Gonzàlez sogna l'ultimo miracolo

Secondo tutti i sondaggi oggi, dopo 14 anni, finirà l'era socialista. Il premier spera ancora Secondo tutti i sondaggi oggi, dopo 14 anni, finirà l'era socialista. Il premier spera ancora Gonzalez sogna l'ultimo miracolo Ma anche le stelle dicono: in Spagna vincerà la destra MADRID DAL NOSTRO INVIATO Oggi in Spagna si vota, si elegge un nuovo Parlamento e un nuovo poterò politico; ma per la prima volta non ci sono fantasmi che vadano a infilarsi tra le cabine elettorali. Che sono gli stessi fantasmi che Unamuno incontrava dentro le pagine della storia spagnola, nella cultura della intolleranza, l'esercizio naturale della violenza, la rottura obbligata della collettività sociale. Non e però una questione di storia, la Riforma che qui non e mai passata, un liberalismo sempre minoritario; o anche l'Inquisizione che ha segnato per sempre nell'immaginario di un popolo il dovere dell'odio. Qui gli odi che dividono possono essere ancora un pezzo di vita quotidiana, sono una ferita che brucia tuttora sulla pelle della gente. Dal voto di oggi è molto probabile che la destra, di José Maria Aznar, venga riportata al potere quando a stento sono passati vent'anni dalla morte del dittatore Francisco franco; e su quella tomba questa destra (questo centro-destra) ha comunque trovato le propri radici politiche e sociali. Eppure Marcolino Camacho, che si porta addosso i 14 anni passati in carcere per essere stato un sindacalista comunista, oggi va a votare senza paure. Come ognuno degli altri 32 milioni di spagnoli. Non era mai accaduto, prima. Questo, è un valore che dà caratura slorica al voto di oggi; chiude il processo della democratizzazione postfranchista ma va anche oltre, rifonda un'identità nazionale. L'altro valore; e dato dalla chiusura di un regno, che il voto probabilmente imporra. Non il regno monarchico di Juan Carlos I, sovrano amato e rispettato di questa Spagna in perenne transizione; ma il regno politico di Felipe Gonzalez e del socialismo spagnolo, un regno nato 13 anni fa nel nome austero di Fabio Iglesias e che oggi si chiude sotto l'accusa tormentata di un potere tracotante, corrotto. Tredici anni fa, nell'ottobre dell'82, Gonzalez ebbe la maggioranza assoluta delle Cortes, e portava al governo di una Spagna ancora sociologicamente franchista il programma della sinistra riformista. Fu, quello, un patrimonio altissimo, che veniva affidato al giovane leader socialista in cambio della promessa di aprire il Paese all'età moderna. La modernizzazione ora è stata compiuta, oggi la Spagna e orgogliosamente alla pari tra i Paesi dell'Unione Europea. Però lo sviluppo della società, l'espansione della sua economia, l'articolazione democratica delle istituzioni, hanno visto il progressivo radicamento di un costume politico che sembrava godere dell'impunità. Corruzione pubblica, traffico d'influenze, appetiti finanziari voraci, hanno fatto nascere una classe privilegiata - la «gente guapa» li hanno chia- mati qui, o anche «los biutiful», per dire dei soldi facili che avevano e della bella vita che ostentavano - un gruppo marchiato dalla esclusiva appartenenza socialista. E socialista era il governo, socialisti erano i presidenti delle Regioni e i snidaci, socialisti i governatori civili, socialisti i direttori dei ministeri, i dirigenti delle imprese pubbliche, il direttore della Tv, i funzionari statali, socialisti gli impiegati, socialisti gli uscieri. Paco Umbra 1 ne invento anche una bella definizione; disse che era nato il Socialfelipismo. Se comunque la Spagna di Gonzalez avesse risolto tutti i problemi sociali che accompagnavano l'esplosione della nuova vitalità postfranchista - la movida, il cinema di Almodóvar, la moda di Dominguez, i consumi diffusi - allora l'insopportabile tracotanza della gente guapa, e questa ragnatela di potere, sarebbero magari passate lisce. Ma la trasformazione dell'impianto economico nazionale ha lasciato una quota di miseria che tocca ancora