I piccoli club si alleano per salvarsi di R. S.
Caso Bosman e tv Caso Bosman e tv I piccoli club si alleano per salvarsi MILANO. Giovedì in Lega, durante l'assemblea dei presidenti, scatterà la rivolta dei medi e piccoli club contro lo strapotere del G7 (Milan e Inter, Roma e Lazio, Juventus, Parma e Fiorentina). Le ripercussioni della sentenza Bosman e l'esito della battaglia sui proventi dei diritti tv, rischiano di travolgere il calcio di provincia. I club del Triveneto avevano in un primo momento pensato a un summit carbonaro in quel di Verona, oggi. Poi ha prevalso l'idea di «urlare» le proprie ragioni nella sede istituzionale, la Lega. Spiega Vincenzo Gasparin, direttore generale del Vicenza, una delle società in prima linea nella guerra di resistenza: «Le istanze dei grandi club e le nostre sono diverse. Faremo sentire le ragioni dei più deboli». In soldoni, le piccole società di provincia dicono di volersi difendere dalle mire egemoniche delle 7 Grandi. Campionato europeo, la pay per view, il caso Bosman, tutto complotterebbe per impoverire i più poveri e sbilanciare il rapporto di forze a favore di chi ha portafogli e pancia piena e vuole continuare ad arricchirsi e a mangiare. Piero Aggradi, direttore sportivo del Padova: «La nostra sopravvivenza era dovuta quasi esclusivamente dalla capacità di allevare i Del Piero, gli Albertini, i Di Livio o i Balleri e ricavarne liquidi per rifare la squadra e restare competitivi. Oggi, in seguito alla sentenza Bosman, dovremmo in teoria dare ancora più spazio ai settori giovanili. Ma con un handicap. Se a 18 anni bisogna contrattualizzare il giocatore, rischiamo di far saltare i tetti degli ingaggi. Dare 600 milioni a un giovane che ha mercato significa che chi all'interno della stessa squadra guadagna 200 vuole almeno averne 400. La salvezza potrebbe venire se si alzasse, come avviene in Francia, a 23-24 anni l'età perla prima contrattualizzazione. Lo chiederemo». Da Bergamo, il direttore generale dell'Atalanta, Randazzo, suggerisce con preoccupazione che un altro obiettivo dovrà essere quello di non farsi cogliere impreparati dalle situazioni più sotterranee che la sentenza Bosman sta facendo emergere. Il caso Pisa è giudicato emblematico dai piccoli club: dopo il fallimento della società toscana tutti i giocatori (da Cristallini a Rotella per fare due nomi) sono stati tesserati da altre società in quanto «liberi», quindi senza dover corrispondere l'indennizzo da parametro. Ora il curatore fallimentare del Pisa ha citato in giudizio tutti i club acquirenti di quei giocatori per ottenere l'indennizzo. «Ma se il parametro non esiste più nel calcio europeo perché deve sussistere negli scambi interni?». Riusciranno società come Torino e Atalanta a evitare il pagamento del parametro basando la tesi difensiva sulla eccezione di incostituzionalità? Solo con l'aiuto dei grandi club anche una vertenza come questa potrà trovare soluzione. Ecco perché parte la rivolta delle provinciali. [r. s.]
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