Colazione da HITLER

da Fra lo chalet di montagna e la cancelleria, i «Colloqui» di Rauschning con il Fùhrer negli anni cruciali della presa del potere da Colazione HITLER *\ UESTA storia comincia 1 A una sera d'agosto in un picI I colo villaggio delle monta- I I gne bavaresi. Dal treno di V 1 Monaco scendono alla sta- v zione di Berchtesgaden tre uomini di mezza età di nome Forster, Linsmayer e Rauschning. Vengono da Danzica e la meta del loro viaggio è una piccola casa «d'aspetto simpatico e modesto», a venti minuti eh' macchina dalla stazione. I tre visitatori entrano in un grazioso salotto riscaldato da una grande stufa. Guardandosi attorno notano i soliti mobili rustici e civettuoli, tanto amati dalla borghesia tedesca, e intravedono una gabbia, ricoperta da un panno, da cui proviene il «pigolio impaurito di uccelli canori». II padrone di casa, un uomo bonario e affabile, li invita a sedersi e offre loro un liquore di ciliegia. Ha lasciato nella stanza accanto un gruppo di signore di mezza età, materne e devote, che hanno trascorso con lui l'intera serata. L'uomo è astemio, ma smodatamente goloso. Il suo cuoco, un vecchio compagno di lotte politiche, gli prepara biscotti e grandi dolci ricoperti eh panna che egli mangia con ingordigia. Quando i tre visitatori di Danzica tornano il giorno dopo la conversazione prosegue sulla terrazza dello chalet di fronte alla splendida catena di montagne che separa la Baviera dall'Austria. Parlano di tutto: le grandi innovazioni della tecnologia moderna, il ruolo degli eserciti nella guerra futura, il problema della disoccupazione, la lotta all'inflazione. Di tanto in tanto il padrone di casa si lascia catturare dalla bellezza del paesaggio e piomba in uno stato di stupore romantico. Ma dopo qualche minuto si rianima, ricomincia ad ascoltare, coglie al volo uno spunto e si lancia in un lungo monologo su uno dei suoi temi preferiti. «Se dichiarerò guerra - dice rivolgendosi a uno dei suoi visitatori - allora un giorno nel bel mezzo della pace farò comparire a Parigi delle truppe. Indosseranno uniformi francesi. Marceranno in pieno giorno per le strade. Tutto è pronto fino all'ultimo particolare. Marceranno fino al quartier generale del comando supremo. Occuperanno i ministeri, il Parlamento. Nel giro di pochi minuti la Francia, la Polonia, l'Austria, la Cecoslovacchia verranno private dei loro uomini guida. Un esercito senza stato maggiore. Tutti i capi politici saranno eliminati. Regnerà una confusione senza precedenti. Ma io mi sarò messo già da tempo in contatto con gli uomini che formeranno il nuovo governo. Un governo che andrà bene a me. Troveremo questi uomini, li troveremo in ogni Paese: spinti e accecati dall'ambizione, dalle liti di partito e dalla presunzione. Avremo un trattato di pace prima che scoppi la guerra. Ve lo garantisco io, signori, che l'impossibile si avvera sempre. L'improbabile è la cosa più sicura». Uno dei tre visitatori, Hermann Rauschning, lo segue con attenzione e stupore. Non riesce a comprendere se l'autore di questi monologhi - ora affabile e gioviale, ora furioso e martellante - sia un grande stratega, un romantico bohémien o un incurabile sognatore. Quando la conversazione cade sul tema dell'inflazione, ad esempio, il padrone di casa respinge bruscamente con insofferenza qualsiasi considerazione monetaria e sostiene che i prezzi si governano con la fermezza della volontà e le maniere forti delle squadre d'assalto. Rauschning diffida di questo sfrenato volontarismo, ma cede al fascino del piccolo uomo che parla per lunghi monologhi con voce stridula e toni profetici. L'uomo ò Adolf Hitler, leader del partito nazional-socialista e di formazioni paramilitari che per lunghi mesi hanno seminato il terrore nelle città tedesche. L'epoca dell'incontro è l'agosto 1932. Pochi mesi prima, in marzo e in aprile, si sono tenute le elezioni presidenziali. Nel turno di marzo Paul von Hindenburg, comandante delle forze tedesche durante la prima guerra mondiale, ha avuto diciotto milioni di voti, Hitler tredici e il candidato comunista cinque. Un mese dopo, in aprile, Hindenburg batte gli avversari con diciannove milioni di schede. Sconfitto alle presidenziali Hitler tenta la strada delle politiche. Alla fine di aprile ottiene notevoli successi in Prussia, Baviera, Wùrttemberg e Amburgo. Il 31 luglio, alle elezioni del Reichstag, conquista la maggioranza relativa con 230 seggi contro i 133 dei socialisti, 97 del Centro (antenato dei cristiano-democratici) e 89 dei comunisti. Ma nazisti e socialisti respingono sdegnosamente l'ipotesi di una coalizione e in agosto, nei giorni stessi in cui i visitatori di Danzica si arrampicano fino al suo grazioso chalet sulle Alpi bavaresi, Hitler rifiuta di entrare come vicecancelliere nel governo di Franz von Papen. I monologhi trascritti da Rauschning in un libro che riappare ora in Italia per iniziativa di una nuova casa editrice (Colloqui con Hitler, Milano, Tre Editori) appartengono a una fase in cui il leader del partito nazional-socialista si dibatte fra dubbi e incertezze. Qualcuno gli suggerisce di rompere gli indugi e di conquistare il potere con un'azione di forza, altri gli consigliano di attendere pazientemente che esso gli caschi