il venti per cento delle famiglie; e la disoccupazione è la più alla d'Europa, il 23 per cento della popolazione attiva, quasi il 56 per cento tra i più giovani. Pero intanto, il ministro socialista dell'Economia, Miguel Boyer, non solo si faceva costruire una villa con 14 bagni, ma poi la esponeva anche orgogliosamente dalle pagim; dei rotocalchi con foto patinate. Era la cultura del «peiotazo», copia in carta carboni; del rampantismo craxiano. Ora anche qui ci sono i giudici che fingano nella carte sporche della politica, e Tangentopoli e già cominciata. E in un'inchiesta che domandava il giudizio della gente su varie professioni, quella del politico ò stata condannata con il disprezzo più alto, di 89 intervistati su cento. Nasce comunque da quel pelotazo, il risentimento di molti verso il potere socialista, e la decisione oggi di scegliere, comunque, una lista che non sia ciucila del psoe. Molti già si adeguano al nuovo potere in arrivo, e ci sono le prime adesioni pubbliche, convinte della inevitabilità della sconfitta di Felipe: Boyer, per esempio, l'ex-ministro padrone di quella che gli spagnoli hanno chiamato la Villa Piscione, e ora il curatore del programma economico di Aznar; e dietro di lui ci sono orde di impiegati pubblici e di dirigenti di ministeri che già si sono messe al vento. Da quando poi il banchiere più potente, l'onnipotente Botili, ha detto di schierarsi a favore del Pallido Popolai ni e capilo che oi inai ì giochi erano talli; perfino le stelle dicevano ieri, sei (indi) i maghi citati da qualche giornale senza notizie, che Aznar ha già vinto. Eppure, Gonzalez dice ancora di non crederci. «Vedrete, domenica avrete una sorpresa», e andato raccontando in questi ultimi giorni di comizi. Se si dovesse dire che aveva anche la faccia convinta, di quello che raccontava, si mentirebbe spudoratamente; in realtà la speranza di Felipe sta tutta nell'ultima incertezza del voto (potenziale) di sinistra, cioè nel residuo di paura che qualcuno potrebbe avere che - astenendosi, o votando la coalizione dei comunisti, Izqueirda Unida - si finisca davvero per consegnare la vittoria ad Aznar. Cioè alla destra. Sono problemi, e inquietudini, non molto dissimili poi da quelli che tormentano l'elettore italiano in questi giorni: la possibile vittoria (Iella destra, la corruzione politica, i pericoli della secessione (qui ci sono, per di più, i terroristi baschi dell'Età), una soluzione al dramma della disoccupazione. Ma le similitudini non ingannino troppo, al di la della omogeneità delle crisi nelle società postindustriali. Oggi si vota in Spagna anche per mettere l'ultima pietra sulla tomba di Franco e sulle graticole di Torquemada. E questa, senores, è una stona tutta spagnola. Mimmo Candito |~~ |— |— 1 982-1 996 LE DUE SPAGNE ANNO1982 ANNO 1996 PRODOTTO INTERNO LORDO 30.000 MILIARDI t^M§) 41.000 MILIARDI Dl PESETAS i§jj||| Dl PESETAS | REDDITO PRO CAPITE 1.200.000 ^T^jm 1.650.000 PESETAS i'lSl] PESETAS 14,4% 20,2% INFLAZIONE DISOCCUPAZIONE 3,9% 22,7% DEBITO PUBBLICO 5,8 MILIARDI W^~&M 50 MILIARDI Dl PESETAS * -J Dl PESETAS DONNE CHE LAVORANO 3.100.000 §1 Of 4.100.000 STUDENTI UNIVERSITARI 692.152 11.200.000 5.600.000 1.439.482 14.500.000 ó PENSIONATI «Mi appello a voi elettori spagnoli, sovverti le i pronostici che danno la destra vincente». «Ciò di citi non abbiamo proprio bisogno e mi governo della destra. Sarebbe un salto indietro nel passato, che ci parlerebbe a un Spagna pili intollerante e divisa». ••Solo il partito socialista può garantire al Paese un futuro di progresso e tolleranza». «Vedrete stasera avremo una sorpresa» «Noi non guardiamo al passato, statilo (ini per costruire il futuro, ia democrazia vuole cambiamenti e alternanza-. «Combatteremo la corruzione prodotta dal sistema di potere socialista, risaneremo il bilancio dello Stato e creeremo nuovi impieghi: la Spagna ha bisogno di lavorare di più» «Mi impegno a distruggere il terrorismo basco che i socialisti hanno lasciato crescere».