IL DELITTO PAGA

IL DELITTO PAGA IL DELITTO PAGA Donald Westlake, l'amorale: dal nero a «Two Much» Tra gialli e commedie 60 titoli, una miniera per Hollywood Prossimamente I SOGNI ROSA DELLA SAI «ANI PER SIGNORE IN GARRIERA EI chiamerà «I sogni», debutterà a maggio con i primi tre titoli che fanno capire subito dove si va a parare: Tradimenti dell'americana Nora Roberts, una fuoriclasse del «genere», Tessuti d'amore dell'inglese Rosalind Laker e Stella d'Oriente dell'italiana Alba Dal Lago (nome troppo bello per essere vero, un eteronimo del cuore?): è la collana rosa con la quale la Salani (impero Longanesi-Spagnol, mica per mente) riprende uno dei filoni più gloriosi, ebbene sì, della sua tradizione che ha l'imprinting di Carolina Invernizio e della Delly. Pensati assai prima del successo della Tamaro, come assicura il direttore editoriale Maria Grazia Mazzitelli, per lettrici tra i 20 e i 40 anni, donne che lavorano, ceto medio, acculturamento anche universitario, nessun confronto possibile con gli Harmony e neppure con Liala, «storione» da 400 pagine come minimo tra New York, Parigi, il Sud America, Milano a prezzo di copertina sotto le 20 mila, «I sogni» rappresentano un segnale di svolta non trascurabile nel nostro mondo editoriale. Non perché il «genere» sia stato ignorato sinora, basti citare la Sperling, una sorta di apripista per il libro «romantico», vedi I ponti di Madison County ecc. La svolta è nel progetto, nella sua sistematicità e nella esplicita dichiarazione d'intenti: una letteratura dichiaratamente, bassa (anche se flutto anùria ' rigorosa selezione tra mi specie dell'area anglosassone ma non solo), l'immortale feuilleton o se vogliamo dei Via col vento in sedicesimo con vernice educatamente postmoderna. «Una forte spinta a decidere - spiega l'editor - ci è venuta proprio dal pubblico, dalla sempre maggiore quantità di storie d'amore che ci arrivano sul tavolo in dattiloscritto. L'abbiamo interpretata come un bisogno, un vuoto da colmare». «I sogni» non resteranno a lungo un fenomeno isolato, molte e nobili editrici, vedi la Garzanti, stanno pensando a un ritorno a collane popolari, così come nuove sigle, vedi la Polillo, hanno scelto deliberatamente una produzione di mero intrattenimento e consumo. Nulla di rivoluzionario, non si tratterà che di un allineamento ai trend editoriali dei Paesi di più forte lettura, America, Inghilterra, Germania. Dove gli «imprenditori» non hanno mai avuto vergogna di pubblicare libri che si vendono a lettori i quali a loro volta non si vergognano di comperarli, leggerli e divertirsi. Operazione possibile anche solo 4-5 anni fa in Italia? «Sicuramente no» secondo la Mazzitelli. Saremmo arrossiti. Vuol dire che siamo cresciuti. L'inverno di Toni Negri Castelvecchi in difficoltà economiche? Castelvecchi che tarda a pagare le royalties? «Tardo come tutti i piccoli editori, prima pago chi li fabbrica i libri, ma gli autori non hanno mai perso né perderanno nulla». Problemi seri nessuno, assicura, aumentata la disponibilità da parte delle banche, le rese ridotte al minimo, tra l'8 e il 10% «grazie alla mia rete di distributori regionali, una dozzina, più facili da seguire e del caso da controllare che non un moloch tipo Messaggerie». Prossimo tandem commerciale con la Costa & Nolan, intanto una serie di uscite che faranno parlare, dal Panegirique di Debord a L'inverno è finito, scritti di Toni Negri sul dopo '89 e «la trasformazione negata» mentre la narrativa giovanile, vocazione primaria dell'editore romano, sarà guidata d'ora in poi da Nanni Balestrini: primo frutto dell'alleanza l'esordio del milanese Aldo Nove con Woobinda e altre storie senza lieto fine. Un talentacelo? Incipit del primo racconto: «Ho ammazzato i miei genitori perché usavano un bagnoschiuma assurdo, Pure & Vegetai...»: «ritratto di un'umanità cresciuta nell'eccesso di merci e di informazione, di una generazione che ha smesso di chiedersi da che parte sta il luturo, capace di odio senza rabbia». Mirella Appiotti DNEW YORK ONALD Westlake, l'autore di quel Two Much (Marco Tropea Editore, pp. 224, L. 25.000) che ora è arrivato sugli schermi coi volti di Melarne Griffith e di Antonio Banderas, è un amorale. Non che conduca una vita di vizio, anche se tre mogli, una squadra di calcio di figli vari («sette, otto: non ricordo mai il numero esatto, qualcuno mio, qualcuno della