fra le mani. E' quello che accadrà pochi mesi dopo. Nel gennaio del 1933, dopo le dimissioni de) governo von Schleicher, Hitler diventa cancelliere e fonna, con uno spolverio d'indipendenti e fiancheggiatori, un governo nazional-socialista. Il 5 marzo, in occasione di nuove elezioni, il suo partito conquista 288 seggi e s'installa definitivamente al potere. La scena cambia. Le successive conversazioni di Rauschning con Hitler hanno luogo nel maestoso palazzo della nuova cancelleria. Ma l'atmosfera è la stessa: un salotto, qualche signora di mezza età, il tè e i pasticcini serviti da alcuni biondi giovanotti nella elegante uniforme delle SS, le buone maniere della borghesia tedesca. Il contenuto dei monologhi diventa col passare del tempo sempre più interessante. Con uno sconcertante candore Hitler annuncia ai suoi ascoltatori come s'impadronirà del Brasile, come userà la comunità tedesca per conquistare il potere negli Stati Uniti, come colonizzerà l'Europa orientale, come sostituirà il cristianesimo con una nuova religione, come si servirà della Polonia per sconfiggere la Russia sovietica e della Russia sovietica per dividere la Polonia, come creerà un nuovo ordine mondiale. Cambia anche lo stile. Durante i pasti, ad esempio, Hitler tace o interviene occasionalmente fino al momento in cui si mette improvvisamente a sbraitare con una voce stridula. «In quelle occasioni, osserva Rauschning, (...) veniva colto da una sorta di furore, e (...) gli occorrevano un tono alto di voce e una sempre maggiore velocità eh parola per diventare eloquente». In altre circostanze invece sprofonda nel silenzio e se ne resta in un angolo, assente, «gli occhi tremolanti, senza calore, (...) sbarrali dietro la loro dura lucentezza». Rauschning dette al libro il titolo di Colloqui, ma riconobbe alla fine del suo lavoro che con Hitler non ebbe mai una vera conversazione. «Ascoltava in silenzio o "parlava" lui. Oppure camminava nervosamente su e giù. Non lasciava mai davvero parlare nessun altro, interrompeva continuamente in balia di un flusso inarrestabile di pensieri, incapace di concentrarsi». Poteva saltare fulmineamente da un registro all'altro, dal tono profetico con cui delineava i grandi scenari mondiali alla crudezza con cui dava ordini spietati. Rauschning racconta che un giorno, in sua presenza, Hitler fu messo al corrente dei «maltrattamenti bestiali» che erano stati inflitti a molti prigionieri in un carcere di fortuna organizzato nel cantiere navale eh Stettino. Anziché indignarsi per i maltrattamenti fu preso da un improvviso accesso di collera contro coloro che gli suggerivano un trattamento piti umano. «Si comportava come un ragazzino maleducato. Strillava con un tono di voce molto alto, pestava i piedi, sbatteva i pugni sul tavolo e sulle pareti. Con la bava alla bocca, in un impeto di collera infinita balbettava cose come: "Non voglio! Via tutti! Traditori!" (...) Ma all'improvviso passo tutto. Prese a passeggiare su e giù per la stanza. Si raschiò la gola, si passò alcune volte le mani sui capelli, diede uno sguardo intorno, intimorito, diffidente, ci rivolse un paio di volte uno sguardo indagatore». Finalmente parlò, «con voce rugginosa»: «La crudeltà fa effetto. (...) La gente ha bisogno del terrore salutare. (...) non voglio che i campi di concentramento vengano trasformati in pensionati. Il terrore è il mezzo politico più efficace». Ma poteva anche essere cinico e sarcastico. A tavola, un giorno, quando qualcuno sollevò il problema dei profitti di regime, disse con indifferenza: «Non posso tenere d'occhio la mia gente. Fate quello che volete, ma non fatevi cogliere in flagrante». Cosi era Hitler nei salotti della cancelleria o nella pace domestica del suo vezzoso chalet alpino. Hermann Rauschning divenne leader dei tedeschi di Danzica e fu ammesso più volte nell'intimità del 'ùhrer. Ma col passare del tempo i dubbi del primo incontro cominciarono a rodergli la inente come un tarlo. Che cosa era quell'uomo? Uno psicopatico? Un genio? Un bambino vizialo? Un artista frustrato e insicuro? Il dissidio esplose quando il partilo gli chiese di abrogare la Costituzione di Danzica, allora città libera sotto l'egida della Società delle Nazioni. Rauschning riuscì a supere lo stato d'ipnosi in cui Hiler imprigionava i suoi visitatori, si sottrasse al suo fascino, ruppe con il nazismo e si rifugiò all'estero. Più tardi compose per un editore francese questo straordinario «ritratto di Hitler in un salotto». Il suo libro fu letto con sbigottimento, scetticismo, incredulità. Era il 1939, troppo tardi perche la testimonianza di Rauschning potesse modificare il corso della storia. Di ì a poco Hitler avrebbe messo in opera quasi tutti i progetti che aveva descritto ai suoi ascoltatori nelle conversazioni di Berchtesgaden e di Berlino. Sergio Romano nei giorni stessi di Danzica si arsuo grazioso chaesi, Hitler rifiuta cecancelliere nel von Papen. ascritti da Rauro che riappare niziativa di una a destra III 11 Diverse immagini di Adolf Hitler nel privato. Nei quattro fotogrammi a destra Smodatamente goloso, ora affabile, ora martellante: «La gente ha bisogno del terrore» ili Tè, pasticcini e fosche profezie: «Signori, ve lo garantisco io: conquisterò il mondo»