Un altro giallo nella scia del mostro

Un altre giallo nella scia del mastro Scomparso da anni, era stato accusato di essere il killer della coppiette. Oggi sarà interrop-\to Vanni Un altre giallo nella scia del mastro Firenze, Salvatore Vinci sarebbe morto in Spagna FIRENZE. Scompaiono, uno alla volta. Assassinati, suicidi, morti per cause naturali, qualcuno dissolto nel nulla. Sono i cento personaggi di questo dramma in otto atti intitolato «Il mostro di Firenze». Sparito, si sa ora, anche uno di quelli che ebbero una parte importante, da protagonista, uno che fu sospettato come il maniaco delle coppiette e, quando l'assassino uccideva, lui era libero. Sempre. Salvatore Vinci era membro autorevole del clan dei sardi attorno al quale ruotò il primo duplice omicidio «firmato» con la Beretta calibro 22, quello di Antonio Lo Bianco e Barbara Locci, quello di più difficile lettura, quello di cui, in primo grado, venne assolto Pietro Pacciani. Vinci sarebbe morto sembra in Spagna, per cirrosi. Ma la notizia non ha conferme e promette di diventare un nuovo rompicapo per gli investigatori. Era fratello di un altro attore importante: Francesco Vinci, che con un compare, un servo pastore di nome Antonio Vargiu, fu ammazzato nell'estate del '93 nei boschi attorno a Pisa, e bruciato nella sua auto. Pure Francesco era stato sospettato di essere il «mostro». Ma si trovava in carcere quando la Beretta uccise ancora e venne scagionato. La storia di Salvatore forse è più complessa, lui non ha mai avuto «alibi», ma fu prosciolto dal giudice istruttore Mario Rotella il quale, a dispetto dei molti indizi, aveva deciso così perché non aveva trovato prove concrete. Come il fratello, Salvatore Vinci aveva in fatto di sesso vedute fin troppo avanzate, come lui era stato amante di Barbara Locci e aveva, come si dice, abusato della tolleranza di Stefano Mele, marito dell'uccisa, quello che aveva confessato il crimine e, malgrado una ritrattazione, scontato i 14 anni di condanna. Nato a Villacidro di Cagliari, il 10 dicembre 1935, alla fine dei '50 si .era trasferito in Toscana che coi suoi boschi fitti e i suoi monti aspri veniva vista un po' come una terra di conquista. Si era lasciato dietro una grande miseria e una moglie, Barbarina Steri, morta dopo aver infilato la testa nel forno a gas: suicida. Ma poi arrivarono i sospetti e per lui due processi al termine dei quali fu dichiarato «non colpevole». Era il 1988, da allora scomparve. Nella tragedia del «mostro» era finito per la denuncia di Stefano Mele, che forse per vendetta o soltanto perché stanco di subire soprusi aveva raccontato che avevano impugnato loro, i due fratelli, la Beretta assassina. A Salvatore era andata bene. Sospettato, sì, e per mesi durante il giorno controllato dai carabinieri. Mai la notte perché mancavano gli uomini per 24 ore di pedinamento. Lo fotografavano quando, per evitare i controlli, usciva dalla finestra di casa calandosi con le corde da montagna. Ma nessuno riusciva a seguirlo, nessuno seppe dove andasse, in quelle notti in cui la luna si rifiuta e il buio è totale. Dopo l'assoluzione definitiva per la morte della moglie, era scomparso. Ufficialmente non lo cercava nessuno, ma lasciava inquieti gli investigatori il fatto d'ignorare dove si trovasse. Pare che avesse scelto la Francia, eppoi la Spagna. La notizia è stata raccolta da un investigatore privato, Davide Cannella, di Lucca, un ex carabiniere incaricato da Vitalia Vinci, vedova di Francesco, di far luce sull'omicidio del marito. Sarebbe stata la sorella dei Vinci a informarlo della morte, risalente all'inizio dell'estate 1995. Ma nessuna conferma ufficiale, tanto meno dalla Spagna. Una notizia che arriva nel momento in cui le indagini sull'as- sassino delle coppiette sembrano aver ripreso slancio e, dunque, fa nascere nuovi interrogativi e antichi sospetti. E oggi l'inchiesta sugli omicidi del «mostro» prevede un altro interrogatorio di Mario Vanni, l'amico di merende del Pietro. Le accuse dei testi si sono fatte precise e forse lui ha capito di rischiare anche troppo. Ma c'è chi scommette che rimarrà muto. Vincenzo Tassandoli Sopra, Salvatore Vinci. A sinistra, Mario Vanni, l'amico di Pacciani in carcere da giorni