Dole oscura la stella Buchanan

La South Carolina rilancia il senatore moderato come il vero rivale di Clinton La South Carolina rilancia il senatore moderato come il vero rivale di Clinton Dole oscura la stella Buchanan Di nuovo in testa al plotone repubblicano NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Il vecchio leone ha compiuto uno scatto e ha ripreso la testa della corsa. Robert Dole, il settantaduenne capo dei senatori repubblicani, si è aggiudicato le primarie repubblicane di sabato nel South Carolina ed ha fatto propri i suoi 37 delegati alla «convention» di San Diego che designerà l'uomo destinato a vedersela con Bill Clinton. Adesso, nel conteggio dei delegati acquisiti Dole è al primo posto con 77, seguito da Steve Forbes e Pat Buchanan, fermi rispettivamente a 60 e 38. Il ruolo di «front runner», che all'inizio gli era stato sorprendentemente strappato da Buchanan, è dunque tornato nelle mani del senatore, che ora può sperare nella «spinta psicologica» che una tale posizione comporta, nel turno di domani, il «supermartedì» in cui sono destinati a votare 8 Stati (Colorado, Connecticut, Georgia, Maine, Maryland, Nassachusetts, Rhode Island e Vermont) con in palio complessivamente 211 delegati, nonché al voto di giovedì a New York, uno Stato che da solo ha 107 delegati da assegnare. Quando i risultati sono stati resi noti Dole è apparso giubilante. «Siamo noi ad avere il messaggio giusto», gridava ai suoi sostenitori. In effetti per lui il valore psicologico di questa vittoria non sta solo nella possibilità che essa si «riverberi» sul voto di domani. C'è anche il fatto che nel 1988 fu praticamente nel South Carolina che Dole perse la corsa alla «nomination» repubblicana in favore di George Bush. Il futuro Presidente lo aveva già battuto nel New Hampshire e in altri Stati, ma la situazione era ancora abbastanza aperta. «Se vinco in South Carolina - disse Dole - la prossima tappa sarà la Casa Bianca». Al conteggio però risultò che soltanto il 21 per cento dei voti era andato a lui, mentre Bush aveva conquistato il 49 per cento. Dopo pochi giorni Dole annunciò il suo ritiro dalla corsa. Sabato, a otto anni di distanza, gli elettori di quello Stato gli hanno dato proprio la percentuale con cui Bush lo batté, il 49, e lui si è sentito «vendicato». Degli altri concorrenti, quello indicato come lo sconfitto per eccellenza è Pat Buchanan, anche se le sue speranze si poggiavano su due zampe poco conciliabili fra loro. Da una parte, dicevano i commentatori, c'era il suo «messaggio» sui valori della famiglia e sull'opposizione all'aborto, destinato a fare breccia nella «destra religiosa», fortissima in quello Stato come in tutto il Sud; dall'altra c'erano le sue vedute isolazionistiche, destinate a rendere perplessa la gente del South Carolina, visto che gran parte della sua prosperità la deve ai numerosi investimenti stranieri. Quasi come simbolo di ciò, Buchanan l'ultimo suo appello agli elettori lo ha rivolto dai can celli del «Citadel», il collegio nuli tare diventato noto per la sua esclusione alle donne (e relativo processo intentato da un'aspirante); Dole invece è andato davanti ai cancelli della Bmw, che nel South Carolina ha uno stabilimen to. Morale: se mi toccate la tasca, anche i valori assoluti passano in secondo piano. E gli altri due? Steve Forbes il South Carolina lo aveva dato per «perso» in partenza, tanto che praticamente non vi ha fatto campagna elettorale (e qualcuno dice che ad avere giocato in favore di Dole c'è stato anche il fatto che lì sono mancati gli spot televisivi dell'editore miliardario, che in genere se la prendono col vecchio senatore) e Lamar Alexander ha ricevuto una pubblica esortazione da parte di Newt Gingrich ad ab¬ bandonare in favore di Dole. «Non ci penso nemmeno», ha replicato lui. «Da assegnare ci sono ancora il 90 per cento dei delegati, nessuno può ancora dire di essere davvero in fuga e io resto il candidato che ha maggiori possibilità di battere Bill Clinton». Già perché il problema rimane sempre quello. Anche se Dole vince la «nomination» repubblicana, i sondaggi dicono che in un eventuale confronto con lui l'attuale Presidente otterrebbe una vittoria a valanga. Franco Pantarelli Ora si presenta al «supermartedì» in cui voteranno otto Stati insieme come il grande favorito Il paperone Forbes segue con 17 voti di scarto. Distanziato l'alfiere della destra religiosa e dell'isolazionismo Il senatore Bob Dole con la moglie Elisabeth durante un comizio per la nomination repubblicana