Undicesimo: mangiare bene

Undicesimo: mangiare bene Undicesimo: mangiare bene Regola che non è mai caduta in disuso E LECTIO Papae a cardinalibus per diabolum est introducta», l'elezione del Papa tramite i cardinali è opera del diavolo. Questa era l'opinione di un vecchio eretico inglese, John Wyclif, che per questo venne condannato da Papa Gregorio X. Il quale Gregorio era uscito proprio da un Conclave tormentato riunito nel Palazzo papale di Viterbo. Era avvenuto che da più di due anni i cardinali stavano rinchiusi nelle belle sale pontificie a discutere, senza riuscire a mettersi d'accordo. Il Capitano del popolo allora si stancò, fece scoperchiare il tetto del palazzo e mise tutti i porporati a pane e acqua. E così venne fuori Gregorio X, un sant'uomo piacentino che, per essere emiliano, conosceva bene gli effetti della cucina sul cuore degli uomini. Infatti fece subito una costituzione, «Ubi periculum», con la quale stabiliva che, dopo tre giorni dalla chiusura del Conclave, non venisse servito ai cardinali più di un solo piatto sia per il desinare che per la cena e che, trascorsi altri cinque giorni, i signori membri del Sacro Collegio non avessero al*ro che pane ed acqua fino al termine dell'elezione. Col passar degli anni e dei secoli, naturalmente, le disposizioni del pio Gregorio X andarono in disuso. I porporati, pur rinchiusi nel Palazzo Apostolico vaticano, facevano in modo di non perdere l'abitudine dei buoni banchetti. Che cosa accadesse nell'Ottocento lo racconta Massimo d'Azeglio. «Nel Conclave», narra lo, scrittore piemontese, che dimorava a Roma, «non s'usan cucine; ma siccome pranzar bisogna, ogni cardinale fa preparare in casa sua le vivande, e questo pranzo viene trasportato dalla casa del cardinale al Conclave in una cassa coperta da un panno paonazzo, specie di barella portata da due servitori in gran livrea. Precedono quattro o sei altri servitori in gala, e seguono due carrozze cardinalizie vuote. Guida di questa processione gastronomica è un chierico qualunque che entra in carriera e viene così a tentare di procurarsi la protezione di un cardinale». Come poi facesse il pranzo ad entrare in Conclave è descritto da Stendhal, che si riferisce all'elezione papale del 1829, quella di Pio Vili, e che era andato ad osservare da vicino quello che accadeva. «Un vescovo», narra lo scrittore francese, «procedeva alla visita dei pranzi. Si apriva¬ no panieri, si passavano uno a uno i piatti nelle mani del vescovo che, con la sua ispezione, avrebbe dovuto'impedire qualsiasi corrispondenza. Il vescovo guardava i piatti con un'aria grave, li odorava quando avevano un bell'aspetto e li consegnava a un impiegato subalterno che li metteva poi nella bussola, cioè nel cilindro vuoto di legno con il quale si poteva comunicare con l'interno del Conclave. E' chiaro che ogni pranzo poteva contenere cinque o sei biglietti nell'interno dei polli o in fondo ai timballi di verdura. Mentre stavamo per andarcene, abbiamo visto arrivare per mezzo della bussola, dall'interno del Conclave, un biglietto che conteneva due numeri, 25 e 17, con la preghiera di giocarli al Lotto». Il cardinale Domenico Svampa, arcivescovo di Bologna, narra nel suo diario di aver passato una «malanotte» nel Conclave del 1903, dal quale sarebbe uscito Papa Pio X, a causa, di una mangiata di funghi, che gli avevano procurato forti dolori di stomaco. Benedetto XV, che aveva speso grandi somme in beneficenza, quando morì, nel gennaio 1922, lasciò le casse vaticane senza soldi. Il Segretario di Stato, cardinale Pietro Gasparri, trovò soltanto 75 mila lire. Per far fronte alle spese del Conclave, chiese aiuto al Delegato apostolico negli Stati Uniti e dispose economie severe per tutti i partecipanti all'elezione del Papa. Ricorderà poi egli stesso: «Da ciò che mi risultava dai Conclavi precedenti, molto denaro si consumava inutilmente... Il farmacista non doveva avere che una sola bottiglia di cognac e non doveva distribuirne che dietro ricetta del medico; alla fine del Conclave, la bottiglia era ancora piena, mentre negli altri Conclavi...». Si sa, invece, che nel 1959, quando venne eletto Giovanni XXIII, il cardinale cinese Tienken-sin, che aveva 86 anni, non poteva' bere altro che brodo di gallina. Non essendoci un pol¬ laio nel Conclave, per tre mattine arrivò in Vaticano l'ambasciatore della Cina nazionalista con una gallina viva che consegnava agli inservienti, i quali provvedevano a passarla attraverso la bussola alle suore della cucina. Qualcosa che è accaduto negli ultimi due Conclavi è raccontato da uno dei cardinali elettori, l'arcivescovo di Vienna, Franz Koenig. «Il giorno prima dell'elezione», narra il cardinale austriaco, «il cardinale Luciani mi disse di essere tranquillo. Quan- do si accorse che l'elezione si avvicinava, fu assalito da un forte smarrimento; con l'elezione subì quasi uno shock. Non voleva infatti accettare, fu convinto dai suoi vicini, il cardinale Willebrands e il cardinale di Lisbona. Io vidi il suo gesto netto di rifiuto e il suo parlare concitato. Aspettammo, infatti, un po' prima di giungere all'accettazione ufficiale. Una volta accettato, si rasserenò Dopo la benedizione in piazza San Pietro, non parlava quasi più se non per lamentarsi con noi che l'avevamo elet¬ to. Poi andò subito via per preparare il discorso. A differenza di Wojtyla che, una volta superato lo stato di titubanza che lo assalì, riassunse la sua aria di serenità e di sicurezza, sicché dopo il discorso inaspettato in piazza e la benedizione, ritornò a cena con noi. A un certo punto si alzò con un bicchiere di vino e brindò con tutti, andò perfino in cucina, che era vicino alla nostra sala, per brindare con il personale addetto». Domenico Del Rio Una gallina viva fu portata alle suore quando fu eletto Giovanni XXIII ne uso

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