«Una lezione per tutti da Gonzàlez ad Aznar» di Mimmo Candito

Estero IL DAY AFTER DEL VOTO IN SPAGNA Il filosofo Savater: la sinistra è stata punita, la destra non potrà essere arrogante «Una lezione per tutti elei Gonzàlez ad Aznar FMADRID KRNANDO Savater, 48 anni, filosofo, autore di 45 libri, e uno dogli intellettuali più noti di Spagna. Basco di San Sebastian, ora è minacciato di morte dall'Età per la sua condanna pubblica del terrorismo; un poliziotto lo segue dovunque. Al tempo della dittatura, la polizia franchista lo aveva schedato come un «anarchico moderato». Ma cosa c'è in comune, tra quella Spagna e questa che la destra torna a governare? «Niente, proprio niente. Oggi la democrazia è pienamente radicata nella società; solo che tutti ci alimentiamo di miti, e tardiamo a vedere il reale». Ma si può proprio credere che l'estrema destra - che vent'anni fa era la maggioranza ufficiale della Spagna - stia oggi tutta in quei 3000 voti stenti del partito franchista? «Aznar ha saputo sdoganare l'estrema destra, agreste, feroce, assorbendola dentro un progetto conservatore ma liberale. Però, certo, il mostro può sempre rinascere». Il voto di domenica, che le pare? •(Non poteva essere migliore. Una lezione per la sinistra; e una maggioranza risicata per la destra, che non le permetta di essere tracotante». Si, però il governo? «Lo so, rischiamo d'infilarci in una spirale italiana. Con la differenza, però, che in Italia esiste una cultura comunque della democrazia e delle differenze, mentre qui l'obbligo di una coalizione è un fatto nuovo. In più, noi spagnoli abbiamo la tendenza al tragico... Ma la realtà alla fine è più sensata di tutte le nostre paure». E s'imporrà, questa realtà? «Intanto, comprometto la destra con un processo elettorale, e le fa capire che la democrazia non è un tnicco ma serve a tutti. In un Paese abituato allo scontro, alle spaccature drammatiche, questo è un vero salto di qualità». E' finita, allora, la leggenda eterna delle due Spagne? «E' finita da tempo, tranne però che nel Paese Basco. Dove, paradossalmente, i terroristi antispagnoli sono poi i più spagnoli di tutti, proprio perché perpetuano la leggenda nera che l'avversario va sterminato». Qual è il rapporto tra la parola e la politica, laggiù? «Questo Paese è stato sempre avvelenato dalla parola: e quando una realtà ò difficile da modificare si fa sempre retorica. Noi spagnoli ci ubriachiamo di parola, il Paese Basco ne è la documentazione tragica». Anche la campagna elettorale ha visto violenza retorica. «L'avvelenamento dei media però è stato poi un boomerang». Il psoe? «Era diventato un partito di vecchi del potere. Si doveva rigenerare, si deve rigenerare. Non può lasciare alla destra l'immagine del nuovo, dei giovani». E Felipe Gonzàlez? «Non è San Francesco d'Assisi, ma si è esagerato. E poi è uno statista autentico» Che cosa passa, dietro la rigenerazione politica? «Passa il dovere di costruire anche un nuovo stile di vita, una qualità di vita più alta, un costume più puritano, i valori dell'astinenza e della consapevolezza». Dall'America arrivano però segnali anche preoccupanti. «Non voglio immaginare Madrid come l'Atene di Pericle, ma stavamo tutti abbastanza bene, e ci siamo calati troppo in una dimensione esclusivamente ludica, il piacere, il consumo, il divertimento. No, ora facciamo una pausa». Beh, ma questo è stato anche il Paese di Torquemada. «La Spagna è stata sempre intransigente anche perché ò stata sempre un Paese credente. Qui si entrava in un'idea politica come se si entrasse in religione. Oggi, questo ò imito: siamo un Paese scettico, perfino con una buona dose di ironia. Forse siamo anche rimasti - e meno male - un Paese premoderno, nel senso che privilegiamo la qualità della vita, la chiacchiera tra amici, il piacere del mangiare, sull'organizzazione germanica della produttività». La Spagna di oggi, dunque, ha dimenticato il passato? «E' meglio l'oblio, che la memoria: ma soltanto nella vita di ogni giorno, tra amici, tra uomini qualunque. Nella vita pubblica, invece, la memoria è un dovere primario, perché non si ripetano gli errori del passato». In questa sospensione del tempo, come sarà il futuro? «Ah, come futurologo non valgo nulla. Temo però che tornino molti fantasmi che, nell'89, abbiamo creduto di esserci lasciati alle spalle: la guerra, la violenza tra gli uomini, il razzismo, la fame, la dittatura, l'intolleranza. Ci vorrebbe un potere sovranazionale, un'autorità che l'Onu ha dimostrato di non avere e che sappia risolvere problemi che a livello tribale non potranno mai essere risolti». C'è anche il problema del rapporto tra potere e libertà, in un sistema che, dovunque, ormai privilegia l'esecutivo. «E' l'eterno problema della democrazia, che deve saper mediare tra i diritti individuali e l'esercizio di governo. Quanto più il governo prevale, di tanto ugualmente si violano i diritti mdividuali. Era vero nel XVIII secolo, è più vero oggi, nella nuova era di democrazia tecnologica, basata sull'immagine e sulla comunicazione immediata». Ma questo si profila come un nuovo potere: la videocrazia. «In realtà, il nucleo centrale è l'educazione. Quasi tutti i problemi del nostro secolo sono legati all'istruzione, cioè alla sua mancanza: educazione non è solo preparazione professionale, è consapevolezza critica, capacità di partecipazione. Il video può esaltarla, ma può anche soffocarla. Sta ai giornalisti, agli intellettuali, smontare la spoletta della bomba e proteggere la civiltà della tolleranza». Mimmo Candito «Felipe non è San Francesco ma su di lui si è esagerato» tutti znar Fernandun part«Felipma sumpmtdpvrnns Fernando Savater: il psoe era diventato un partito di vecchi al potere

Persone citate: Aznar, Felipe Gonzàlez, Fernando Savater, Savater