Genoa e Radice, un amore mai sbocciato
Genoa e Radice, un amore mai sbocciato STORIA DB UN LICENZIAMENTO Bagnoli rifiutò, così Spinelli si accontentò del Sergente di Ferro (ora sostituito da Salvemini) Genoa e Radice, un amore mai sbocciato Gigi: fregati dalla tensione, e non fatemi parlare delle colpe altrui GENOVA. E' finite, ufficialmente, ieri. Era finite, ormai, da tempo. Gigi Radice ed il Genoa non si amano più, se mai lo hanno fatto. Chissà come e perché il presidente Spinelli (a proposito: 9 esoneri nelle ultime 4 stagioni) ha deciso, un giorno dell'estate scorsa, di puntare sul tecnico di Monza, reduce dalle controverse esperienze di Cagliari e Firenze. Il vero obiettivo era Bagnoli, l'uomo dell'Uefa. Ma Bagnoli disse «no» e allora la scelte cadde proprio su Gigi, il sergente di ferro che pareva fatto su misura per ricaricare il depresso ambiente rossoblu. Il Genoa all'inizio va alla grande. Sembra tutto facile, fin troppo. Radice, però, resta sempre una seconda scelta, non riesce ad entrare nel cuore di quei pochi tifosi che vanno allo stedio. Poi la macchina s'inceppa e arrivano le prime battute d'arresto. Le presenze di Spinelli al campo di allenamento s'infitti¬ scono, come negli ultimi giorni di Scoglio, o di Marchioro, o di Maifredi, o di Giorgi. Se ne va Skuhravy, se ne va Sogliano. Radice no: resiste, anche se ogni domenica la sua panchina è a «rischio». Si passa da una sconfìtta all'altra, la situazione precipita. Fino a dieci giorni fa: Genoa-Cesena, finale nazionale di ritorno del torneo Anglo-italiano. E quella sera, in una partite vera solo per il «Panini», è finite l'avventura genovese di Radice: «Si, perché la squadra, dopo avere vinto per quattro a zero la gara di andate, doveva solo divertire il pubblico e invece non ha nemmeno giocato al calcio. Sono ritornato a casa bastonato». Così Spinelli spiega e getta dalla torre Radice: «Mi dispiace. E' stato tutto più brutto proprio perché tra noi non c'erano incomprensioni. La decisione era obbligate, derivate esclusivamente dai risultati negativi. Non tutte le col¬ pe sono però dell'allenatore. Anche i giocatori sono responsabili: hanno smarrito la sicurezza e la voglia di vincere». Ieri è arrivato Gaetano Salvemini, con il compito di traghettare la squadra fino a giugno, prima di consegnarla nelle mani di Boskov. «Non ho fatto promesse al presidente - ha detto ieri il neotecnico rossoblu -. Cercherò di tirare la squadra fuori dai guai e quello che verrà in più, sarà bene accetto». Radice se ne va con quella signorilità che ha contraddistinto il suo soggiorno genovese. Dice: «Non sarò mai io a cercare i col- Eevoli, a òastribuire le responsailità di queste situazione. Cedere Skuhravy, ad esempio, è stata una decisione di tutti e motivate; prima o poi la gente capirà da che cosa. Mi dispiace davvero che sia finita così, perché a Genova avevo trovato un ambiente ideale per lavorare. La città e lo stesso presidente che in fondo ha aspettato molto prima di prendere queste decisione. Ripeto, non parlerò mai del problema degli altri, sono come un medico che deve mantenere il segreto professionale. Le mie colpe? All'inizio eravamo tutti d'accordo su certe scelte e i risultati venivano. Poi la tensione ci ha giocato brutti scherzi e abbiamo cominciato a perdere colpi... Devo solo pensare e capire. Per adesso prendo atto». E adesso ci si chiede: da dove ripartirà la carriera del «veterano» Gigi Radice? E chissà che cosa gli resterà di queste esperienza genovese. Montella e Nappi, certo, non potranno prendere nel suo cuore il posto di Pulici e Graziani. E Spinelli, che sabato sera con gesti plateali lo ha offerto in pasto alla folla inferocite, farà per sempre solo la rima con il presidente dell'ultimo scudetto granata... Damiano Basso
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