Ai magistrati aveva detto «Ho visto tutto, vi aiuto io» di P. Sap.

AÌ magistrati aveva detto «Ho visto tutto, ¥i aiuto io» AÌ magistrati aveva detto «Ho visto tutto, ¥i aiuto io» RETROSCENA IN MANETTE LMERANO A mamma non apre la porta. E' buia la sera. Ed è fredda Merano. Bisogna scendere cinque scalini, nell'interrato di questo condominio aperto a ventaglio su una strada dove i Tir passano e mandano i loro ruggiti e la loro fatica. Mamma Concetta. E cinque figli. Uno è lui, Luca. Il testimone. O l'assassino, come vogliono i magistrati, come dicono i telegiornali, come scriveranno i giornali. Arriva l'eco dei tiggì, nella sera buia. Una porta socchiusa e una faccia sul taglio di luce: «Luca è un solitario, pochi amici e poca vita. Uno dei suoi amici è morto quattro mesi fa, si chiamava Arturo Staffida ed era un lupo come lui, sempre da solo. Ma Luca è un testimone di questo delitto. Non è l'assassino». Il supertestimone nasce così, per caso. A volte la vita e le storie sono piene di beffe. Anche quella di Luca Nobile è una bella beffa. Lui legge sui giornali che c'è qual- cuna che ha visto l'assassino di Hans e Clorinda sulla passeggiata d'invernò, quella sera di giovedì, e dice che l'ha visto scappare. Allora, il giorno dopo Luca si presenta dai magistrati. «Io ero lì giovedì sera, dall'altra parte del ponte, e ho visto qualcosa», racconta. Quella dei giornali era una notizia inventata, come capita qualche volta o tante volte. Ma adesso, secondo gli inquirenti, possiamo dire che anche la testimonianza di Luca era inventata. La beffa, per ora, non capiamo ancora da che parte sta. Un inquirente: «Ha avuto paura. Ha pensato, qualcuno può avermi visto, e allora si è presentato». Avrebbe raccontato e cercato di capire. Alla fine, il testimone è diventato lui. Dall'altra parte del ponte, saranno duecento metri da dove hanno ucciso Hans e Clorinda. Non si può essere precisi da quella distanza. Ma poi ammazzano il povero Berto sulla statale dei Tir e tre giorni dopo, sabato, lui dice a Cono Tarfusser, il magistrato che lo ascolta: «Quella sera son passato lì». Due delitti e c'è sempre lui. Ecco, il supertestimone è nato così. Solo che anche il sospettato è nato così. Nello stesso momento. Perché Tarfusser comincia ad ascoltarlo con altre orecchie e controlla se dice bugie e lui ne dice, anche di evidenti. Eppure, c'è qualcosa di confuso, e di strano, in tutto questo. Qualcosa che ci sfugge, come se niente di quello che sta per accadere fosse ancora vero. Come se questo fosse ancora uno sceneggiato, per qualcosa o per qualcuno, e la venta forse verrà solo alla fine. Strano giallo, questo di Merano. Nello scantinato dove abita Concetta Sotta, la mamma di Luca, le luci sono opache, tristi. Il vicino di casa con le pantofole ai piedi e un cellulare in mano: «Ha sempre avuto dei problemi di adattamento. E' un solitario, ma non ha mai dato fastidi a nessuno». E dall'altra parte della strada, in mezzo ai campi di mele, nella casa del povero Berto, la zia Angela con le lacrime agli occhi: «Io non lo conoscevo questo qui. L'ho mai visto e sono quasi sicura che neanche Berto lo conosceva. L'avrei saputo, no?» Ma gli inquirenti dicono di sì, che si conoscevano. «Qui, lui non è mai venuto. Ci fosse stato, me lo sarei ricordato». C'è sempre qualcosa che manca, un cerchio che non si chiude. Tarfusser dice di aspettare domani per capirci qualcosa di più. Proviamo a farlo, perché così non ci si riesce. Via Damiano Chiesa ha le luci delle macchine che passano e di una notte di vento. I carabinieri cercano ancora qualcosa da queste parti. Un'arma, di sicuro. E poi qualcosa sparita a Hans e Clorinda, qualcosa che manca a loro e al testimone, o all'assassino. Che manca a loro, e a tutti, anche a noi. [p. sap.]

Persone citate: Arturo Staffida, Berto, Concetta Sotta, Cono Tarfusser, Mamma Concetta, Tarfusser

Luoghi citati: Merano