Il Delaware dice Forbes

Il Delaware dice forbes Il Delaware dice forbes Nomination repubblicana: battuto Dole Vota il piccolo Delaware e Robert Dole riceve un'altra botta, di immagine se non di sostanza, visto che in palio nelle primarie del «First State» (chiamato così perché due secoli fa fu il primo a ratificare la Costituzione degli Stati Uniti) c'erano solo 12 delegati da mandare alla «convention» repubblicana di agosto a San Diego. Ad assicurarseli, quei delegati, è stato Steve Forbes (14 milioni di dollari spesi finora) che ha ottenuto quasi il 33 per cento dei voti contro il 27 di Dole. Pat Buchanan, diventato ormai l'uomo da battere, si è piazzato al terzo posto con il 18 per cento e Lamar Alexander è arrivato quarto con il 13 per cento. Ma sono risultati che non rispecchiano il vero andamento di questa campagna elettorale. Il voto nel Delaware, intrappolato fra quello «fondamentale» del New Henpshire della settimana scorsa e quello altrettanto importante dell'Arizona (39 delegati) di domani, è stato praticamente trascurato dai candidati con l'eccezione, appunto, di Steve Forbes. Come unico ad avere seminato, il magnate dell'editoria è stato quindi colui che ha raccolto. «Il Delaware è un meraviglioso Stato - ha detto Dole - peccato che non ab- bia avuto la possibilità di andarci». Anche Buchanan si è detto soddisfatto del risultato ottenuto. Un 13 per cento «senza che quegli elettori mi abbiano mai visto - ha detto - significa che la mia candidatura ha ormai una dimensione nazionale». Resta comunque il fatto che ora, nel punteggio dei delegati alla «convention» di San Diego finora ottenuti, Dole è stato superato da Forbes (17 contro 16, Buchanan è in testa con 25) e la visione di quella classifica che i notiziari televisivi mostrano continuamente sembra rendere più densa l'ombra che ormai sta avvolgendo il vecchio senatore, partito come indiscusso «front runner» e ora trasformato in inseguitore col fiatone. Una boccata d'ossigeno dovrebbe arrivargli martedì dal North e South Dakota, due Stati considerati tanto «doliani» da indurre lui stesso i suoi avversari a non dedicargli troppa attenzione. Qualche giorno fa Buchanan ha fatto una breve apparizione nel South Dakota, ma solo per una «photo opportunity» che gli era sembrata una bella idea: il suo faccione con nello sfondo quelli di George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e Abraham Lincoln scolpiti nella roccia di Mount Rushemore. Ha avuto ragione: quella foto ha fatto il giro degli Stati Uniti. Ma il voto importante di domani, si diceva, sarà quello dell'Arizona. I sondaggi dicono che Dole, Buchanan e Forbes sono virtualmente alla pari, ma un po' tutti avvertono che finora i sondaggi hanno sistematicamente sottovalutato Pat Buchanan. E poi, dice Fife Symington, il governatore di quello Stato, «i suoi sostenitori mostrano un. entusiasmo molto più altro degli altri, se la cosa si gioca su pochi voti, quello può fare la differenza». Già, l'entusiasmo. Fra i sostenitori di Dole sta sicuramente scemando, come stanno scemando i soldi a sua disposizione. Il senatore ha speso molto nella prima parte di campagna elettorale e ora è ridotto al lumicino. Anche se martedì dovesse andargli bene, proseguire non sarà facile. Su Buchanan, invece, i soldi hanno cominciato ad affluire. «£' come il gioco di Borsa», dice un commentatore. «Se i soldi cessano di andare da una parte e cominciano ad andare da un'altra vuol dire che il gioco è fatto. Chi spende ha sempre un fiuto speciale». [f.p.l Steve Forbes ha raccolto i frutti della sua campagna nel piccolo Delaware NEW YORK. NOSTRO SERVIZIO Il ciclone Buchanan incalza i due contendenti: è lui l'uomo da battere