Niente delfini, solo «yesmen» dietro al padre della Patria di Giuseppe Zaccaria

Niente delfini, solo «yesnten» dietro ni padre dello Patrio Niente delfini, solo «yesnten» dietro ni padre dello Patrio RETROSCENA LA SUCCESSIONE DIFFICILE INVITIAMO tutti a reagire con calma e contegno», dice il comunicato della Presidenza, con questa frase rivelando la preoccupazione che si diffonde. Alija Izetbegovic è in ospedale, questa volta non per un controllo: e adesso che cosa succede? Un fatto è sicuro: per le direttive più importanti il Presidente si affiderà sempre e soltanto a Kemal Muftic, 48 anni, il suo portavoce, segretario, uomo di fiducia. Un vero e proprio alter ego: a questo signore taciturno (che pure parla cinque lingue fra cui il cinese: ha studiato all'Università di Pechino) per un periodo imprecisato saranno affidati i passaggi più importanti della politica di Sarajevo. Comunque vadano le cose, a pochi passi dalla fine del guado, d'un tratto la Bosnia riscopre che cos'è l'ansia. Se le condizioni del Presidente dovessero peggiorare, la degenza prolungarsi, a chi toccherà gestire la nuova, delicatissima fase? Nelle ultime settimane Izetbegovic aveva moltiplicato apparizioni pubbliche e messaggi allo scopo di rassicurare quelli dell'altra parte. Senza grande successo, si direbbe, visto che i serbi di Grbavica e Vogosca continuano ad abbandonare le case, eppure firmando in qualche modo un impegno alla tolleranza, garantendolo con la sua stessa persona. Adesso, chi mai potrà tener fede a quelle promesse, posto che chi le ha fatte è in ospedale e non si riesce a capire chi potrebbe succedergli? I miti non si sostituiscono, è evidente, ma al di là di questo la Costituzione bosniaca non aiuta a capire chi potrebbe far da supplente al padre della Patria. Alija Izetbegovic è un «primus inter pares» nella presidenza collegiale, la personalità eletta senza discussioni da un gruppo di sette saggi. La composizione stessa del Consiglio esclude la figura di un vicepadre, di un candidato alla successione. Se non nelle regole, però, almeno nei fatti un candidato ci sarebbe ed è Ejup Ganic, già vicepresidente della Federazione fra Bosnia ed Erzegovina e per tre anni paziente tessitore dell'alleanza. Per storia e statura politica, Ganic appare l'unico in grado di supplire all'assenza (si spera temporanea) di Izetbegovic. Eppure da un anno e mezzo, dopo uno strano incidente stradale in Erzegovina che per poco non gli costò la pelle e lo ha condotto poi per gli ospedali di mezza Europa, Ganic è apparso defilato dalle grandi scelte. La sua fedeltà al capo è indiscussa, un po' meno la sua totale aderenza al sogno di uno Stato che sia contemporaneamente democratico, multietnico ed islamicamente orientato. Dell'«Sda», l'onnivoro partito al potere, Ganic rappresenta nello stesso momento un pezzo di storia e un frammento d'identità laica sopravvissuto alle spinte totalizzanti della guerra. Un mese fa, quando proprio in nome dei laicismo il primo ministro Silajdzic si dimise per correre da solo, per qualche giorno anche Ganic venne inserito fra i protagonisti della secessione. Poi però è rimasto dov'è e questa dimostrazione di coerenza oggi potrebbe giovargli più dell'importante passato politico. C'è poi un secondo fattore, pressoché decisivo: la statura dei concorrenti. Un rapido giro d'orizzonte oggi non rivela nella Bosnia liberata un solo poh- tico in grado di succedere ad Ahja. Il nuovo primo ministro, Hasan Muratovic, è un simpatico signore che per anni ha tenuto i rapporti con le organizzazioni internazionali, se l'è cavata alla meglio come ministro della Sanità ma da Izetbegovic è telecomandato. Senza il Padre della Patria appare smarrito. Piuttosto allora, in alternati¬ va a Ganic, l'Sda potrebbe pescare nelle strutture interne, puntando su un personaggio che non riveste cariche istituzionali ma nella vita del partito ha grande influenza. E' Ethem Bicekcic, figura non di primo piano ma vicepresidente dell'Sda e soprattutto, come direttore generale dell'azienda elettrica, persona che detiene molte leve di potere. Ci vuole ben altro per succedere a un mito, eppure non si vedono personalità che possano tener testa non tanto alla figura di Alija, quanto al peso dei problemi che giorno per giorno si dovranno affrontare. Meno di un mese e la riconquista dei quartieri serbi dovrà essere preceduta e seguita da una politica di grande tolleranza. Le spinte interne, i tentativi di ritorsione e vendetta dovrebbero trovare qualcuno cosi autorevole da stroncarli, poiché altrimenti non c'è polizia che tenga. Ancora: con la smobilitazione, continua a crescere in Bosnia la massa dei giovanotti che dopo tre anni di trincea ritrovano città devastate, tramutate in grande retrovia americana (come Tuzla) o terreno di caccia per banditi e approfittatoli di guerra. Gli eroi dì ieri oggi non hanno lavoro, non hanno stipendio, non hanno prospettive e cominciano a costituire una minacciosa fazione. In questo quadro, si fa concreta anche la prospettiva delle elezioni, le prime del dopoguerra. Fra pochi giorni Silajdzic darà ufficialmente vita al suo partito laico ed europeista, gli ex comunisti lo guardano come possibile sdoganatore del loro isolamento. Privo della guida indiscutibile di Alija, l'Sda comincia a scoprire le insidie della pace. Giuseppe Zaccaria

Luoghi citati: Ahja, Bosnia, Europa, Sarajevo