Autobomba, 4 morti nel cuore di Tirana

Smentita in serata dalla polizia la rivendicazione di una organizzazione comunista Distrutto un supermercato, un imprenditore italiano tra i 26 feriti. Attentato del racket? Autobomba, 4 morti nel cuore di Tiratici TIRANA. Sanguinoso attentato ieri mattina in Albania. Quattro persone sono morte ed altre 26 sono rimaste ferite nell'esplosione di una vettura carica di tritolo di fronte a un supermercato della capitale Tirana. Tra i feriti c'è anche un imprenditore italiano, già rientrato in patria. La radio albanese informa che la deflagrazione ha distrutto il supermercato, inaugurato tre settimane fa, dalla «Vefa-holding», gigante della distribuzione in Albania e simbolo dell'imprenditoria sorta dopo il crollo del regime comunista nel 1990. Questo indurrebbe a pensare che l'attentato sia opera di criminali comuni. La polizia di Tirana non si sbilancia, ma il presidente Sali Berisha, leader del partito democratico in piena campagna per le elezioni politiche di maggio, ha invece subito puntato il dito contro gli agenti comunisti dell'ex polizia politica «Sigurimi»: ((Avranno quello che si meritano», ha detto Berisha ai giornalisti recatisi sul luogo dell'attentato, il primo con autobomba della storia dell'Albania democratica. L'agenzia indipendente «Zyra e Shtypit» ha informato nel pomeriggio che l'attentato viene attribuito alla «Sigurimi» anche dalle sue fonti tra gli ex agenti dei servizi segreti comunisti albanesi. Secondo l'agenzia l'attentato sarebbe la risposta alle denunce della «Zyra e Shtypit» relative all'esistenza di una trama neocomunista della Serbia-Montenegro tesa a sostenere in Albania l'opposizione socialista e il giornale «Koha Jone» allo scopo di ottenere l'acquiescenza di Tirana al dominio di Belgrado sulla provincia serba a maggioranza albanese del Kossovo. Un complotto che, secondo l'agenzia, ruoterebbe attorno alla inquietante figura dell'estremista cetnico serbo Zeliko Raznjatovic, alias «comandante Arkan». L'agenzia riporta anche il testo di una telefonata anonima di rivendicazione che avrebbe ricevuto: «I comunisti di Tirana rivendicano l'attentato contro il tradimento della storia comunista e contro la "Zyra e Shtypit" di Pietro Zannoni», l'italiano direttore dell'agenzia. Fonti ufficiali hanno invece smentito in serata a Tirana che l'attentato sia stato in qualunque modo rivendicato. Molti osservatori avevano avanzato dubbi sulla fondatezza della rivendicazione della disciolta polizia segreta comunista, ma soltanto in serata le autorità di polizia albanesi hanno accettato di rispondere alle insistenti domande dei giornalisti. Sempre ieri sera, intorno alle 22,30, la polizia ha fermato e accompagnato in commissariato direttore, giornalisti e poligrafici del quotidiano «Koha Jone», il più diffuso del Paese. Il fermo dell'intero staff del giornale è stato motivato con la necessità di «controllare i documenti». Il premier Alexander Meksi ha dal canto suo denunciato che si è comunque trattato di «un evidente atto di terrorismo mirato a destabilizzare la situazione in Albania», un chiaro riferimento aU'imminente prova elettorale, che vede il partito democratico in grosse difficoltà di fronte all'opposizione di sinistra. L'agenzia ufficiale albanese «Ata» informa che le 4 vittime sono state identificate: si tratta di una commessa ventenne del supermercato, che a quanto pare era incinta, e di tre clienti, due fratelli e un uomo di 66 anni deceduto in ospedale in seguito alle ferite riportate. L'esplosione dell'autobomba, una Fiat Tipo con 50 kg di esplosivo, è avvenuta a pochi metri dall'ingresso del supermercato alle 9,15, pochi minuti dopo l'apertura, e ha danneggiato gravemente l'edificio a 9 piani della «Vefa». Dalla Farnesina si è appreso che nell'esplosione è rimasto coinvolto anche un uomo d'affari italiano, Lamberto Ragni, 49 anni, di Perugia, rimasto ferito in maniera non grave ad una gamba e dietro l'orecchio. L'ambasciata italiana si è immediatamente attivata e già nel pomeriggio è stato rimpatriato con un volo per Roma. «Mi trovavo nel supermercato con la mia segretaria - racconta Ragni, venuto in Albania per aprire un negozio di prodotti farmaceutici -, la seconda esplosione ci ha sbattuto per terra. Una fiammata ha investito la ragazza, i capelli le si sono incendiati e io mi sono lanciato su di lei spegnendo il fuoco con le mani. Poi siamo riusciti a raggiungere l'uscita. E' stato terribile, intorno a noi c'erano persone che ardevano vive e quando ho tentato di ritornare nel locale per provare a aiutare qualcuno, ho sentito all'interno altre 3 o 4 esplosioni. Non ho potuto fare niente». L'esplosione di ieri è uno dei rari atti di terrorismo avvenuti in Albania. La maggior parte sono stati compiuti dopo la caduta del regime comunista e l'ascesa al potere del partito democratico del presidente Berisha, nel'91. Nell'agosto del '92, un acquedotto venne parzialmente distrutto da un attentato dinamitardo nella regione di Kruja (40 km a Nord di Tirana). Quattro persone furono arrestate: nelle loro abitazioni la polizia trovò armi e esplosivo. [e. st.] Smentita in serata dalla polizia la rivendicazione di una organizzazione comunista L'italiano ferito a Tirana è rientrato su un aereo della Farnesina

Persone citate: Alexander Meksi, Berisha, Lamberto Ragni, Sali Berisha, Zannoni, Zeliko Raznjatovic