Un valzer per ZARATHUSTRA

F la colonna sonora del '900: nasceva cent'anni fa il poema sinfonico di Strauss ispirato a Nietzsche F la colonna sonora del '900: nasceva cent'anni fa il poema sinfonico di Strauss ispirato a Nietzsche EA paura delle bestie feroci è quella che più lungamente fu inculcata nell'uomo, e comprende anche la paura della bestia che egli nasconde dentro di sé - Zarathustra la chiama la bestia interiore)}. Due per tredici. Ventisei schianti dei timpani per evocare la nostra animalità insepolta. Una brutalità così assoluta e pura che per 2001 Odissea nello spazio, Kubrick non ebbe dubbi: quando, brandendo una tibia come arma, il primate nostro progenitore massacra con crescente ebbrezza e sfinimento un proprio simile, è quel secco uragano di suoni che il regista sceglie per commentare la scoperta, l'eccitazione della prima violenza. Richard Strauss avrebbe apprezzato: «Mi sono proposto di tracciare un quadro di sviluppo della razza umana dalle sue origini», scriveva a proposito di Così parlò Zarathustra, il poema sinfonico «liberamente tratto» dal poema filosofico di Friedrich Nietzsche. Un secolo dopo la sua nascita - a Francoforte nel 1896,è lo .stesso compositore, giovane di trentadue anni, a battezzare l'opera - quell'inizio, popolare ormai come l'attacco della Quinta di Beethoven e certo più di ogni melodia mozartiana, schiude il sipario di un Telegiornale. La scelta appare meno originale, l'effetto più trucibaldo, la promessa non mantenuta: l'inflazione dell'offerta quotidiana svilisce il mistero. Nietzsche non potè ascoltare. Né le otto stazioni del viaggio straussiano, né, esattamente quello stesso anno, la voce del contralto intonare, nella Terza Sinfonia di Gustav Mahler, il Canto d'ebbrezza, ancora dal suo Zarathustra. Giudicato pazzo senza rimedio, dopo le ultime crisi di Torino («il primo posto dove io sono possibile»: quasi uno slogan, per la città) nel 1889 e il ricovero nella clinica di Basilea, si spegnerà dolorosamente nel 1900, segregato dalla sorella Elizabeth, già attiva nel profanarne e ricucirne le opere, prima nella casa d'infanzia a Naumburg, poi nell'archivio di Weimar, Ma Nietzsche si sarebbe identificato in quella prima intonazione, destinata a immensa fortuna esecutiva, di un suo scritto? O piuttosto sarebbe inorridito di fronte a questo «sberleffo metafisico», che valse a Strauss un altro successo internazionale (prima italiana nel 1909, all'Angustio di Roma) assieme a severe stroncature? Come osava, un musicista, far danzare il valzer al profeta dello Zoroastrismo, culto ancora oggi praticato da numerose comunità orientali e, tra i musicisti, da Zubin Mehta che, o sarà il momento, affiderà, secondo il rituale, il proprio corpo nudo al becco dei rapaci, perché poi da un'alta torre le sue sole ossa precipitino nell'Oceano Indiano? Strauss rispose rimandando al testo nietzschiano: «I talloni si sollevarono, le dita si misero in ascolto, per afferrarti: il danzatore ha ben il suo orecchio nelle dita!... il mio piede fremeva folle di danzare». Ed era il valzer, allora, la danza ritenuta più eversiva, più folle, più audace nel vorticare della coppia. «Verdi ha fatto ballare la polka a Lady Macbeth», commentava Gavazzeni, difendendo Strauss e le ragioni della musica se, per comunicare, non può rinunciare all'enfasi del gesto più riconoscibile. L'assoluto e l'immediatamente evidente, l'eterno e il quotidiano, in una disinvolta sintesi nella quale Strauss non aveva, allora, eguali. Un valzer, per lui, rimaneva un valzer, non una metafora della finis Austriae come per Gustav Mahler. «Che volgarità!», lo rimproverò il Kaiser dopo aver ascoltato, nel 1905, Salome. «Sì, maestà. Ma con questa volgarità ho costruito la villa di