compagna del momento»), una casa al Village sprofondata tra i peccati di New York, potrebbero far sorgere qualche ragionevole dubbio. No: è amorale perché sono amorali i suoi personaggi. Sia che emergano dai vortici neri delle sue storie più truculente, sia che sorridano divertiti dalla leggerezza delle sue commedie giallo-passionali come quest'ultima. Two Much infatti non è altro che l'incontro di un uomo non mediocre, simpaticamente truffaldino e affascinante, con due gemelle un po' vampiresche ed eroticamente insaziabili. Per soddisfarle entrambe e per legarsele per la vita, il nostro supermacho inventa - sdoppiandosi - un gemello anche per sé: oltre al sesso, c'è infatti in palio un'eredità con indicibili zeri. E in «due» avrà più possibilità di sposarne almeno una e mettere finalmente le mani sul malloppo. Naturale che, per goderselo, dovrà compiere alcuni piccoli - fraterni - omicidi per confutare il detto che il delitto non paga. ìldlJS ,lVWIDffi fai JEROME Charyn è un newyorchese di origine ebreo polacca nato nel 1938, alcuni campioni della cui «fiction» erano già stati tradotti in italiano, per quanto io di suo conosca soltanto il recente Movieland Hollywood: miti e leggende del cinema americano (Ponte alle Grazie), curioso misto di autobiografia di «cinéphile», di informazioni e perfino di pettegolezzi su divi, e di esperienze vissute nel mondo della celluloide. Qui sono anche curiose inesattezze, come la dichiarazione che Miriam di San Servolo era la sorella della moglie del Duce: quanto segue spiegherà perché proprio questa mi sia tornata alla memoria. Una curiosa ossessione dell'autore per Mussolini e per la coreografia del fascismo occupa infatti gran parte del libro ora proposto dal Saggiatore, nella traduzione di Anna Maria Rusconi, Il naso di Pinocchio (pp. 326, L. 24.000): uscito in origine nel 1983, sembra arduo definirlo romanzo nel senso dell'inglese «novel», narrazione coerentemente organizzata in chiave di plausibilità, imitazione della vita vissuta; mentre gli può calzare meglio il senso che in inglese si esprime con «romance», di narrazione fantasiosa, persino strampalata, con intervento del soprannaturale. Qui le avventure cerebrali del protagonista accompagnano quelle, peraltro ben poco convenzionali anch'esse, della sua esistenza «vera», e anzi per ampi tratti si sovrappongono a quelle e diventano il vero centro della storia. Per entrare in particolari: un bambino che ha lo stesso nome dell'autore viene allevato poveramente nel Bronx di prima della guerra da una madre presto abbandonata dal marito, straccivendolo ambulante. Contemporaneamente al figlio, questa madre tira su un proprio fratellino molto giovane, che diventerà col tempo un ricchissimo trafficante internazionale, specializzato in attività poco pulite. Adulto, il protagonista fa l'insegnante di letteratura in un liceo, ma poi abbandona quel mestiere per seguire il suo sogno di fare lo scrittore, andando in un primo momento ad abitare in un rifugio per senzatetto. In precedenza un'allieva molto carina e un po' innamorata di lui lo aveva piantato per impalmare il suo zio il Ma per lei queste sono inezie: un morto che spiani la strada non ha mai fermato i suoi eroi. «Intanto i miei non sono eroi ma professionisti. E un buon professionista fa bene il suo lavoro. C'è qualche ostacolo da rimuovere? Siamo qui per questo. Un tubo, un motore, una vita: un dilettante chiamerebbe un idraulico, un meccanico o un killer. Ma è lui l'amorale, perché non trova in se stesso la forza di fare le cose e/le affida ad altri». Un po' bieco... «Forse, ma è la realtà. Mi spieghi che differenza c'è tra il presidente di una multinazionale che fa quattrini vendendo armi e un professionista del crimine che lascia sul terreno un paio di morti». Ma uno come lei per chi vota? «Ieri e domani per Clinton. Ma non le nego che, ad un certo punto, anche il partito democratico, in cui ho lavorato, mi è andato stretto e ho scelto la strada dell'indipendenza»... Dell'anarchia, vuol dire... «Assolutamente no. Io sono per legge ed ordine. Ma fatta da professionisti, non da giudici, poliziotti e politicanti corrotti. Pensavo che starmene da solo - indipendente cioè dai due partiti americani - potesse servire. E invece, no: i partiti servono se non vuoi essere una voce nel deser¬ to. Perciò sono tornato tra i democratici anche se non voto