Intellettuali di destra, perché non vi amate?

g Il «Secolo d'Italia», quotidiano di Alleanza nazionale, denuncia: troppe invidie, maldicenze, veti incrociati, furori antipatizzanti Intellettuali ili destra, perché non vi amate? Tribù e clan, finito il ghetto esplode il rancore IL CASO CULTURA Ì g ROMA IA', «perché non si parlano?». Per quale ragione il Secolo d'Italia affronta con un interrogativo del genere il tema delle «polemiche tra intellettuali di destra»? «Ci sono a destra», ammette non senza disappunto sul quotidiano di Alleanza nazionale Mario Bernardi Guardi, «invidie, maldicenze, cattiverie, veti incrociati, furori antipatizzanti». Il mondo della cultura di destra, all'indomani del suo sdoganamento, appare come un microcosmo saturo di gas venefici, attraversato da rancori immarcescibili. «Da tempo dimorano, ma in appartamenti rigorosamente non comunicanti, anzi protetti da ringhiose guardie del corpo affinché non abbiano a verificarsi flussi ideologici od umorali contaminanti, gli intellettuali Marco Tarchi e Marcello Veneziani». Già, ma perché tra eli intellettuali di destra si alzano muri insormontabili, addirittura sorvegliati da «ringhiose guardie del corpo»? Ma «perché non si parlano?». In principio era il «cattivello». Espressione coniata dal direttore del settimanale L'Italia, Pietrangelo Buttafuoco, per ingentilire e riscattare la realtà malinconica dell'espressione «ghetto». I reietti del neofascismo, tutti o quasi di una generazione che non aveva conosciuto per esperienza diretta il fascismo, la guerra e la «sconfitta». I figli spirituali di quegli «63uli in patria» recentemente descritti da Marco Tarchi. Anche Tarchi era magna pars di quel ghetto, tra i fondatori e i protagonisti della «Nuova Destra» dei primi Anni Ottanta, artefice della rivista che di quel «cattivello» era il simbolo, La voce della fogna, e che a Tarchi costò l'espulsione (voluta da Almirante) dal mo- vimento sociale con simultanea ascesa del giovane che nel msi era il rivale di Tarchi: Gianfranco Fini. In principio era il «cattiverio» in cui svolsero il loro apprendistato politico-intellettuale, tra gli altri, Gennaro Malgieri, ora direttore del Secolo e vicinissimo a Fini, Marcello Veneziani, al tempo giovanissimo editore e fondatore dell'Italia settimanale da cui poi è stato allontanato con metodi bruschi, Stenio Solinas, oia responsabile delle pagine culturali del Giornale, Gianfranco De Turris, giornalista, appassionato di letteratura fantasy e grande esperto di Tolkien ed Evola, Pietrangelo Buttafuoco, giovanissimo intellettuale catenese col pallino del futurismo e, a quei tempi, fautore di un fascismo «libertario» e anticlericale. Padre (o fratello maggiore) Giano Accame, l'uomo che a 16 anni raggiunse la Repubblica di Salò il 24 aprile del 1945, alla vigilia della disfatta, studioso di Pound, seguace negli Anni Sessanta del movimento di Randolfo Pacciardi favorevole al gollismo italiano. Molte minuscole case edi- trici, molte rivistine, rapporti pessimi con il msi. Un clima da fortezza assediata, tanto che Massimo Cacciari dovette subire critiche ferocissime, a sinistra, perché aveva scelto la «Nuova Destra» come interlocutore possibile. Molto spirito di corpo. Proprio quello spirito di corpo che oggi sembra essersi dissolto. Non che allora i rapporti tra Tarchi e Veneziani fossero idilliaci, tutt'altro. Tra i membri del- Intensa rivalità tra Marco Tarchi e Marcello Veneziani protagonisti del «cattiverio» su La voce della fogna l'ex «cattiverio» circolano addirittura leggende sull'intensità della rivalità tra Veneziani e Tarchi. Fatto sta che Veneziani e Tarchi non perdono occasione per punzecchiarsi e farsi del male, fino alla recente stroncatura riservata dalla rivista di Tarchi, Diorama letterario, a un libro di Veneziani. Fino alla perfidia che ha suggerito a Buttafuoco di affidare una recensione di un altro libro di Veneziani, che è pur sempre il fondatore del settimanale che attualmente Buttafuoco dirige, alla capace penna di Teodoro Buontempo, più noto alle cronache politiche con il simpatico nomignolo di «er Pecora». Dissensi ideologici, certo. Anzi, come nel caso di Tarchi, radicali dissensi ideologici. Tanto radicali che Tarchi, versato nella teoria politica e tramite italiano per l'elaborazione del francese Alain de Benoist, si ribella all'etichetta di «destro» affibbiatagli dai giornali, contestando l'automatismo per cui «la destra è un morbo perenne, da cui non si guarisce» come un «marchio biologico che deve accompa- Stiare dall'adolescenza alla ara chi ha appartenuto a quel microcosmo di reietti». Ma più sovente la virulenza della polemica tra gli intellettuali che stanno nella galassia culturale della destra non è motivata da altrettanto radicali diversità ideologiche. Eppure si sono eretti i muri «non comunicanti» lamentati da Bernardi Guardi, che peraltro è uno dei più stretti e prolifici collaboratori di Malgieri. Nei confronti del nuovo ac- quisto Domenico Fisichella c'è deferenza ma non amore. E nel pieno di una polemica, i duellanti Veneziani e Fisichella si sono persino scambiati neanche tanto larvate allusioni a presunte affiliazioni massoniche. L'estate scorsa, poi, il dissidio ha raggiunto il culmine quando Sounas ha pubblicamente accusato Alleanza nazionale di coltivare rapporti drammaticamente insufficienti con l'universo della cultura. Solinas trovò un alleato in Accame che addirittura sferzò gli ex camerati sostenendo che «sotto la camicia nera» non c'è proprio niente, nella nuova formazione politica. Il Secolo reagì con una certa acrimonia. Intervenne anche Gaetano Rasi, l'economista della vecchia guardia culturale del msi, nonché appassionato cultore delle dottrine corporative poi espunte dallo statuto di Alleanza nazionale, per difendere la reputazione del partito di Fini. Non intervenne nella polemica l'attore Luca Barbareschi, che ha scelto di stabilire un rapporto organico con An subendo perciò le critiche di attori di sinistra che hanno ravvisato in questo suo passaggio un atto di opportunismo politico. Eppure Barbareschi, uomo di teatro, espressione di una certa spavalderia guascona che colpisce le corde di una certa umoralità di destra, ha tutti i numeri per dare alla destra quel sovrappiù di emotività simbolica che nella sinistra viene fornito dalla squadra dei Grillo, dei Chiambretti e dei Benigni. In più Barbareschi non conosce ì veleni sprigionati dalle antiche frequentazioni della «Nuova Destra», i livori che ancora dividono gli intellettuali di destra. Che tra loro alzano muri, e non si parlano. Ma «perché non si parlano?». Werluigi Battista RP.PASOUNI1™ Martello VENEZIANI Non si sono placate le polemiche dopo la sferzata di Sotinas: «Sotto la camicia nera non c'è nulla»

Luoghi citati: Italia, Roma, Salò