Garmisch». E il garage dove collezionava Mercedes. Conosceva il pubblico, le sue voglie, i suoi fremiti, il bavarese figlio di Franz Joseph, un cornista che aveva suonato con Wagner, e di Josephine Pschorr, della famiglia monacense della birra. Puccini rimane esterrefatto quando, a Napoli nel 1908, lo sente gridare all'orchestra, durante le prove di Salome: «Signori, qui non si tratta di musica! Questo deve essere un giardino zoologico. Forte, e soffiate negli strumenti». E' durante un viaggio in Egitto, suggerito dai medici per guarire da una malattia polmonare, che Strauss scopre Nietzsche. Scatta un'identificazione, il compositore riconosce se stesso in quel Convalescente al quale il filosofo dedica uno dei capitoli più musicali del libro: «Com'è bello che esistano parole e suoni: parole e suoni non sono forse arcobaleni e ponti apparenti tra cose eternamente disgiunte?». Ed è la lettura di Zarathustra a rendergli evidente «la mia inconsapevole antipatia contro quella religione che, attraverso il sacramento della confessione, libera il credente della sua responsabilità nei confronti delle sue azioni e delle sue omissioni». La disinvolta traduzione in musica del libro «per tutti e per nessuno», diventato popolare tra i ceti intellettuali tedeschi, soddisfa le più placide tensioni verso l'assoluto, rende familiare l'intuizione del «superuomo», consola nell'idea di nuove nozze tra l'uomo e la natura: «Il sole si alza. L'individuo si fonde nel mondo, il mondo si fonde nell'individuo», annota Strauss a margine dell'introduzione. In quello stesso 1896 Jean Sibelius si ispirava, nelle Quattro leggende per orchestra, alla saga nordica del Kalevala, Antonin Dvorak raccontava di Ondino, genio sinistro delle acque, e fl. risveglio di Pan è il titolo del primo movimento della Terza Sinfonia di Mahler: dal mito alla patria, dal caos all'ordine attraverso il racconto dei suoni. E' l'inizio dello Zarathustra: dopo la violenza, si schiude un accordo di do maggiore solenne e fermo come un portale, enfatizzato fino all'impossibile dal riverbero dell'organo. Con raro e pratico acume un compositore aveva saputo raccontare, in trenta minuti di partitura, le ansie del proprio tempo. Strauss volgarizza un filosofo suo contemporaneo, doma «la bestia interiore» da lui evocata, la conduce a colloquiare col pubblico. L'alba musicale del profeta sorge mentre la mente di Nietzsche s inabissa. A ciascuno il suo Zarathustra. Sandro Cappelletto Richard Strauss: il suo poema sinfonico nasceva nel 1896 a Francoforte Il successo di una musica divenuta popolare anche grazie a Kubrick: da «2001 Odissea nello spazio» alla sigla del telegiornale o sarà il momento, affidesecondo il rituale, il proprio cornudo al becco dei rapaci, perché pda un'alta torre le sue sole osprecipitino nell'Oceano Indiano?Strauss rispose rimandando testo nietzschiano: «I talloni si slevarono, le dita si misero in ascto, per afferrarti: il danzatore ben il suo orecchio nelle dita!..mio piede fremeva folle di danzre». Ed era il valzer, allora, la danritenuta più eversiva, più folle, paudace nel vorticare della copp«Verdi ha fatto ballare la polkaLady Macbeth», commentava Gvazzeni, difendendo Strauss e le gioni della musica se, per comucare, non può rinunciare all'enfdel gesto più riconoscibile. L'assluto e l'immediatamente evidenl'eterno e il quotidiano, in una sinvolta sintesi nella quale Straunon aveva, allora, eguali. Un vzer, per lui, rimaneva un valznon una metafora della finis Astriae come per Gustav Mahl«Che volgarità!», lo rimproveròKaiser dopo aver ascoltato, n1905, Salome. «Sì, maestà. Ma cquesta volgarità ho costruito la vla di Garmisch». E il garage do

Luoghi citati: Egitto, Francoforte, Napoli, Roma, Torino, Weimar