La doppia colpa di Caino

La doppia colpa di Caino Ha ucciso, ma neppure davanti alle immagini ha tradito rimorsi La doppia colpa di Caino Marcello IncognitoPER la prima volta la tv ha mandato in onda, ieri sera, un omicidio fumato in diretta. Un fratricidio di mafia. E se non l'avessimo visto, non sapremmo mai cos'à. Noi pensavamo che il fratricidio fosse un dramma insostenibile, per tutti. Che fosse un trauma farlo, ricordarlo, rievocarlo. Vederne le fotografie. Le riprese. Invece, ieri sera, ci è apparso arido, senza emozioni, senza reazioni, e perfino, ecco la sorpresa per cui dovremo ricrederci sull'animo umano, senza parole. Come un atto insignificante, lo fai e te ne vai, lo rivedi e non ci pensi. Perché, ieri, l'assassino lo ha rivisto: il filmato veniva proiettato, al ralenti, nel tribunale che lo giudica. Enrico Incognito, un mafioso scaricato dal suo clan, dunque un ex mafioso, sta registrando le proprie dichiarazioni su una videocassetta. Sbraita, urla, gesticola, minaccia. Sua madre, grassa, seduta, testa bassa, sguardo ottuso, piange. Perché? Sospetto atroce: forse sa che quel figlio sta per essere ucciso dall'altro figlio. Suonano alla porta. E' il vicino di casa. Insignificante. L'insignificante si scansa, dietro di lui si affaccia il fratello della vittima, in missione speciale: ha una pistola in mano, la impugna con ambedue le mani, per non fallire. Un colpo, due, l'urlo della vittima. Nient'altro. Ieri in tribunale, il fratricida ha rivisto le scene, con nervi immobili, cervello calmo: come se vedesse un film. Solo, con le dita rigirava un fazzoletto, e prima di essere portato via ha salutato i familiari. Non spiegazioni. Non imprecazioni. Non scuse. Men che meno, crisi o pentimenti. Siamo «al di là del bene e del male», in un altro mondo, dove una guerra totale crea nuovi fratelli: i fratelli di prima non sono più niente. Tra i due mondi, non c'è spiegazione possibile. Se la madre che piange a testa china sa tutto e non dice niente, è perché «niente è dicibile». In tribunale, ieri, non è che i familiari avessero il problema del «come è stato possibile», dell'aver allevato un Caino: non si aspettano chiarimenti. Solo un saluto. Quello che per noi non si può nemmeno pensare, per altri non si può evitare: la colpa non è farlo, la colpa è non farlo. Farlo è naturale. Ciò che è naturale, non ha bisogno di spiegazione: esso fonda le altre spiegazioni. Si discute molto se dovevamo vedere la cassetta, o se era meglio nasconderla alle famiglie, ai bambini, all'opinione pubblica. Certo, non si poteva vederla senza angoscia e senza vergogna: ma la scelta era tra angoscia nella verità, o serenità nell'ignoranza. La mafia, certamente, preferiva la seconda. Ferdinando Camon Marcello Incognito

Persone citate: Ferdinando Camon Marcello