Duello sul rospo-Re Leone di Gianni Letta

Duello sul rospo-Re Leone Duello sul rospo-Re Leone Berlinguer punge e Letta perde le staffe LA BIOGRAFIA DB. PREMÌESI IROMA ERI non c'era posto più lontano da Torino e dalle sue rabbie di un residence di via di Ripetta, a due passi da piazza del Popolo, dove si allestiva l'ennesima rappresentazione della romanità eterna, quella della politica, del giornalismo di Palazzo e della grande burocrazia di Stato. Veniva presentata la prima biografia su Lamberto Dini, «da rospo a Re Leone: una favola italiana», scritta con stile brillante da Giuseppe Crescimbeni e pubblicata da un editore, Viviani, che l'immancabile Sgarbi ha subito bollato come «vecchio democristianone» fra le risate di una platea e di un palco in larga parte composti da vecchi democristiani. C'era il senatore Fanfani con la moglie, Biagio Agnes e, un po' defilato come sempre, il garante Santaniello. Gli ospiti dello spettacolo (ormai ogni riunione pubblica in Italia sembra ima copia del Costanzo show) erano Gianni Letta, Vittorio Sgarbi, Pier Casini, Gerardo Bianco, il diniano Guglielmo Negri, Luigi Berlinguer nella parte della Sinistra (è arrivato per ultimo con due ore di ritardo) e Fulvio Damiani, futuro portavoce di Dini, in quella del bravo presentatore. Il Rospo-Re presenziava in spirito, sorridendo da un cartellone pubblicitario ai notabili seduti sulle poltrone di velluto e alle dame impellicciate, alcune con 0 collo ornato da foulard color pelle di ghepardo. Un set già visto, comprese le macchine dei potenti parcheggiate in doppia fila davanti all'ingresso e sopportate dagli automobilisti romaiù con una pazienza rassegnata e inversahnente proporzionale a quella dei torinesi del cinema Lux: anche se magari entrambi votano poi allo stesso modo. Il racconto di questo talk-show elettorale senza tv deve rendere conto di un evento clamoroso: Gianni Letta che si arrabbia, gesticola, diventa rosso. Non era mai accaduto a memoria di nessuno dei presenti, che in molti casi ne hanno una lunghissima. A trasformare D prototipo delle colombe berlusconiane in una specie di Storace è stata la nascita del partito di Dini, «mio grande amico», premette lui: come tutti del resto, ma Dini un po' di più perché fu Letta a suggerirne il nome a Berlusconi. Anche se sta attento a non pronunciare mai quella parola, Letta si sente tradito. «Non si può restare insensibili davanti a un governo che si fa partito e prende il nome del suo presidente». Letta alterna i suoi commenti alle citazioni dei discorsi ufficiali di Dini, in un frenetico lavorio di occhiali - metti e togli, metti e togli che gli scompiglia persino la petti¬ natura marmorea. «Sentite cosa diceva Dini a fine ottobre, durante il dibattito sul caso Mancuso: "Né io né il mio governo abbiamo futuri politici da precostituire". Parole che rilette oggi fanno una certa impressione, vero?». Una voce dal fondo: «Ma questo è un comizio!». La faccia di Letta diventa un pomodoro mentre si toghe gli occhiali: «Io non faccio comizi. Senta piuttosto cosa diceva il giurista del pds Bassaninil». E reinforca: «Solo una maggioranza parlamentare ha la prerogativa di un governo elettorale. Guardi, invece!». Luigi Berlinguer definisce questi argomenti «raccapriccianti». A distendere gli animi arriva il clown colto Sgarbi. Confessa di provare «un'attrazione fisica per Dini e per Santaniello», che ridacchia in prima fila come al Bagaglino. Casini descrive un Dini double-face che non voleva l'accordo con i sindacati e adesso ci fa addirittura le liste elettorali insieme», ma esclude che il partito del premier possa far dimagrire il Polo: «Non siamo noi a doverci preoccupare, ma Prodi». E il sottosegretario Negri non fa niente per smentirlo quando descrive Dini come modello di presidente del Consiglio ideale... Massimo Gramellini 1 Platea di vip, da Fanfani ad Agnes a Sgarbi Bordate del Polo sul presidente: ha due facce ma ora è Prodi che deve cominciare a temerlo Gianni Letta

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