LA CORSA DEI TRE PRESIDENTI di Marcello Sorgi

B! Omp LA CORSA DEI TRE PRESIDENTI portuno dovevano renderne conto a De Mita. E Dini (o Maccanico, secondo le possibilità) possono tranquillamente essere i candidati di D'Alema, specie se il segretario del pds, dopo il voto, deciderà di riprendere il discorso delle riforme, e del governo di larghe intese, con Berlusconi. L'altro modello, del tutto contrapposto, è quello, tipico maggioritario, in cui il leader della coalizione (meglio se a capo, non di un partito o di un insieme di partiti, ma di un largo comitato elettorale) si candida al governo, e, se vince, guida insieme l'esecutivo e la maggioranza che lo sostiene. E' un meccanismo moderno, in linea con i referendum; ma in Italia, almeno a giudicare dall'esperienza della Seconda Repubblica, non è detto che funzioni. Tra «ribaltoni», tradimenti e continui sposta¬ menti di gruppi e gruppuscoli parlamentari da un asse all'altro delle Camere, anche una vittoria schiacciante come quella di Berlusconi due anni fa, è stata capovolta. A poco a poco, finisce che il risultato elettorale non conta più niente; e, allora, o si torna a votare, o a gestire la situazione si chiama un governo tecnico. In più, la crisi dei partiti connaturata all'epoca del maggioritario, e la convivenza tra «vecchi» e «nuovi» protagonisti sulla scena politica fa sì che l'aggregazione di una maggioranza, quale che sia, e quando avviene, non sia mai durevole: presto o tardi, in sostanza, da tutte le somme possibili viene meno Bossi. E come è successo a Berlusconi un anno fa, anche a Prodi, domani, potrebbe capitare di vincere, ma di dover sottrarre dalla sua maggioranza gli eletti (grazie al patto di desistenza) di Rifondazione, e di sentirsi dire dall'uomo del Carroccio, divenuto determinante, che ha altre idee per la presidenza del Consiglio. Così, il sistema non va. Si era già capito negli ultimi due anni tormentati della legislatura appena sciolta, e non a caso s'era tentato di porre rimedio con il patto sulle riforme. Lo scatto d'ira di Prodi ha avuto il merito indubbio di riproporre la questione. Ma a risolverla, è assai difficile che possa riuscirci. Accrescerà, forse, la tensione dell'Ulivo, vicino a cui, man mano che la scadenza delle liste s'avvicina, si affastellano decine e decine di richieste di collegi «sicuri». E finirà probabilmente col ritardare il chiarimento tra Dini e il centrosinistra.- Anche se al dunque, il patto (sospettato da tutti) tra il presidente del Consiglio e il segretario del pds non dovrebbe risultarne scalfito. D'Alema, insomma, continuerà a rassicurare Prodi che è lui il candidato premier dell'Ulivo. Dini, presentandosi, misurerà l'indice di gradimento del suo governo. Maccanico resterà di riserva. Poi, l'ultima parola toccherà agli elettori. Ma sarà l'ultima? Marcello Sorgi

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