Un weekend per fare il partito

«Maccanico? Dipende solo da lui Io sono pronto ad accoglierlo nella nostra futura squadra» Un weekend per fare il partito Larizza e D'Antoni: «Conta su di noi» LA STRATEGIA DI DINI j -O^ojU'JlÌj ioli ujjii fe.jiucij LROMA ET'S go, Lambertow». E meno male che, a dargli un po' di conforto, ci hanno pensato da Oltreoceano. Perchè altrimenti, per Dini, quella di ieri sarebbe stata davvero una «domenica bestiale». Da Fini a D'Onofrio, gli ex amici della Destra sparsi qua e là in mezza Italia hanno continuato a sparare ad alzo zero su di lui. E tra i cespugli dell'Ulivo e i petali non ancora sbocciati del suo «giglio», il presidente del Consiglio dimissionario ha avuto il suo bel da fare. Ecco perchè ha chiuso alle sue spalle le porte dell'attico romano di piazza Fontanella Borghese. Dove a metà pomerìggio - dopo quello dell'altro ieri, patinato e seducente, tributatogli da Sharon Stone - ha incassato appunto anche il «Let's go» dei vecchi amici del Fondo monetario intemazionale. E dove ha speso un weekend solitario e domestico, a concentrarsi sulla sua nascente «creatura politica»: fiore, albero, Rinascita italiana, o quel che sarà. Insomma, il suo «partito». Che solo a pensarlo - non più come semplice luogo ideale di alti valori o Ehi elementari convenienze, ma ensì come «squadra», come gruppi di uomini, come strutture e apparati - deve avergli fatto tremare un po' i polsi. Ma è risoluto, Lambertow, e nel week-end delle «prove tecniche di partito», dopo una girandola di telefonate con Sergio D'Antoni e Pietro Larizza, ha già capito ben chiara una cosa: i sindacalisti della Cisl e della Uil saranno i suoi veri «carristi», in questa avventura difficile che dovrà passare per tutta Italia attraverso la raccolta delle firme e l'elaborazione delle liste dei candidati. «Mi raccomando, stiamo uniti», ha detto Dini ad entrambi E D'Antoni e Larizza, notoramente sensibili al richiamo della foresta di Centro e di Sinistra, non si sono tirati indietro: «SI - ha spiegato Larizza - forniremo il nostro supporto organizzativo, anche se non schiererò politicamente la Uil nella campagna elettorale». Analoga la risposta di D'Antoni: «Sono con te - ha detto a Lambertow magari con strutture collaterali, come già fece il nostro Cocilovo per i Comitati Prodi». Già, Prodi. Ecco uno dei problemi del «giardino» del Centro-Sinistra: come convivranno «giglio» e Ulivo? L'orientamento di Dini è ovviamente quello di mantenere la piena autonomia. E su questo secondo qualcuno dei suoi «carristi» - ci sarebbe la sponda di D'Alema, già d'accordo con Dini per scavalcare Prodi. Di sicuro, tra le tante telefonate di ieri fatte dal premier quella al professore di Bologna non c'è stata. «Non l'ho sentito - ha confermato in serata Prodi - né faccio commenti su di lui». Nel «giardino» c'è poi il problema della Lega. Sabato sera Lambertow, nella sua residenza toscana di Scandicci, ne ha parlato con un «ospite» di tutto rispetto: Irene Pivetti. «La cena è andata benissimo», ha risposto ieri mattina il premier-leader, che dal presidente della Camera conta di ottenere, nei limiti del possibile, qualcosa di più di un cordiale «vai avanti». Ma per ora Dini resta cauto: la Pivetti, con la sua dichiarata passione per il Centro, può far molto per far convertire l'anima leghista alla «Rinascita italiana», ma bisognerà vedere come si muoverà l'imprevedibile Bossi. Poi, il freddino pomeriggio domenicale Dini l'ha trascorso appunto a tentar di sfogliare i petali ancora immaturi del «giglio» (oltre che a studiare i problemi operativi). Dunque, ancora telefonate. Buona parte delle quali, per organizzare il nuovo incontro previsto per oggi con i pattisti di Mario Segni e i socialisti di Enrico Boselli: «Sì - dice quest'ultimo - ci vedremo in giornata, e non a Palazzo Chigi, perchè Dini ci ha detto che vuole evitare commistioni, che in- vece si verificarono in più di una occasione, ai tempi del governo Berlusconi...». Con i pattisti e i neo-socialisti, per altro, Dini ha un solo problemino: che si chiama Segni. Perchè qua e là, nel resto della «squadra» che Dini sta tentando di mettere assieme, serpeggia qualche malumore sull'attivismo del padre dei referendum: «Come al solito vuol mettere il cappello politico su un'operazione che non è sua», dicono in coro D'Antoni e Larizza. Fuochi di paglia? Piccole invidie di retroguardia? Vedremo. Intanto, per Dini c'è da studiare un altro petalo, ben più importante: il Ppi di Gerardo Bianco, fortemente «spiazzato» dalla discesa in campo di Dini nella solita, già intasatissima area moderata di centro: «Lo incontrerò presto, forse stasera o domani», ha detto il premierleader ai suoi collaboratori. Obiettivo: convincerlo a mollare l'Ulivo e a far parte della «Rinascita italiana». Perchè ormai è provato ha suggerito Boselli a Dini - un Centro che non è autonomo dall'Ulivo non cresce, per il semplice motivo che a soffocargli le radici c'è il quercione del pds. Ultimo petalo incerto, per Dini, è Antonio Maccanico, in parte a sua volta «bruciato» dalla mossa del premier: «Dipende tutto da lui - ha osservato ancora Lambertow - io sono pronto ad accoglierlo nella nostra squadra». Ma si farà ammaliare dal profumo del giglio, il fiero Tonino partito con una sua iniziativa non più di una settimana fa? «Devi convincerlo - hanno detto a Dini Boselli e Larizza - che conviene anche a lui, perchè altrimenti finirà per restare una delle due stampelle del ppi, se Bianco deciderà di non muoversi, insieme a quel poco che resta degli altri laici, da Bordon a Zanone...». Dunque, nella solitudine della sua splendida casa romana, sui bianchi divani del suo salone, Dini ha iniziato da ieri a tessere la tela. Un lavoro maledettamente difficile, comunque, anche per un «lavoratore» infaticabile e un mediatore cei tosino come Lambertow. Che quindi, di qui al 21 aprile, avrà bisogno di ben altro che di qualche pur gradito «let's go»... Massimo Giannini Non ci saranno incontri a Palazzo Chigi Il premier: voglio evitare commistioni come avvenne nel periodo di Berlusconi Il segretario del ppi Gerardo Bianco

Luoghi citati: Bologna, Italia, Scandicci