«Il serial killer di Merano ha beffato due agenti»

Lo hanno visto scomparire nel buio dopo l'ultimo omicidio «Il serial killer di Merano ha beffato due agenti» Lo hanno visto scomparire nel buio dopo l'ultimo omicidio MERANO DAL NOSTRO INVIATO Chissà dov'è passato, da dove è venuto. Cinque candele e un vaso di primule, l'hanno ucciso qui. Paolo Vecchiolini. Uno innamorato. Non è una annotazione banale. Cuno Tarfusser, magistrato, disse così: «Se è un folle, noi pensiamo che uccida per un odio strano. Uccide quando vede della gente felice, perché in quel momento gli scatta qualcosa dentro, una molla, un impulso». Ha fatto così con Hans e Clorinda. Ha fatto così anche l'altro ieri, con Paolo, che ha sentito un fruscio alle spalle e s'è voltato di scatto e avrebbe voluto fare la stessa cosa anche con Ivonne Sanzio, la sua fidanzata. Spara alla testa, un colpo solo. Non distrugge le sue vittime. «Pam! Ho sentito un petardo», racconta Cinzia, che abita su al primo piano nella casa d'angolo di Piazza Duomo. «Ho pensato: è quel maledetto del vicino, un bambino pestifero. Adesso vado di là e gliene dico quattro». Suo fratello, Giuseppe, invece si è affacciato: «Sta a vedere che ne hanno ammazzato un altro». C'era un uomo steso per terra, e c'erano delle urla che venivano dai portici: «Sembravano quelle di una bambina». Era Ivonne, la fidanzata di Paolo, nascosta dietro un pilastro, salva per miracolo e paralizzata dal terrore. Lui, l'assassino degli innamorati, non c'era più. Chissà da dove è venuto, chissà dov'è andato. Una signora ha sentito uno scalpiccio nel silenzio assurdo di Merano, come dei passi che segnano il ritmo della paura, come la scansione di un racconto senza senso, e allora s'è affacciata alla finestra e l'ha visto che s'infilava nel vicolo Klaus e spariva nel buio. «Per me, andava verso la passeggiata d'inverno», dice. Una curva nelle viuzze strette fra le case, una piazza e ima discesa nel buio lungo il Passirio che scivola lento. Chissà. Sopra, da questa parte, dopo il vicolo Klaus, c'è la Tappeinerweg, un'altra camminata che sale in alto, a guardare la piazza dove è morto Paolo e dove sono arrivate le macelline dei carabinieri e della polizia e dove sono arrivate le luci e le telecamere, e Merano è scesa per strada come se ogni nuova morte la liberasse per quella volta sola dal suo incubo, prima di ripiombarvela di nuovo. C'è sempre un posto così, dove colpisce l'assassino di Merano, un cocuzzolo, una salita, un angolo per vedere quello che succede dopo. Può essere andato qua sopra, può essere tornato dove aveva colpito la prima volta, un giovedì che scendeva la sera, tre settimane fa. Prima di scomparire è riuscito a beffare due agenti in borghese che sono arrivati sulla scena del delitto e hanno potuto vedere solo la sua ombra. Nella notte, hanno lanciato i cani su per la camminata, 80 scalini, un sentiero stretto fra i balconi di legno e i gerani, e ancora altri 80 scalini. Cani e centinaia di carabinieri e agenti di polizia, e poi elicotteri in cielo. Forse hanno trovato uno zaino, scuro, come quello che aveva lui nel racconto di Ivonne Sanzio e dei due militari che andavano dietro ai fidanzati, una ventina di metri sotto: «A un certo punto c'è sembrato di vedere questo che armeggiava in una sacca, in uno zaino magari, e che tirava fuori qualcosa». Ha colpito qui, all'ingresso della piazza, come le altre volte, allungando il braccio e mollando uno schiocco sulla testa della sua vittima. Così. Può anche darsi che tutto questo abbia un senso, questa sequenza da film dell'orrore, questo dolore improvviso come un fulmine, quest'ombra che appare alle spalle senza un rumore. «No, non avevamo sentito niente», ha raccontato Ivonne, «nemmeno dei passi. Solo un fruscio, alla schiena, un attimo prima che sparasse». Qui, dove adesso ci sono le candeline rosse, accanto al marciapiede. Di fronte, ci sono soltanto studi di psichiatri, psicanalisti, neurologi. Piazza Duomo ha cinque lampioni appesi agli angoli e una luce in mezzo, e un faro che rischiara la fontana. Il Duomo ha mura spesse, e un vecchio cimitero smantellato, alle spalle. Hanno lasciato solo le lapidi, affisse, proprio sotto la passeggiata numero sei, quella che va su per gli ottanta scalini. Non è solo il mistero dell'assassino che non riusciamo a capire. Quello che nasconde, e quello che dice, che lascia. Sembra venire da qui dentro, da questa città, come se fosse nato fra le sue viuzze medioevali, e come un cancro che minaccia il suo corpo, la sua vita. Non è un caso, quello che ripete il sindaco di Merano: «Non uscite di casa dopo il tramonto, siate prudenti, fate molta attenzione». Non è un caso quello che è avvenuto dopo l'8 febbraio, quando Hans e Clorinda caddero sotto i colpi della piccola pistola calibro 22. Allora, fu la città a spaventarsi subito, quando gli mquirenti andavano dietro alle piste tedesche o alle piste della logica. Come se già sapesse che questa era una follia esplosa nelle sue viscere. Adesso, è ancora peggio. Ci sono albergatori che chiedono il coprifuoco. Ci sono bambini come Patrick, 13 anni, appoggiato sulla sua mountain bike: «La mamma si è raccomandata. Bisogna essere a casa, quando viene buio. Guai, se no. Io tornavo sempre dopo le otto, come tutti. Beh, d'ora in poi non più tardi delle sette». I bambini non hanno paura. Solo loro. Adesso, al serial killer, al folle che uccide per odio dell'amore, ci credono tutti. Ci ha sempre creduto pure Luca Nobile, l'imbianchino, il testimone che è finito dentro questa inchiesta con il sospetto di essere lui l'assassino che sparava alla testa della gente. Resta ancora dentro però, anche se l'accusa è cambiata. Ha depistato le indagini, dicono. Può darsi. Ma è tutto così strano in questo giallo. Forse non riusciremo a capire nemmeno il giorno che lo prenderanno. E' come un cancro, ci dicono. E ce la caviamo così. [p. sap.] La città ripiomba nella paura Il sindaco: «Non uscite dopo il tramonto» L'imbianchino resta in cella A sinistra: carabinieri con i cani perlustrano il centro di Merano a caccia del killer. A destra: l'avvocato di Luca Nobile Sotto: Paolo Vecchiolini, l'ultima vittima del serial-killer che ha seminato il terrore in Alto Adige

Persone citate: Cuno Tarfusser, Ivonne Sanzio, Paolo Vecchiolini

Luoghi citati: Merano