Condottieri e disertori nell'esercito degli esuli
Mi Condottieri e disertori nell'esercito degli esuli UNA DIASPORA DIVISA CNEWYORK HE succede se all'Avana scoppia una rivolta o gli insorti chiedono l'aiuto dei loro «fratelli» in Florida? Come fermare la flottiglia di imbarcazioni che immediatamente partirebbe da quelle coste e dalle decine di isolette che le circondano? E soprattutto, come evitare che tutti pensino a un'azione organizzata dal governo americano, come fu quella della Baia dei Porci del 1961? Questo, secondo molti commentatori, è l'«incubo» in cui vive Washington in questi giorni, e questa sarebbe la ragione per cui Bill Clinton ha deciso di appoggiare, rovesciando completamente la propria posizione, la legge sponsorizzata dal senatore Jesse Helms il cui scopo è in pratica di ottenere con la forza ciò che in 35 anni gli Stati Uniti non hanno mai ottenuto per consenso, e cioè la «partecipazione» di tutti i Paesi del mondo all'embargo economico contro Cuba. Ha dei «risvolti negativi», quella logge, come l'inevitabile lite con tutti gli «amici» di Washington o la rinuncia del Presidente alla propria «libertà di azione» in questa porzione della sua politica estera; ma so la legge di Helms davvero può costituire la «spallata finale» al regime cubano, dicono sempre i commentatori, Clinton potrebbe avere pensalo che il gioco vale la candela. Non solo perché finalmente ci si libera della «insopportabile» presenza di Castro, ma anche - soprattutto perché si evita il bagno di sangue, cioè 1'«incubo» di cui si diceva. Ma quanto è proballile il bagno di sangue? Ieri il «Miami Herald» ha pubblicato i risultati di un sondaggio condotto fra il mezzo milione di cubani che vivono in Florida e due terzi di loro dicono di sperare che un giorno o l'altro gli Stati Uniti decidano di attaccare militarmente l'isola per «rimuovere» Fidel Castro. Ma è possibile che sia un po' esagerato, quel sondaggio, perché è stato compiuto sull'emozione dell'abbattimento dei due Cessna di sabato scorso. E poi una cosa è rispondere alla domanda di un intervistatore dicendo di «sperare» in un attacco armato e un'altra cosa è «lavorare» per osso. La realtà della «coniuntà cubana» di Miami col passare degli anni è andata facendosi sempre più complessa. Alla prima emigrazione seguita alla rivoluzione del 1959 (un'emigrazione fatta di ricchi espropriati e di personaggi coinvolti nel regime sanguinario di Fulgoncio Batista, quelli che a Cuba venivano chiamati «gusanos», vermi), sono seguite; altre «ondato» in cui gli ex prigionieri politici si confondevano con gli ex detenuti «comuni» e in cui quelli che scappavano in cerca di libertà si confondevano con quelli che saltavano sulle zattere per le stesse ragioni per cui i messicani attraversano il confine con la California o l'Ari¬ zona: il tentativo di passare dal sottosviluppo all'opulenza. Oggi, a fianco del mezzo milione di cubani in Florida che sognano il «ritorno», c'è un altro mezzo milione di loro compatrioti che si sono sparsi nell'immenso territorio degli Usa e hanno quasi «dimonticato» l'isola. E poi ci sono quelli che negli Stati Uniti ci sono nati o cresciuti, che parlano l'inglese meglio dello spagnolo e por i quali Cuba e qualcosa di remoto. Certo, se interpellate costoro (non tutti) vi dicono che Castro è un assassino, ma immaginarli «arruolabili» in una spedizione non è agevole. Com'era inevitabile, questo svi¬ luppo «sociologico» ha trovato il suo corrispettivo politico, l'or un Jorge Mas (lanosa che gestisce circondato da «squadrato:» la sua «Cuban-Anierican National Foundation», c'è un Eloy Gutierrez Menavo che con il suo «Cambio ("ubano» corca una liberalizzazioni; del regime e tratta con il governo dell'Avana; per un Jose Basulto, veterano della Baia dei Porci e leader dei «Fratelli di soccorso», il gruppo cui appartenevano i due Cessna abbattuti, c'è una Uva de Aragon Clavijo che con la sua Union Liberal Cubana chiedi; semplicemente la l'ine dell'embargo economico (appoggiata in questo dal mondo del «business» americano). In anni recenti, e nata perfino una «Brigada Antonio Maceo», il cui leader Andres Gonu'z non nasconde la sua aperta simpatia per Fidel. Non si può dire che sia numerosissima e in questi giorni i suoi membri sono stati rapidamente zittiti nei vari «dibattiti» in cui cercavano di sostenere le ragioni del Mig cubano. «Ma fino a qualche tempo fa sarebbero stati massacrati di botte», dice Emilio Milian, che gestisce un ■•talk show» in una radio di Miami e che si mostra fiero di «ospitare tutte le opinioni». Franco Pantarelli Mi Sf| E' la seconda volta che il maltempo assiste il Lider Maximo: a settembre un'armada di barche con la liglia del dittatore, Alina fu bloccata da un tifone durante un'analoga missione
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