica, che riguarda insieme il modo in cui la sinistra pensa se stessa e U modo in cui i cittadini si accostano, oggi, alla politica. Intanto, se è vero che in altri momenti della sua storia la sinistra e stata più francamente «rivendicativa», non si deve dimenticare che sempre essa ha avuto il problema di tradurre in termini politico-programmatici le rivendicazioni immediate di ceti e gruppi sociali. La classe operaia a cui il partito comunista voleva dar voce non sono mai stati gli operai «reali», spesso troppo incolti - secondo i teorici del partito - per riconoscere i loro veri interessi; dalla (inevitabile) distinzione tra classe operaia empirica e classe operaia «autentica» sono nate, come si sa, tutte le degenerazioni autoritarie del comunismo, la dittatura sul proletariato, ecc. Il problema di rispecchiare e, però, anche «interpretare» i bisogni e disagi reali si e complicato ulteriormente da quando la sinistra non si ritiene più espressione di una classe specifica, il proletariato operaio, ma intende farsi portatrice di un progetto di società giusta in cui gli interessi delle varie categorie siano rispettati e contemperati. Questi interessi non possono essere rispecchiati e promossi nella loro forma immediata, devono essere composti, mediati, conciliati con l'interesse generale. A questo programma la sinistra non può rinunciare, pena la perdita del suo stesso senso. Nella misura in cui non sono - come in buona parte sono - espressione di residue ambizioni personalistiche e di piccole clientele - le tante divisioni che ancora solcano la coalizione dell'Ulivo manifestano questa reale difficoltà di media zione e di composizione. Può la destra offrire risposte migliori? Anche qui, bisogna distinguere l'apparenza contingente e gli aspetti sostanziali. Contingente è il fatto che il governo contro cui i lavoratori autonomi si sono rivoltati a Torino sia stato un governo sostenuto dai voti del centro sinistra, per cui è persino troppo ovvio che Fini abbia ricevuto applausi e Prodi insulti e fischi. Ma sul piano sostanziale, non si fa torto alla destra dicendo che essa tende a risolvere i problemi della mediazione e composizione degli interessi con una mistura, piuttosto contraddittoria, di liberismo illimitato e di ricorso alla figura del capo carismatico. Almeno, questo è ciò che si vede nelle parole d'ordine della destra italiana: da un lato riforma costituzionale in senso presidenzialista, dall'altro riduzione drastica dell'intervento dello Stato nell'economia (e dunque, anzitutto, riduzione delle tasse). Ma i piccoli commercianti minacciati, più ancora che dalle tasse, dall'imporsi della grande distribuzione, potrebbero davvero resistere in una condizione di liberismo assoluto? E so hanno in qualche modo bisogno dell'intervento regolatore dello Stato, non possono non porsi il problema di alleanze sociali che permettano loro di far valere democraticamente i loro legittimi interessi. Simili alleanze non possono essere sostituite dal ricorso a un capo che dovrebbe decidere equamente per tutti. E' qui che, alle difficoltà della cultura politica della sinistra, si accompagnano gli effetti dell'imbarbarimento generale della politica nella nostra situazione attuale. Per questo è tristemente emblematico l'atteggiamento della platea del Lux di Torino, che ha zittito Prodi (ma anche agli altri eccetto Fini, non è andata molto meglio) prima ancora di sentirne le proposte. La mediazione e la composizione degli interessi richiede uno sforzo di dialogo, che comporta anche la necessità di controllare la propria, pur legittima, rabbia. Senza la capacità di far valere i propri interessi in un confronto esplicito e argomentato con quelli delle altre categorie, le soluzioni che vengono offerte e che sul momento appaiono più realistiche, sono solo illusioni, chiacchiere elettorali; o, peggio, premesse di uno scontro sociale che, se dovesse davvero scoppiare, costringerebbe i negozi, piccoli o grandi che siano, ad abbassare le saracinesche per ben più che una giornata di protesta. Gianni Vattimo

Persone citate: Prodi

Luoghi citati: Torino