Berlusconi senza di me il Polo si disgrega

Il cavaliere ripete in tv: nessun attrito con Fini, la coalizione mi ha designato all'unanimità Il cavaliere ripete in tv: nessun attrito con Fini, la coalizione mi ha designato all'unanimità Berlusconi; senza di me, il Polo si disgrega «Se vincerò, dimezzerò i disoccupati entro il Duemila» «Il 24 giugno le azioni diMediaset quotate in Borsa» ROMA. Silvio Berlusconi non ha dubbi: «Senza di me, il Polo perde. Anzi, dirò di più. Senza di me il Polo non può esistere. Si scioglierebbe, verrebbe meno la ragione per cui io, più di due anni fa, l'ho costruito». Attacca, il Cavaliere. Lo fa, con il solito sorriso sulle labbra (che sembra offuscarsi solo per un paio di domande di Massimo Riva), nel «faccia a faccia» con Lucia Annunziata a Linea 3. Ecco una sintesi, in pillole. Il duello con Fini. «Un'invenzione giornalistica - ha spiegato Berlusconi -, con Fini non c'è mai stato problema. Si è trattato della solita forzatura, il solito giornale che ha forzato una dichiarazione di Fini. Con il presidente di An sono sempre stato d'accordo sui principi e i programmi, al massimo in un'occasione abbiamo avuto tattiche diverse». Il Grande Accordo. «Devo onestamente dire che aveva ragione Fini, lui che era molto più scettico di me sull'onestà intellettuale della sinistra. Il suo pessimismo ha vinto sul mio ottimismo. La Grande Intesa è fallita perché il centro sinistra, per ragioni anche legittime, all'ultimo momento si è tirato indietro, quando l'accordo sembrava fatto». Il leader. «C'è stato solo un piccolo difetto di comunicazione: non ho voluto fare pubblicità immediatamente alla decisione presa dal vertice del Polo di indicare me come leader e candidato premier della coalizione». Il «sacrificio». «Non me l'ha mica ordinato il medico di fare il presidente del Consiglio. E' che nell'ulti- ma riunione del Polo si è deciso, all'unanimità, che purtroppo a palazzo Chigi ci debba tornare io. Continuo a non avere ambizioni personali, e anche a guardare con angoscia all'ipotesi di tornare lì. Sono sceso in campo, e ci resto, perché questo mi chiede la gente». Agnelli e la Fiat. «Al senatore Agnelli, che nell'intervista al Corriere sostiene che se il Polo avesse un buon candidato per la presidenza del Consiglio sarebbe meglio per tutti, anche per me, rispondo con i dati: purtroppo il senatore non è informato su cosa pensa la gente. Se lo sapesse, capirebbe che è stato scelto il solo leader che può far vincere la coalizione di centro-destra. Con un altro leader non si vince». «Quanto alla Fiat, è giusto sostenere che la Fiat sta dalla parte della Fiat, e Agnelli deve curare gli interessi del primo gruppo industriale italiano. Che spesso combaciano con quelli del Paese». La squadra. «Se An dovesse diventare dominante neL\a coalizione, allora il Polo non esisterebbe più, perché alcuni gruppi lo abbandonerebbero. Quanto a me, si sappia che chi ha la responsabilità di fare una squadra, lo fa perché gli si riconoscono doti di mediazione e pazienza che non sempre sono richiesti a ciascun giocatore». Il processo di Milano. «Lì uscirà tutta la verità, e cioè che si tratta di un processo politico, intentato contro di me nel momento in cui ho deciso di entrare in politica». Il conflitto d'interessi. «Una trovata totalmente inconsistente. Forse ci vorrebbe una legge per tutelare la Fininvest. Ma come potete pensare che da palazzo Chigi, con controlli e confronti che ci sono, uno si possa occupare di interessi propri? Trovatemi una segretaria, un telefonista, se ci riuscite, che vi dica che Berlusconi a palazzo Chigi si occupò della Fininvest. E comunque, adesso, 0 problema si risolve: Mediaset sarà quotata in borsa il 24 giugno, e la mia famiglia, dopo, continuerà a mantenere solo un pacchetto di minoranza nella holding». Il programma. «Il Polo lo presenterà ufficialmente il 21 marzo, cioè un mese prima del voto. Resterà l'ossatura del programma del 27 marzo '94, con cinque integrazioni». I posti di lavoro. «Se andrò al governo, e potrò portare avanti per un po' il mio programma, sono certo che riuscirò a dimezzare entro il Duemila il numero dei disoccupati». L'emozione. «Ricordo ancora, quella volta in Germania, quando la banda suonò l'inno italiano in onore mio e del Paese che rappresentavo. Le gambe cominciarono a tremarmi, fecero giacomo-giacomo, e io dovetti usare una mano per fermare il tremore. Ecco, questo è il senso dello Stato, questa è trasparenza d'animo, questa è voglia di fare il bene del Paese». [r. int.] Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi alla trasmissione Linea 3 di ieri sera

Luoghi citati: Germania, Milano, Roma