Fisco, il cavallo della destra di Massimo Giannini

Con il faccia a faccia tv tra Prodi e Tremonti, ritorna lo scontro tra «liberismo» e «solidarietà» Con il faccia a faccia tv tra Prodi e Tremonti, ritorna lo scontro tra «liberismo» e «solidarietà» Fisco, il cavallo della destra Ma la sinistra: è solo propaganda IL CASO LA BATTAGLIA SULLE TASSE E ROMA allora, dove eravamo riI masti? Massi, al marzo del '94, quando il forzitaliota ed euroscettico Antonio Martino - anticipando inconsapevolmente l'idea della rozza ma semplicissima «fiat tax» lanciata ora dall'americano Forbes - arringava le folle proponendo una sola aliquota Irpef (al 33%), e detrazioni uguali per tutti. Eravamo rimasti al marzo del '94, quando Silvio Berlusconi, «mercante» delle Tv, vendeva sul mercato politico l'abbattimento «di un apparato fiscale patologicamente complicato e iniquo per il contribuente», e quando Lamberto Dini - Rospo, tecnico in quota al Polo, non ancora trasformato in Principe politico dalla fulminante «grazia di Stato» incontrata a Palazzo Chigi, giurava che «ridurre la pressione fiscale sarà una scelta strategica del governo»... La storia, tra stangatine e manovre-bis, è andata poi diversamente in questi due anni trascorsi nel frattempo. Ma nel già rovente clima della campagna elettorale, oggi come allora, si riparte appunto da lì. E cioè dalle stesse, pirotecniche «promesse» che in gran parte decisero l'esito del voto del 27 marzo 1994: meno tasse, mai più «oppressione fiscale». Perché al di là di tutto - già dimenticati i suggestivi ma bizantineggianti dibattiti sulle riforme costituzionali e i semipresidenzialismi - gli italiani al voto, col portafoglio in mano, questo e poco altro vogliono sapere: chi, e perché, ci farà pagare cosa. E quindi, da un paio di giorni, Destra e Sinistra hanno ricominciato a spararsi reciproche bordate sui rispettivi «libri dei sogni» in materia fiscale. Con un filo conduttore, esattamente lo stesso di due anni fa. La Destra, cioè, pronta di nuovo a cavalcare con gaudente e un po' sprezzante sicumera la protesta dei «presunti» evasori: dei piccoli imprenditori, dei commercianti, dei professionisti, contro le cento tasse, i «ricavometri» e l'odiatissimo contributo del 10% all'Inps. In difesa, al solito, degli «schumpeteriani» e rampanti spiriti animali del capitalismo, rinfrescati nelle acque del laghetto di Arcore: più libertà d'impresa e più Ubero mercato, meno Stato e meno solidarietà. E poi la Sinistra, al contrario sempre schierata in difesa dei più deboli, i «presunti» tartassati del lavoro dipendente; ed anche, alla fin fine, più propensa al rigore, quindi sempre un po' più mesta, nella sua «filosofia» dei sacrifici. A guardare «Linea 3», giovedì scorso, si è avuta quasi una dimostrazione fisica e antropologica, oltre che politico-sociale, di questa contrapposizione. Da una parte c'era l'ispirato leader dell'Ulivo Prodi, dall'altra, il pragmatico, caustico Tremonti, già ministro delle Finanze del governo Berlusconi. «E allora Romano - ha esordito Tremonti - con una Finanziaria da 100 lire da fare, come distribuiresti tagli di spesa e nuove tasse?». «Ma via Giulio - rispondeva Prodi non si può semplificare così...». E l'altro, con una raffica di do- mandine brevi, certo riduttive ma incalzanti: «Non ti sembra opportuno ridurre la pressione fiscale? Non credi che occorra rifare la riforma delle pensioni, invece di introdurre nuove im- I poste? E quella vergogna della tassa del 10% che gli autonomi devono versare all'fiips? La aboliresti?». Il leader dell'Ulivo si difendeva, qua e là vacillando: «La pressione fiscale è alta, ma noi non dobbiamo distruggere lo Stato sociale, la più grande conquista di Paesi come l'Italia, la Francia e la Germania. Lo so che a te, che te ne stai nel tuo ricco studio tributario, non ti importa dei deboli e del Sud...». E la tassa del 10% per gli autonomi? «Certo - replicava Prodi - si potrebbe modificare, ma è nella legge di riforma sulle pensioni...». La Destra, dunque, rilancia i suoi proclami e i suoi slogan: semplici, anche troppo. «E' ora di finirla con questo fisco sovietico», ha sparato Berlusconi. E come due anni fa, il solco tracciato dal Cavaliere lo difende Martino, con un piglio addirittura più pugnace e più incline ai secessionismi di un leghista alla Boso che all'aplomb di un professore allevato alla scuola di Chicago: «Alcune categorie - dice - sono state particolarmente colpite negli ultimi tempi e c'è il concreto rischio che entrino in rivolta». Musica, per le orecchie dei già esagitati «padroncini» del Nord. Che infatti plaudono. Persino quelli, per solito più miti, del ricco Veneto: «Fino ad oggi, dice Dino Menarin, direttore degli industriali di Vicenza - qui al Nord Est abbiamo retto perché la Chiesa e le associazioni hanno canalizzato le proteste. Ma ora, anche questi filtri rischiano di saltare». «Il pericolo c'è - chiosa Martino - e le rivolte fiscali si sa come cominciano ma non come finiscono. Ecco perché dobbiamo evitarle, riducendo la pressione tributaria». Messaggi un po' grezzi ma rassicuranti, da Fisco neo-corporativo e poco sensibili al tema della progressività dell'imposta, quelli della Destra. «Tipici da campagna elettorale», sbotta ancora Prodi. La Sinistra, a questo gioco, non ci sta. E dunque lancia messaggi più pensosi e problematici, perché danno corpo a un'idea di fondo, l'equità sociale, bella ma per ora purtroppo mai raggiunta. E dunque messaggi anche meno graditi, nell'immediato, al cittadinoelettore: «Ma via - taglia corto il pidiessino Vincenzo Visco - serve sicuramente una seria riforma del Fisco, che riduca le imposte a 7 o 10 e le aliquote dell'Irpef, ma nel breve periodo non si può ridurre la pressione fiscale. Sarà possibile solo quando sarà ultimato il risanamento e saranno calati i tassi di interesse: allora sì che la pressione tributaria potrà ridursi di 2-4 punti. Ma non ora». Luigi Spaventa, economista dell'Ulivo e già avversario diretto di Berlusconi nel collegio di Roma alle elezioni di due anni fa, <conferma: «Meno tasse? Impossibile osserva - anzi per contenere il deficit pubblico occorrerà una manovra bis da 15 mila miliardi subito. E poi, per il futuro, se il ricavometro funziona, bene. Altrimenti serviranno ulteriori aumenti d'imposta. Come? Esercitando la fantasia o aumentando l'Iva...». Insomma, in questa Italia gattopardesca, dove tutto cambia senza in realtà cambiare mai, la campagna elettorale del '96 ruota e si avvita intorno al Fisco. Ricalcando così, pari pari, il copione di quella del '94. La Destra vende miracoli, la Sinistra dubbi. Come finirà? Massimo Giannini A destra, Giulio Tremonti, che fu ministro delle Finanze nel governo Berlusconi Sotto, l'economista Luigi Spaventa Martino parla di «rivolta» Spaventa: impossibile ridurre

Luoghi citati: Arcore, Chicago, Francia, Germania, Italia, Roma, Vicenza