«Perfavore non parlate di Ylenia» E fra le lacrime parte l'acuto
«Perfavore non parlate di Ylenia» E fra le lacrime parte l'acuto «Perfavore non parlate di Ylenia» E fra le lacrime parte l'acuto DEDICATA a quelli che da bambini credevano che Al fosse il nome e Bano il cognome. E impararono a scrivere scarabocchiando quelle tre sillabe su una cartolina-voto di Canzonissima. Eccolo lassù, il vostro vecchio eroe, sul palco delle prove, come in un fotomontaggio di ricordi: il giubbotto nero, lo stesso di allora e di sempre, gli occhialini rettangolari, i pantaloni a zampa di elefante obeso che avvolgono, circumnavigandoli, gli stivaletti rialzati. E U ginocchio senza tempo, che si piega durante il refrain («E vaaaaa ») come quello di un portiere davanti a un calcio di rigore. La bbona di regime Valeria Mazza, in prima fila, tira fuori un fazzolettino di carta firmato e si soffia il naso. Funziona, il signor Bano, funziona sempre. Almeno, sembra. «Ho paura che a metà canzone mi cada per terra», sta dicendo Pippo Baudo in platea, mimetizzato dietro un cesto di fiori spilungoni, senza mai staccare gli occhi da quel ginocchio piegato. «Si tiene tutto dentro, è fatto così. Ma so io cos'ha sofferto. Ho passato ore a sostenerlo. Sono un padre anch'io. E una figlia è una figlia, mica un cane». Sul palco la voce dèi padre si abbassa all'improvviso: «In un silenzio fatto per pregare, forte un dolore sale a farmi male». Non è musica, ma terapia di gruppo. Non volendo più parlare del suo dolore in pubblico, Al Bano ha deciso di cantarlo davanti a venti milioni di intimi. E' una di quelle operazioni che sembrano fatte apposta per spaccare in due il Paese e il cuore di ognuno, con la metà angelica che si commuove e quella diabolica che fiuta odore di speculazione. Per ora sembra vincere la metà angelica. Si è capito l'altra sera, quando Marco Bernardini di «Tuttosport» ha osato chiedere ad Al Bano quello che qualunque telespettatore moriva dalla voglia di sapere: se la sua presenza a Sanremo, e con una canzone così scopertamente allusiva, lo metteva a disagio. Baudo gli ha dato sulla voce, grondando indignazione per cotanto ardire, e il popolo auditel lo ha seguito compatto, intasando i centralini del Festival con telefonate di protesta: «Lasciatelo in pace, povero Al Bano». E lasciamolo in pace, come ha fatto madonna Romina che gli ha telefonato il suo «in bocca al lupo» un'ora prima della gara, perché la parte di mamma depressa che il destino le ha cucito addosso non è fatta per lei. Così dopo tempo immemorabile la signora Power non è qui sul palco a fare da controcanto al marito con la sua voce flebile e giudiziosa: «Sono rimasta a casa, a Cellino. Venivo sempre a Sanremo per fare contento lui, ma il Festival è infido, a me non è mai piaciuto». Lasciamolo in pace, come implorano i suoi discografici che gli fanno prendere i pasti da solo e lo hanno esiliato su un albergo in cima a una scogliera, manco fosse lord Byron. Lasciamolo in pace come intima Pippo B., il suo consolatore delegato: secondo lui al Festival esisterebbe «un patto non scritto fra gentiluomini: di Ylenia non si parla». Per questo ha digrignato contro il giornalista che voleva ficcare il naso nel dolore altrui. E allora lasciamolo in pace, come in fondo chiede lui stesso, il muto signor Bano, in uno sprazzo irrituale di loquacità: «Se non parlo non è per cattiveria, ma perché sono stufo di piangere in pubblico». Ma non di cantare. «E vaaaa...». Sta sparando un acuto, uno di quei suoi acuti che un tempo spaccavano i bicchieri e adesso riescono ancora a farli tremare. «E vaaaa...» e l'insospettabile Mazza si asciuga le preziose palpebre col dorso della mano, mentre Baudo protegge le sue dietro gli occhiali scuri. In compenso, a nome della nazione tutta, tira su col naso. Massimo Grameilini
Persone citate: Bano, Baudo, Cellino, Marco Bernardini, Mazza, Pippo Baudo, Valeria Mazza
Luoghi citati: Sanremo
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