Lagerfeld spara a zero sulla moda di Emanuele Novazio

Cronache Intervista al veleno lagerfeld sparaaxero sulla moda ■ t BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Pierre Cardin? «Adesso che è entrato all'Académie Francaise potrà considerarsi immortale, con le sue licenze per calze da supermercato». Yves Saint Laurent? «Non è ancora riuscito a combinar niente con le donne». Jean-Paul Gaultier? «Non dovrebbe parlar tanto, sono meglio i suoi modelli». Eccetera, eccetera, eccetera: dalle colonne austere della Zeit - un paginone e un ampio risvolto - Karl Lagerfeld decanta malignità, distilla veleni, distribuisce allusioni pettegole e perfidie a colleghi vicini e lontani, protagonisti e comprimari, eroi contemporanei \ e del passato. Perfino alla musa della casa madre, Coco Chanel, nella nobile memoria della quale il sarto tedesco lavora da anni, a Parigi: «Parlava male dei creatori di moda, e lo faceva con rabbia perché gli uomini avevano più successo di lei: ma odiava anche le donne, le trovava orrende», è l'epitaffio. Con Saint-Laurent in particolare Lagerfeld sembra accanirsi, maldicente e rude: «Di ogni sua azione fa uno psicodramma», avverte, «il suo comportamento nella vita è lon- ^^^^^ tano mille mi- B|PS?S!JBVÌ glia dall'immagine che dà di sé in pubblico», insinua. Senza contare l'allusione ai «ragazzini arabi che raccoglie dalla strada, nel suo castello in Marocco». Senza contare il riferimento infido a Catherine Deneuve e ai suoi rapporti con la sartoria nemica: «Dice che Saint Laurent è un grande artista dall'anima straziata? Dio mio, per il denaro si fa di tutto. Quei due hanno un contratto, ma che me ne importa, non farei mai cose del genere, io: odio i sarti che hanno; bisogno delle star per impreziosirsi». Dal feroce assalto si salvano comunque gli stilisti italiani: l'unico accenno, quasi casuale, è a Giorgio Armarli. «Soffre di megalomania», dice Lagerfeld, ma già pensa a un altro collega illustre: «Può dire che Christian Lacroix è un dongiovanni soltanto chi non è informato: che uno sia sposato non vuol dir niente». Nella lunga intervista, il sarto tedesco riserva spazi anche a sé, naturalmente. Ai rapporti con l'amico di una vita, Jacques de Bascher: «Non era il mio amante altrimenti sarei morto anch'io, ma è stata la persona più importante della mia esistenza». All'astinenza sessuale a partire dai 40 anni: «Credo che ci sia per tutti un momento giusto: in gioventù ero corteggiato da uomini e donne e ho fatto di tutto». Mai anche al futuro: «Il mio sogno è ' non far più sfilate». E alla morte: «Non ho niente contro il suicidio. Dopo una vita confortevole, credo non sia sbagliato chiudere». Nel frattempo, Lagerfeld ha assegnato a un architetto giapponese un altro dei suoi sogni: la costruzione di un convento che sia laboratorio fotografico, «biblioteca per i miei 230 mila libri», ostello per i collaboratori e rifugio. «Ci vivrò come un monaco dodici mesi l'anno», garantisce alla fine di un'intervista che, nella prospettiva del convento, sembra davvero una maledizione alla moda. Un anatema. Emanuele Novazio «ad Lagerfeld «ad Lagerfeld

Luoghi citati: Marocco, Parigi