più alle primarie». Certo che Clinton, in quanto a scandali... «Fesserie. Saranno scandali per voi. Gli americani se ne fottono di queste beghe da pollaio. E poi guardi i repubblicani: si stanno suicidando. Il New Hampshire parla chiaro. Bili rivincerà in carrozza. Per forza: è un professionista». Ma lei, che tipo è? «Non faccia lo sbaglio di considerarmi uno cupo, maniaco, vittima di ossessioni varie. Io sono un allegrone, ho dentro una gran voglia di ridere, di divertirmi anche a 62 anni. Solo che per me la vita è un gioco da giocare bene. Con fantasia e originalità. Tutti i giorni». Da professionista... «D'accordo: adesso è lei che sta giocando con me. Ma mi sta bene: da professionista. Sa perché ho scelto di usare vari pseudonimi? Perché non volevo fare sempre la stessa cosa. Un professionista non si adagia, spazia. E così, dal '70, oltre che a tre filoni di storie per l'editoria, mi sono messo a lavorare anche per il cinema e per la televisione». Per cui sarà ricchissimo. «No, ricchissimo è Steven Spielberg. Io - come dire - sto comodo... Una bella casa in brownstone - in mattoni - nel centro del Village, che non è esattamente l'ultimo posto di New York, una bella moglie - Abigail - che scrive bestseller di giardinaggio del tipo "perché i fiori sono così belli sul catagolo e così merdosi nella realtà", quattro figli suoi e tre miei...». Abigail, la terza moglie... «Già, dopo Nedra e Sandra: grandi donne... Ma con Abi è meglio. E' la mia consigliori. Nell'ultimo libro, ad esempio, mi dice: "manca qualcosa". E io aggiungo un capitolo. Capisce? C'è sempre bisogno di uno di cui fidarsi». E di chi altri si fida? «Non di un agente: ce l'ho, ma preferisco trattare io, è troppo divertente. Beh, mi fido di un'italiana: Laura Grimaldi, la mia traduttrice, una vera professionista, come tutte le grandi scrittrici: una che ha dubbi e che ti chiama. Le pare poco in un mondo di false certezze?». Ma chi sono i suoi modelli? «Potrei dirle Chandler. Ma mentirei. A me piace scrivere per me, con la testa piena solo delle cose mie». Senza morale e senza maestri... Piero Soria I IL SUO GEMELLO E' RICHARD STARK Two Much è solo l'ultimo titolo di Westlake pubblicato in Italia ma, in effetti, il romanzo è uscito in America una dozzina d'anni fa e il film di Trueba con Banderas e la Griffith non è altro che un remake di una vecchia (e brutta) pellicola francese del 1985 firmata da Yves Robert e interpretata da Claude Richards. Westlake ha scritto una sessantina di gialli ed una ventina di racconti. Esordisce nel 1960 con I mercenari. Ma la vera fortuna gli arride due anni dopo con Anonima carogne, quando, con lo pseudonimo di Richard Stark, inventa il suo personaggio più famoso: Parker, un professionista della rapina duro e «nero», vagamente amorale e vincente anche nella sconfitta. Subito Hollywood se ne appropria («Senza un attimo di tregua» con Lee Marvin e Angie Dickinson) e sarà il primo di 14 film tratti dai suoi libri. Tra gli altri: «La pietra che scotta» con Robert Redford e «Organizzazione crimine» con Robert Duvall. Come Stark firma anche il filone di Grofield e come Westlake quello di Dortmunder. Tra i titoli più celebri: Tiro al piccione; Adios Sherazade; Ditélo con i fiori; Il signor omicidi; Nessuno è perfetto; Castello in aria. Dal nero alla commedia, ha usato anche un terzo nome (Tucker Coe) per là serie del poliziotto Mitch Tobin. IO HA NASO PER LE DONNE Charyn ne fa un boccaccesco socialista nell'Italia del Duce ricco. A un certo punto questo zio ricco si rifa vivo col protagonista, al cui benessere vuole provvedere, e in un primo momento lo incarica di istruire il figlio dislessico che ha avuto con l'ex studentessa; in un secondo tempo, lo invia a Parigi, affidandolo a malavitosi di lì, con strane missioni, fra cui quella di farsi vivo con la sua ex studentessa, che lì è finita. In precedenza però - ecco il punto - il protagonista per interessare il ragazzino dislessico si era messo a inventare per lui una propria versione in prima persona delle avventure di Pinocchio, ambientate nell'Italia delle camicie nere e non senza risvolti boccacceschi (il celebre burattino non ha sesso, ma soddisfa un numero incalcolabile di donne penetrandole col proverbiale naso). Questi racconti con Pinocchio che dopo la morte di Geppetto diventa socialista e sovversivo, quindi è portato a Roma dove frequenta