L'introduzione dei patti in deroga ha reso diffìcile registrare gli aumenti dei canoni

L'introduzione dei patti in deroga ha réso diffìcile registrare gli aumenti dei canoni L'introduzione dei patti in deroga ha réso diffìcile registrare gli aumenti dei canoni rapa, sia ben chiaro, una volta spostato quel paletto, come prevede Maastricht) per scendere al rapporto del 60% tra debito pubblico e Pil, in base ai risultati già ottenuti nel 1995 e a quelli previsti nei prossimi anni. A questo calcolo si riallacciano, apparentemente, il titolo e il sotto-titolo «incriminati» che possono indurre i lettori (e lei per primo) a pensare che l'Unione monetaria europea debba «aspettarci», quasi non si rendesse conto che siamo già entrati. Ovviamente, questa nostra è una speranza, non una certezza. Sequestro di titoli anti-dispersione Graduei una risposta alla seguente domanda: Enrico ha consegnato a Sergio titoli al portatore per un certo importo in lire; Sergio, in possesso dei titoli, sottoscrive, coobbligandosi, un contratto emesso da un ente a favore di Enrico. Domanda: alla scadenza i titoli al portatore possono essere bloccati da Enrico o da un suo legale presso la banca che li ha emessi e quindi non essere pagati a Sergio o a persona diversa? D.R. - Romano d'Ezzelino (VI) A prescindere dal rispetto dovuto alle norme contro il riciclaggio di «denaro sporco» (valide per ogni somma che superi i 20 milioni), Enrico (o un terzo avente causa) può chiedere, in sede civile o penale, il blocco dei titoli in questione, per «evitare la dispersione di beni mobili». Le perdite in Borsa e i conti assurdi Dalla televisione hó appreso che il 14 febbraio, giorno di San Valentino, le perdite in Borsa sono «costate» ad ogni italiano 25 mila lire. Si faceva capire che era una perdita teorica, perché i più colpiti erano stati i «grandi azionisti» (e ci credo), ma a ogni modo, vorrei sapere com'è venuta fuori questa perdita «collettiva». Altro che la «famigerata Notte di San Valentino», quando avvenne il massacro tra bande di gangsters, nella Chicago degli Anni Venti! Abbonato - Ferrara Per le perdite (e i guadagni) in Borsa si usa lo stesso sistema, a mio giudizio assurdo, che si usa per il debito pubblico: si divide il totale per il numero degli italiani viventi e si attribuisce a ognuno una fetta di debito (o di credito). Per la Borsa si prende la sua capitalizzazione (cioè, tutte le azioni di tutti i titoli quotati moltiplicate per la quotazione di quel giorno), si calcola la percentuale di perdita (o di guadagno) che in quella seduta ha registrato l'indice azionario, e si divide la cifra per il numero degl'italiani. In questo caso la capitalizzazione di Borsa era di 355 mila miliardi di lire circa; l'indice ha perso il 3,62%, pari a 13 mila miliardi che, divisi per 57 milioni d'italiani, significherebbero 23 mila lire (arrotondate a 25). E' un calcolo doppiamente assurdo: perché solo una minoranza d'italiani sono «azionisti»; perché non tutte le azioni di tutti i titoli quotati sono passate di mano quel giorno, ma solo una parte, 1000 miliardi. Quindi: solo per quelli che hanno venduto c'è stata una perdita.

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