«Io come Elettra» di Dacia Maraini

Dibattito sul difficile rapporto con le madri «Io come Elettra» Dibattito sul difficile rapporto con le madri ~yi TORINO I L complesso d'Elettra è I il cuore del dibattito che | ha visto la partecipazio* Ine, ieri pomeriggio al Teatro Erba, di Dacia Maraini. Un omaggio, la sua presenza, a Saviana Scalfì, direttrice artistica del Collettivo Isabella Morra, che ha rimesso in scena, con Alessandra Casella, Casa Matrìz. Madri affittasi. Dopo aver fatto parte del Gruppo Teatro e Azione, fondato da Giorgio Strehler, nel 1971 la Scalfì incontrò la Maraini: insieme con Bruno Cirino, crearono un teatro a Centocelle. Sul palco, in veste di moderatrice, un'altra femminista storica, Adele Cambria, e il direttore dello Stabile torinese, Guido Davico Bonino, unico maschio ma ben armato di argomenti. Nel mito greco «Elettra rappresenta - ha detto la Maraini l'amore odio delle figlie per le madri». Clitennestra, com'è noto, uccide Agamennone, che le ha sottratto con l'inganno la fi- glia Ifigenia per sacrificarla agli dei. Clitennestra rappresenta dunque le ragioni della Madre, mentre Agamennone impersona quelle della politica: «E' un classico conflitto di genere». Ma Elettra sta totalmente dalla parte del padre, fino a convincere Oreste a uccidere la madre. Qual è l'interpretazione femminile del mito? «Che una donna per entrare nel mondo delle idee, per vivere la propria autonomia, deve ribellarsi alla madre, deve scegliere il padre, perché la cultura è paterna, è maschile. Questo è il conflitto che le donne vivono di generazione in generazione». L'antico mito, elaborato nel complesso di Elettra dalla psicoanalista Melanie Klein - come ha ricordato Davico Bonino -, si rispecchia anche nell'esperienza personale di Dacia Maraini, che ha raccontato molto amabilmente come da bambina avesse scelto il padre, l'antropologo ed esploratore Fosco Maraini, contro la madre, principessa Topazia Alliata di Salaparuta. «Trascuravo completamente mia madre, perché si occupava delle cose quotidiane. Le rimproveravo di aver rinunciato alla pittura per dedicarsi alle figlie. Solo molto tardi ho capito che è stata mia madre a tirarci su, a combattere coi debiti e le cambiali che scadevano. Mio padre invece scappava, per i suoi viaggi, le sue esplorazioni, che naturalmente lo rendevano misterioso e affascinante. Ne ero sedotta. Io ero Elettra». [a. p.] Alessandra Casella, in scena a Torino con «Casa Matriz» di Diana Raznovich, nella versione della Maraini

Luoghi citati: Salaparuta, Torino