DIETRO LE BOMBE di Igor Man

Uno slogan per il voto «Pinocchio sarà lei» DIETRO LE BOMBE pinione pubblica, aveva cominciato ad asciugare l'acqua in cui nuotavano i terroristi. Non cedemmo alla tentazione di combattere la galassia terroristica secondo moduli argentini. Fu dura, ma alla fine il terrorismo venne sconfitto. Se, però, quella «guerra generale, senza quartiere», annunciata da Peres, la volontà conclamata di travolgere qualsiasi ostacolo («nulla potrà fermarci») pur di sradicare la mala pianta di Hamas è un messaggio, ancorché indiretto, ad Arafat, il discorso si fa diverso. Certamente il lacerto di Palestina «autonoma» sul quale regna il vecchio Abu Ammar non è un Paese organizzato come Israele o l'Italia; certamente Arafat è in grave difficoltà: da una parte lo stringe l'ultimatum di Peres, dall'altra lo insidia quel nido di vipere ch'è Hamas, tuttavia è anche vero che qualche volta la Storia non ammette compromessi. I Verosimilmente Arafat può scoprire il rifugio di questo o quel giovine «sceicco» dell'Hamas militante senza soverchia difficoltà. Il famoso «ingegnere», fatto fuori (pare) dai servizi israeliani lo sapevano tutti, a Gaza, dove stesse di casa e come e quanto fosse pubblicamente riverito. Arafat può, o potrebbe, dunque, se non sradicare almeno falciare la mala pianta del terrorismo. Ma una simile operazione comporta il pericolo spaventoso d'una guerra fra palestinesi con conseguenze devastanti nel Medio Oriente «moderato». Sia come sia non basterà catturare gli apprendisti stregoni, figli del khomeinismo, che promettono il Paradiso ai kamikaze palestinesi. Bisognerà soprattutto prosciugare l'acqua in cui nuotano. Acqua uguale odio. Un secolo circa di odio reciproco non si annulla dall'oggi al domani. Ce lo dicono e l'assassinio di Rabin e gli attentati all'autobus 18. La pace, che oltretutto comporta un grande, benefico business, potrebbe, alla lunga, prosciugare l'odio reciproco. Ma la pace si costruisce con atti politici. Per esempio cancellando dalla Carta palestinese l'articolo che prescrive la distruzione di Israele; per esempio con lo sgombero da Hebron (anzi: dell'85 per cento di quella città cara a ebrei e musulmani) delle truppe israeliane. Nei tempi previsti, in ogni caso «prima» delle elezioni di maggio. Con buona pace del presidente Weizmann, non c'è nulla da congelare. C'è soltanto da applicare gli accordi. Dopo le elezioni comincerà la trattativa finale che comprende anche Gerusalemme. Le parti si sono date tre anni di tempo. Tutto ciò, chiaramente, se dovesse vincere Peres, cioè la ragione, il partito della pace. Ce la farà Peres a risalire quell'erta montagna ch'è lo scoramento del suo partito, la paura della gente comune? In questo momento sembra un'impresa invero ardua. Non ci arrendiamo, tuttavia, all'idea che la pace abbia perso l'autobus. L'autobus numero 18. Quello su cui viaggiano i poveri, alle cinque del mattino; gli ebrei «saliti» in Israele dalla Russia, dalla Romania eccetera. I ricchi non prendono l'autobus ma non conviene né ai poveri né ai ricchi non arrivare al capolinea: alla pace. «Non procuratevi la rovina con le vostre mani» (Sapienza: I, 12). Igor Man

Luoghi citati: Gaza, Gerusalemme, Israele, Italia, Medio Oriente, Palestina, Romania, Russia