Stranieri: è la resa totale dell'Uefa

31 Il calcio europeo a Londra accetta il dettato Ue sulla libera circolazione dei comunitari Stranieri; è la resa totale dell'Uefa [Johansson: «Eravamofuorilegge» LONDRA DAL NOSTRO INVIATO La resa è totale, questa volta, e dai campionati nazionali, sventrati dal caso Bosman, investe anche le coppe. Da ieri, la norma dei 3 + 2 (tre stranieri più due assimilati) non esiste più, è carta straccia. Lo ha deciso il comitato esecutivo dell'Uefa, all'unanimità, dopo aver consultato, domenica, le 18 federazioni facenti parte dell'Unione europea e le tre in parcheggio (Islanda, Liechtenstein, Norvegia). Un passo obbligato, nella direzione dettata dai boss dell'Ue. Libero impiego ha da essere, libero impiego sia. Senza tetti, se non quelli suggeriti dal buon senso. «Non potevamo operare al di fuori della legge» brontola il presidente Johansson, la faccia scura, il vocione funebre. In piedi, adesso, non restano che i fragili accordi sottoscritti all'interno delle singole associazioni e, a livello internazionale, firmati a Ginevra, il 7,8 e 9 febbraio, dalle ventiquattro società promosse ai quarti di finale della Champions League (Juventus), della Coppa delle Coppe (Parma) e della Coppa Uefa (Milan, Roma). L'avanti così, nel rispetto delle norme vigenti, sino al termine della stagione, non era vincolante allora, figuriamoci adesso. Ha vinto Bruxelles, ha stravinto la politica, armata dai grandi club e dai potentati televisivi. Bac- chettata dal commissario Ue Jacques Santer, incalzata dall'ennesima bocciatura di un rinvio tattico e dal drastico ultimatum delle sei-settimane-sei per mettersi in regola (scadenza, il 2 marzo), sballottata fra gli appetiti delle leghe e le rivendicazioni del Sindacato calciatori (Fifpro), l'Uefa non poteva non capitolare. Se d'ora in avanti il Milan decidesse di schierare la sua batteria di stranieri, Boban, Desailly, Futre, Savicevic, Weah, Vieira, non rischierebbe nulla. A rischiare salatissime multe, se mai, sarebbe la Figc, qualora glielo impedisse. Stessa musica nelle coppe, là dove non vale tanto il concetto di comunitario quanto lo status di giocatore non eleggibile per la nazionale d'ap¬ partenenza del club. E così, per legato che sia al compromesso ginevrino, il Real Madrid potrà tranquillamente opporre alla Juventus, il 6 e il 20 marzo, due argentini (Esnaider, Redondo), un cileno (Zamorano), un colombiano (Rincori) e un danese (M. Laudrup). Che poi non lo faccia, è un altro discorso. «Ma noi i patti li rispetteremo», garantisce Matarrese. In campionato e nelle Coppe. Sempre che, aggiunge Galli ani da Milano, qualcuno non faccia il furbo e rompa il fronte dei 3 + 2, idea che eccita moltissimo, per esempio, il Nottingham Forest: «In questo caso, ci adegueremmo al volo». In attesa di modificare i regolamenti, Johansson e Aigner si presenteranno a Bru¬ xelles, il 4 marzo, con un'accorata lettera, a garanzia del messaggio recepito e degli impegni presi. <(Avevamo chiesto una moratoria, per meglio studiare gli effetti della sentenza Bosman (emessa il 15 dicembre ndr), ma non ci è stata concessa», spiega Johansson, affranto. Sotto la spinta dei falchi (inglesi, olandesi), le singole federazioni dovranno inventarsi un nuovo decalogo. Ogni limite è bandito. David Will, vicepresidente della Fifa e luminare in materia, si preoccupa anche dell'abbattimento dei parametri. «Cercheremo in sede Ue una sorta di gentleman's agreement» che consenta ai club di schierare "almeno" il 50 per cento di giocatori fatti in casa (home grown pla- yers), diciamo sei su undici. Nello stesso tempo, proporremo che ai sodalizi allevatori venga riconosciuto comunque un indennizzo, fino al compimento del 25° anno di età del giocatore». C'è poco tempo, e tanto da fare. Bisogna ridisegnare un nuovo sistema: e un nuovo mercato. All'Uefa, sbertucciata a ogni livello e prossima a misurarsi con il sindacato internazionale (venerdì, qui a Londra) per mettere a punto ima strategia comune, non rimane che una via di fuga: l'intervento, massiccio, dei governi. Nella (tenue) speranza che il 29 marzo a Torino, la conferenza deputata alla revisione dei trattati di Roma e Maastricht imponga, in ambito sportivo, il concetto di «identità nazionale» e blocchi l'ondata Ue. Tutto sfuma, di fronte a una miscela così esplosiva. Anche l'allargamento della Champions League, slittato alla stagione '97-98. E dal momento che «le disgrazie» non vengono mai sole, ecco lo schiaffo olimpico della Fifa: guai a te, Europa, se costringerai le squadre qualificate per Atlanta (cinque, compresa l'Italia Under 21 se elimina il Portogallo) a rinunciare ai tre fuori quota garantiti dal patto Samaranch-Havelange. Replica di Aigner: «Noi non obblighiamo nessuno; al massimo, suggeriamo». Matarrese conferma: «Niente fuori quota per libera scelta». Voce dal fondo: per ora. Roberto Beccantìni Matarrese: «Noi rispetteremo i patti in campionato e nelle coppe». Slitta al '97 l'allargamento della Champions League Marc Bosman è il calciatore belga che ha portato alla libera circolazione in Europa dei calciatori comunitari Se Milan o Real decidessero di impiegare i loro stranieri sarebbero in piena regola