Nuove ombre intorno a Vanni

Firenze, l'inchiesta punta ora sull'uccisione dei due fidanzati nell'84 Firenze, l'inchiesta punta ora sull'uccisione dei due fidanzati nell'84 Nuove ombre intorno u Vanni «Conosceva la radura degli amanti» FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Il passato. C'è nella sfera e lo stregone lo legge, attento a non commettere errori, ispirato, vigile, disponibile. Il mago del Messico, come lo chiamano, ha un testone bianco, la barba bianca, le mani bianche, con le dita appesantite dagli anelli. Alla polizia interessava il tempo che fu, conoscere i dettagli dei sabba nella casa di San Casciano, a pochi passi dalla piazzola dove il «mostro di Firenze» nell'85 ammazzò per l'ultima volta. Quella nella quale, secondo un teste, passava anche il Pietro. Lui, il mago, arrivava con un camper e dentro ci aveva un po' di tutto. Cinque ore per ricordare, raccontare, ricollegare. Per leggere la verità, parola di Manuelito. Si fa chiamare così, perché è più esotico e la gente appare stimolata dalle cose che non conosce. In realtà Manuelito ha un nome più bello, si chiama Francesco; il cognome è anonimo: Verdino. Ha 51 anni, originario della provincia di Catania, un passato un po' opaco con un paio di scivoloni per questioni di armi e rapina. Ha studio a Firenze e altrove. Se la intendeva, lui pure, con Milva Malatesta, la poveretta ammazzata col figlio di tre anni e bruciata nell'auto, nell'estate '93, la stessa in cui fu assassinato anche Francesco Vinci, uno del clan dei sardi, uno che dissero che era il mostro, uno che forse sapeva troppo. Testimone informato dei fatti: Manuelito i fatti li conosce bene. Quando era in vita Salvatore Indovino, lui pure mago in servizio permanente effettivo, di rado Manuelito mancava a una messa, di quelle rigorosamente nere. Una deposizione definita «interessante», chissà se è stata anche utile. Il sentiero che le indagini tentano di percorrere a ritroso sembra morire nel buio. Ma già qualcosa, dicono gli inquirenti, si intravede. Ed ecco lumi, sostengono, sul delitto del 1984, quello di Vicchio, dove furono uccisi Claudio Stefanacci e Pia Rontini. Ora che lo hanno indicato lui pure come mostro, Mario Vanni, l'amico di merende del Pietro, deve difendersi da una valanga di accuse. Oggi il tribunale della libertà de- cide se debba essere scarcerato, la procura gli sbarra la strada e ha inviato in cancelleria nuove carte. Il delitto di Vicchio, allora. Perché, dicono i testimoni a carico, lui la conosceva bene la radura dove furono trucidati i ragazzi. C'è il racconto di «Alfa», Fernando Pucci, che dice: «Sono stato con "Beta" in quella radura a spiare le coppiette. So che lui ci andava anche con la Pippa». Non è una qualsiasi, la Pippa, è Filippa Nicoletti ed è stata la donna del mago, quello che di cognome faceva Indovino ed è morto dieci anni fa. Domenica hanno portato Pippa in zona e lei si è diretta alla radura. «Sì, venivamo qui. C'erano altre coppie». Sarebbe stato «Beta», Giancarlo Lotti, a raccontare a Vanni di quella piazzola in fondo a un sentiero quasi invisibile come di un palcoscenico di prim'ordine. «Ci sono in tanti, c'è anche una coppia su una Panda celeste. Vale la pena». L'auto del Claudio era di quel colore. E Vanni, dice Renzo Rontini, fu visto con Pacciani aggirarsi nei pressi del bar dove lavorava la Pia. Avvenne il duplice omicidio e, racconta ancora «Beta», una volta nel bar Centrale di San Casciano lui cercò di parlarne proprio con l'ex postino. Ma Vanni tagliò corto: «Zitto! Ci può essere un poliziotto». Un localino di prim'ordine, quello di San Casciano, dove molti sapevano molto ma dal quale una notizia è saltata fuori solo un anno più tardi, dopo che gli inquirenti avevano messo sotto controllo anche i telefoni. «Sì, Lotti m'ha parlato di quella piazzola, ma io 'un ci sono andato», ha protestato «Torsolo» con i magistrati che lo interrogavano. E poi, come fanno a dire che la sera in cui vennero ammazzati i francesi lui era lì, intorno alla tenda, con un coltellaccio in mano? «Ero ni' mi' letto, a dormire». Lo sa bene, ormai, che è sempre stata la stessa mano a tagliare il seno sinistro e il pube delle vittime. Ma lui, Torsolo, che c'entra con tutto questo? E anche sulla lettera di Pacciani, che gli aveva procurato tanti batticuori, nulla da dire: il Vampa, dice, si lagnava per la denuncia per stupro fatta dalle figlie. «Ma ho già detto abbastanza, 'un dico più nulla». E ha mantenuto la parola. Vincenzo lessandoti Ieri interrogato il «mago del Messico» che partecipava alle messe nere con gli amici di Pacciani L'ultima svolta è arrivata da un sopralluogo con una testimone sulla piazzola teatro dell'omicidio