«lo in missione a Mosca» di Rossana Rossanda

«lo in missione a Mosca» «lo in missione a Mosca» lady D'Alema fra gli archivi russi I RAPPORTI PCUS-PCI U N'INTERA pagina dell'Unità per rispondere ai dubbi di Rossana Rossanda sull'esistenza di dossier ancora avvolti nel mistero a proposito dei rappporti tra Gramsci e il Togliatti dirigente a Mosca. Nella sua autodifesa come direttore della Fondazione Gramsci, Giuseppe Vacca fa il punto sulle ricerche d'archivio, portando a testimonianza le «missioni di studio» a Mosca di un gruppo di ricercatori, tra i quali compare il nome di Linda Giuva, ricercatrice, archivista e moglie del segretario del pds Massimo D'Alema. «Missioni» delicate. Ci si muove con difficoltà negli archivi dell'ex Urss? «Sono andata a Mosca nell'89, proprio nei giorni in cui il Muro di Berlino stava andando in frantumi. Ma negli archivi dell'allora Urss il muro sembrava ancora indistruttibile. Malgrado facessimo parte della delegazione scientifica dell'Istituto Gramsci, i responsabili sovietici si comportarono in modo tutt'altro che libe- rale. Non ci fecero consultare direttamente le carte d'archivio, dandoci la possibilità di vedere soltanto quelle che avevano già controllato loro». Dunque non ha torto chi sospetta che ancora molti misteri siano custoditi negli archivi dell'ex-Urss. «Il dubbio che in generale ci sia sempre qualcos'altro - una carta, un fascicolo, una fonte - che non si riesce a vedere e consultare è un dubbio salutare che fa parte dei metodi di lavoro e dell'abito scientifico di qualunque ricercatore d'archivi. Altra cosa è se il dubbio diventa sospetto pregiudiziale. Nel caso specifico mi pa re che i sospetti sollevati da Ros- sanda non siano granché fondati». Perché è così certa di questa «infondatezza»? «Non sono certa. Non posso essere certa di niente, come del resto ha scritto lo stesso Vacca sull'Unità. Ora però l'Istituto Gramsci dispone di tutto il materiale microfilmato relativo al pcd'I dagli anni 1921-43 custodito presso l'ex Istituto del marxismo-leninismo. E' vero però che i materiali originari sono rimasti a Mosca, a differenza di quelli relativi al secondo dopoguerra, che sono stati restituiti al pei e poi, dal 1994, quando il pei era già diventato pds, consegnati alla Fondazione Gramsci». Quindi a Mosca c'erano ducumenti relativi al pei anche dopo il 1943. «Certamente. Ancora all'epoca del Corninform e fin verso la fine degli Anni 50 il partito comunista ha seguitato a inviare a Mosca i suoi documenti, ufficialmente per "motivi di sicurezza" nell'eventualità che un colpo di Stato rendesse rischiosa la permanenza in Italia di documenti attinenti alla vita dei vertici del partito». Signora Giuva, lei naturalmente non esclude che a Mosca, nascosti in chissà quale archivio, ci siano documenti che riguardano i rapporti tra il pei e l'Urss, anche dopo gli Anni 50. «Come archivista io non posso escludere proprio niente. Bisogna tener conto che noi abbiamo consultato alcuni archivi. Ma nessuno, purtroppo, ha messo le mani negli archivi del Kgb che, come è noto, usava controllare tutti i dirigenti dei partiti comunisti esteri. In quelle stanze nes¬ suno ha potuto metter piede e la situazione non è migliorata. Anzi, il pericolo sta proprio nell'incontrollato mercato d'archivio che si è aperto a Mosca in questi anni». Come storica e come archivista, c'è da immaginare che lei non esclude altre visite negli archivi di Mosca, compresi quelli, segretissimi, del Kgb. Ma come moglie del segretario del pds, non la mette in imbarazzo la possibilità di imbattersi in carte e fascicoli relativi a dirigenti del pei come lei dice «controllati» e che ancor oggi svolgono attività politica. «Chiariamo: io sono stata a Mosca per una missione scientifica precisa e delimitata. Ora mi occupo di archivi dello Stato italiano, con un'attenzione particolare ai temi dell'assistenza pubblica durante il fascismo. Come vede, non c'è l'ombra di "conflitto di interessi"». Pierluigi Battista Linda Giuva ricercatrice e moglie del segretario pidiessino Massimo D'Alema