«lo, do carnefice a vittima»

«lo, do carnefice a vittima» «lo, do carnefice a vittima» «Prestavo soldi, poi mi sono rovinato» INTERVISTA CRAVATTARO PENTITO SROMA É proprio volete, diciamo usuraio. Ma io li chiamo persone che danno un finanziamento». Il signor Claudio, romano, 40 anni circa, piccolo imprenditore con Mercedes, ha un moto di fastidio verso la parola «usuraio». Preferisce la dizione «persona che dà un finanziamento». Ne parla con una cautela che sfuma nella reticenza perché conosce bene l'ambiente. Ovvio, per qualche anno è stato il suo secondo lavoro. Claudio era una «persona che dava un finanziamento». Uno strozzino. Che s'è trovato rapidamente dall'altra parte: da carnefice a vittima di altri usurai. Il tutto all'ombra delle filiali di banca. Oggi è al centro di varie denunce - lui contro il direttore di banca per truffa, un paio di debitori contro di lui per minacce assistito dall'avvocato Antonio Capitella. Claudio, come ha cominciato? «Io ancora mi dico cretino, ingenuo e stupido. Tutti i miei guai sono iniziati per colpa di un direttore di filiale. Se ne potrebbe parlare a lungo, di questi signorini delle banche, che si credono dei padreterni perché con la loro firma bloccano e sbloccano assegni. Il negoziante e l'imprenditore pensano solo a loro, ai direttori. E quelli se ne approfittano. Eh, quanti milioni in buoni-benzina ho elargito!». Va bene, ce l'ha con i funzionari di banca. Ma i suoi prestiti? «Cominciarono perché il direttore un giorno mi chiama da parte e mi dice: me lo fai un favore personale? Certo, Ci manca solo che mi tiro indietro. Quello ti rovina con una sola firma. Dunque mi dice: c'è una persona che mi sta a cuore e che in questo momento è in difficoltà. Tu gli stacchi dieci assegni da dieci milioni l'uno. Lui ti rimborsa presto. E intanto io ti aumento il fido, da cinquanta a cento milioni. E ti raddoppio pure il castelletto, puoi scontare cambiali fino a cento milioni». Lei accetta? «Sì. Passa qualche tempo, altra proposta. Sai, c'è un mio amico con l'autosalone, non lo potresti aiutare? Un altro sul punto di scoppiare. Cento milioni anche a lui e così vado a duecento. Solo che quelli non restituivano mai e io ero andato pesantemente in rosso. Ho fatto ricorso al fido. Però s'era aperta una voragine». Scusi, ma lei prestava in giro così tanti soldi per niente? «Nessun interesse. Il mio unico scopo era quello di fare un piacere al direttore della filiale». Mi perdoni, è poco credibile. Comunque questa è la «sua» verità. Come è andata a fini' re? «Che quel direttore ne ha fatte troppe. E' scoppiato lo scandalo, lo hanno cacciato, la direzione ha mandato uno nuovo. Quello guarda i conti e mi manda a chiamare: lei non ha le garanzie, è troppo esposto, deve rientrare al più pre- sto. Per me è il disastro. La mia attività per fortuna va bene, incasso molto e spesso. Ma ogni lira se la prendevano loro. Badi che ero arrivato a tre-quattrocento milioni di scoperto. Ce la facevo a malapena a pagare gli interessi passivi». Insomma, si è trovato dall'al¬ tra parte della barricata... «Esatto. Ma non ho perso la testa. Mi sentivo le spalle sicure perché ho un certo giro d'affari. Le posso giurare di non aver mai fatto pressioni su nessuno. Se quelli non potevano pagare, amen. Io ce l'ho con il furfante che mi ha messo in sta, per quanto mi riguarda il debito è chiuso. C'ha provato a protestare. E io gli ho detto: guarda che io mica m'ammazzo, t'ammazzo a te. Fine del discorso. L'altro mi prendeva tre milioni e mezzo al mese di interessi. Mai una minaccia, solo tante telefonate, ma c'è da dire che ero puntuale. Poi per fortuna mi è entrato un pagamento grosso, più di cinquanta milioni. Glieli ho dati tutti in un colpo e ho ripreso gli assegni che avevo lasciato in pegno». E la banca? «Lì il debito è cresciuto a dismisura. Sono arrivato a un miliardo di scoperto. Poi ho avuto un colpo di fortuna. Sono riuscito a vendere per duecento milioni un appartamento anche se non si poteva. Il notaio non se n'è accorto, peggio per lui. Sono sceso a ottocento milioni. Mi restava l'ultimo appartamento e ora me lo pignorano. Ma io sono libero». Francesco Grignetti «Avevo cominciato per fare un favore al direttore di un istituto di credito» A sinistra il treno «antiusura» A destra oggetti sequestrati durante un'operazione contro gli strozzini mezzo. Intanto anche in una seconda banca, dove avevo il conto, avevano saputo delle mie difficoltà e facevano pressioni. Alla fine ho trovato un paio di persone che concedono finanziamenti. Ho preso venti milioni a Ciampino e cinquanta a Ostia per tamponare due situazioni. Ma da quel momento, e per un paio d'anni, ho pagato gli interessi solo a loro». Quanto ha sborsato? «A quello di Ciampino ho dato in tutto quaranta milioni. Poi un giorno mi sono stufato, l'ho chiamato e gli ho detto: aho! mo' ba¬

Persone citate: Antonio Capitella, Francesco Grignetti

Luoghi citati: Ciampino