«In lista con Pannella? Lo stimo»

« « In lista con Pannello? Lo stimo » Pomicino: voglio restare un uomo politico PARLA L'EX SUPERMINISTRO DEMOCRISTIANO LmHO letto, l'ho letto. Ma nessuno mi ha detto niente». Ma come, Paolo Cirino Pomicino, Palmella e Sgarbi la candidano e lei... «Non lo sente che tosse che ho? Non esco di casa, vedo i giornali e sento il telefono. Ripeto: nessuno mi ha detto niente». Va beh. Ma ci sta o no, se la candidano? «Prima aspettiamo che il fatto avvenga, poi, dopo che è avvenuto se non può ragionare». Sì, però lei non faccia finta di cadere dal letto dalla sorpresa; la cosa è nota... «Io ho letto un'agenzia dove si diceva che se si candidano De Mita e La Malfa non si vede perché non dovrei candidarmi io. Ma era un'agenzia...». Insomma, non ci vuole confidare se si candiderà anche nella seconda repubblica? «Posso risponderle solo che io sono stato e resterò un uomo politico fino a quando il buon Dio mi darà vita. Con tutte le passioni, le amarezze, i desideri di un uomo politico». Lei quanti voti vale, elettoralmente? «Io nel 1987 con la preferenza multipla presi 170 mila voti. Poi con la singola ho eletto tre deputati: me stesso e altri due, facendo confluire su di loro parte dei miei 140 mila voti». Pomicino, lei è un plurinquisito, un rudere della prima Repubblica... «Non mi offendo». Che cosa le resta della galera? «Un episodio comico: quando il direttore mi disse che andavo agli arresti domiciliari mi ribellai e dissi che volevo restare in carcere». Perché? «Perché credevo che fosse per motivi di salute. Poi mi spiegarono che era cambiato il mio quadro accusatorio». «E il cibo?» «Non mangiai mai. Nenche una mollica. Quella fu la mia forza. Quanto al resto, scrivevo di giorno e dormivo di notte. Io sono attrezzato con l'ironia e non ho subito traumi». Ma quella foto terribile di lei in camice bianco che si trascinava nel cortile... «Ancora quella foto? Come lo devo dire? Quello non ero io. Mai portato un camice, avevo sempre un maglione blu». E si sarebbe davvero lasciato morire? «Sicuramente. Fu la mia saldezza morale a garantirmi una saldezza anche fisica». E oggi a che punto sono le sue vicende giudiziarie? «Un proscioglimento dietro l'altro. Non sono ancora tutti, ma quelli che mancano verranno». Dunque Paolo Cirino Pomicino, 'o ministro per eccellenza, era in realtà una mammolet- ta. «No: ero, sono e resto un uomo politico fatto della stessa pasta di tutti gli uomini politici. Non mi sono mai messo in tasca una lira per me, come sta risultando anche dalle carte. Quanto al finanziamento illecito, sono colpevole di avere riscosso contributi liberi e volontari». Insomma, libere elemosine, come le noci di fra' Galdino... «Bravo. Ecco, il fatto è proprio questo: l'Italia religiosa ha saputo risolvere il problema dell'Obolo di San Pietro, ma l'Itaba politica non sa come risolvere quello dei finanziamenti elettorali». Insomma, lei ci starebbe in lista insieme a Palmella e Sgarbi? «Pannella e Sgarbi sono due persone che hanno sempre fatto battaglie di libertà e di anticonformismo di fronte a ogni potere e in qualsiasi stagione: sono garantisti autentici». Tuttavia rappresentano il fronte garantista che si batte contro una parte della magistratura... «E io sono stato certamente una delle vittime di un certo giustizialismo, non c'è dubbio. Però devo anche dire che ho trovato anche giudici giusti, quindi la mia esperienza di fronte alla magistratura non è tutta negativa...» Lei è stato accusato di essere un affiliato della camorra... «Ma l'accusa è stata riconosciuta falsa e archiviata». E le altre? «Le stanno archiviando tutte: dall'accusa di corruzione per la funicolare di Napoli, alla concussione su Ventriglia e il Banco di Napoli, dalla concussione nei confronti di un signore che poi finì in bancarotta fraudolenta, alle tre venute dal tribunale dei ministri di Roma. Ah, e poi è stata archiviata anche l'accusa di corruzione sulla metropolitana, anche se resta il finanziamento illecito». Lei parla del finanziamento illecito come se davvero si trattasse di un pio istituto, ma è e resta un reato... «Un reato bizzarro e incostante, come certe malattie esotiche: colpisce soltanto alcuni lasciando indenni altri. Per esempio, a me erano indispensabili due miliardi per la campagna elettorale, ma al mio vicino di collegio, nella stessa mia regione, no. E neppure al sindaco di Brescia, capolista nel NordOvest, quindi in tre, quattro regioni. Sono misteri più complessi di quelli della fede. Che so, il segretario Arnaldo Forlani doveva necessariamente essere al corrente degli illeciti che si consumavano nel suo partito, ma gli altri segretari, no. Capisce? Bizzarrie, misteri, capricci...» Lei vuol dire insomma: todos

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