«La sentenza? Si commenta da sola»

Di Pietro, dopo sette ore di deposizione, ha atteso il verdetto nella sua casa a Cumo Di Pietro, dopo sette ore di deposizione, ha atteso il verdetto nella sua casa a Cumo «la sentenza? Si commenta da sola» // legale dell'expm: per noi tutto coni 'eraprevisto BRESCIA. «Verdetto inaspettato?». Non è d'accordo Massimo Dinoia, l'avvocato di Di Pietro. Dice poche parole, ma sulla sua faccia la soddisfazione è palpabile pochi istanti dopo la lettura della sentenza. E spiega: «Ero tranquillo. Le cose sono andate come rielle nostre previsioni. Questa sentenza si commenta da sola». Poi Dinoia saluta, sorride e se ne va. Toccherà a lui, dopo le 10 della sera, avvertire il suo assistito, quell'Antonio Di Pietro barricato nella sua casa di Curno ad aspettare la telefonata che lo toghe da un (primo) incubo. Finisce così, con una bella vittoria, la giornata pesantissima dell'ex pm, la prima (e per ora unica) in cui il simbolo di Mani pulite è stato in un'aula di tribunale in veste di imputato. Tanto pesante chej nel pomeriggio, ad un certo punto si era anche messo ad urlare, Di Pietro: «No, non posso accettare... va contro tutto quello che ho fatto». La sua voce aveva superato le porte (chiuse) dell'udienza preliminare e il cordone dei carabinieri, per planare sulle teste dei giornalisti e dei curiosi che aspettavano l'evento. La scena era questa: Di Pietro è in piedi. Davanti c'è il gip Spanò che deve decidere. Fa le domande, alcune gliele suggeriscono Salamone e Bonfigli. Di Pietro spiega, fa una premessa, racconta di quegli anni. «Se va avanti così, Di Pietro parla per 4 giorni. Forse vuole battere il suo record, quell'interrogatorio l'estate scorsa lungo 18 ore», diceva Silvio Bonfigli in una delle tante pause. E invece no: sono solo sette ore filate. «Giusto perché è partito da Adamo ed Eva», commentava acido Fabio Salamone che in aula toglieva e metteva gli occhiali da sole e in bocca teneva un sigaro pure lui, sottilissimo, come Antonio Di Pietro che il primo giorno esibiva un mezzo toscano. Blindati in quell'aula, davanti al giudice Spanò, non è potuto entrare nessuno. 0 almeno non avrebbe potuto. Visto che dentro è riuscita ad entrare Maria Paola, postina di Brescia con gli occhiali da sole e il caschetto di capelli rossi. «Scusi, e lei?», le hanno chiesto i giornalisti. Non ha risposto, ed è scappata via. Si sa che è potuta entrare perché aveva due telegrammi da consegnare, mittente una certa Claudia di Firenze. Uno per Antonio Di Pietro, l'altro per Fabio Salamone. «Ma erano tutti e due di solidarietà per lui», diceva poi con sincerità il pm bresciano, uno dei due grandi accu¬ satori dell'ex pm. Per parlare di solidarietà si è fatto vedere anche Aldo Busi. A palazzo, solitario, è arrivato alle 10. Quando Di Pietro era già dentro, quando il giudice Spanò aveva già detto: «Senta, dottor Di Pietro, mi dica...». «Sono qui a trovare ispirazione per il mio nuovo libro», diceva lo scrittore che abita a Montichiari, 20 chilometri da qui. Ma poi ha aggiunto: «Di questo caso, con tutta questa confusione, oramai si può occupare solo uno scrittore. Solo uno scrittore sa dividere le facce dalle facce di tolla». Senta Busi, e Di Pietro in politica? Acida la risposta: «Gli italiani si riconoscono di più in un criminale che la fa franca che non in un uomo onesto». Giudizio condiviso da un signore anziano, loden verde e lingua sciolta. Al passaggio del suo (ex) pm preferito gli ha urlato: «Non entri in politica che è tutta gente sporca». Si è divisa la platea su Antonio Di Pietro. Di fronte a tanta partecipazione un funzionario della Digos si chiedeva perplesso: «Avranno mica scambiato l'ex magistrato per 0. J. Simpson?». Nel trambusto di telecamere, fotografi e giornalisti arrivava un'altra voce: «Non si abbatta Di Pietro, tanto vincerà lei». E non si capisce se si riferisse a questa duplice udienza prehminare o al futuro politico di Di Pietro. Futuro che l'ex magistrato continua a smentire. Almeno fino a che non saranno chiarite tutte le vicende giudiziarie. Impossibile chiedere a lui un parere su questo. Di Pietro, a fine udienza, dispensava solo sorrisi aperti e nulla più. Sorrisi che stridono con quelle urla che arrivavano dall'aula. Sorrisi che sono l'unica testimonianza, fotografica e televisiva, di Antonio Di Pietro nella veste di imputato. E sorrideva l'ex magistrato quando, ore 9,15, ha fatto U suo ingresso nel palazzo di giustizia verdolino. Loden blu, giacca di tweed verde, cravatta scura, in mano due borse di pelle marrone piene di carte, di documenti, della sua autodifesa. «Si vede che è stato un pubblico ministero, si vede che è abituato a parlare nei processi», spiegava il giudice Spanò. Ha parlato a lungo Antonio Di Pietro. Quando è fuori dall'aula sorride. E scivola tra i fo¬ tografi che lo seguono passo passo. «Anche qui, venite... Ma mi fate andare almeno in bagno?», chiedeva, ma è quasi una supplica. Al cronista che gli chiedeva come andrà a finire, rispondeva secco: «E già, lo dico a te che poi lo scrivi». Non diceva nulla, lui. E due minuti dopo la fine dell'udienza, quando il giudice Spanò si ritirava a decidere, lui se ne è andato. Le borse in mano, è salito sulla Tipo bianca della moglie. Destinazione Cumo, ad aspettare la telefonata del suo avvocato. Che è arrivata, liberatoria, poco dopo le 22. tf. poi.]

Luoghi citati: Brescia, Curno, Firenze, Montichiari