Giudici spiati «E' una cimice della Criminalpol»

Giudici spiati Giudici spiati «F una cimice della Criminalpol» ROMA Svolta nel «giallo» della microspia rinvenuta domenica 21 gennaio sotto un posacenere nel bar Tombini di Roma. A metterla, è stato il Servizio Centrale Operativo della Criminalpol per ordine di una autorità giudiziaria italiana. A comunicarlo, in una breve nota consegnata al procuratore capo della Repubblica di Roma Michele Coire, lo stesso capo della Criminalpol Gianni Di Gennaro. Nella nota, stando a quanto si è appreso, la Criminalpol si limiterebbe soltanto a «rivendicare» la paternità della microspia e la legittimità dell'operazione di polizia giudiziaria. Per il resto nessun riferimento al tipo di indagine in corso, né, tantomeno, quale procura la stia conducendo: lo vieta il segreto istruttorio. Fino a ieri gli sviluppi delle indagini non erano stati entusiasmanti. Si era scoperto che la microspia, «rea» di aver «ascoltato» e trasmesso i dialoghi intercorsi tra il capo dei gip di Roma, il consigliere Renato Squillante, l'avvocato Vittorio Virga - legale della Fininvest e di Silvio e Paolo Berlusconi -, il gip Augusta Iannini ed il procuratore di Grosseto Roberto Napolitano, era perfettamente funzionante. Lo hanno accertato i tre consulenti nominati dal procuratore aggiunto di Roma, Vittorio De Cesare. In una perizia, i tre esperti di ingegneria elettronica hanno scoperto che la «cimice» aveva una potenza massima di trasmissione inferiore ai 50 mt, segno evidente che chi in quel momento era sintonizzato via radio non doveva essere molto distante dalla zona. Non solo: un testimone avrebbe riferito al giudice Napolitano di aver visto due persone che riprendevano con una telecamera il bar Tombini nello stesso momento in cui la microspia veniva scoperta casualmente da una cameriera. Nella perizia inoltre si afferma che la microspia aveva una batteria con un'autonoma di 24 ore. A quel punto l'indagine doveva ancora scoprire se si trattava di una legittima azione di polizia giudiziaria, ordinata da una procura italiana, e se la microspia fosse stata manomessa con l'asportazione dei numeri di matricola, fatto denunciato dagli stessi magistrati spiati. Per quanto riguarda il numero di matricola, l'unico dato certo è che effettivamente questi tipi di attrezzature da 007 recano normalmente un numero di serie: i giudici Napolitano, Iannini e il procuratore di Cassino, Orazio Savia (giunto al bar Tombini dopo che la «cimice» era stata scoperta), hanno dichiarato di aver notato sulla microspia dei numeri. Ma quando il «corpo del reato» è arrivato nelle mani del procuratore aggiunto Vittorio De Cesare i numeri di matricola erano spariti. Così, per quanto riguarda la legittimità dell'intercettazione ambientale, i magistrati nei giorni scorsi, dopo aver escluso l'Arma dei carabinieri - che utilizza altri tipi di microspie - hanno interpellato i vertici della Guardia di Finanza e della polizia. Ieri, la svolta. Ma il fascicolo, almeno per ora, rimarrà aperto: prima della chiusura, infatti, si deve attendere la comunicazione ufficiale della procura che ha ordinate l'intercettazione ambientale (e sarà possibile soltanto scaduti i termini). Intanto, sono proseguite le illazioni sull'autorità giudiziaria che potrebbe aver avviato una indagine sul conto di alcuni magistrati romani. Due le voci insistenti: da un lato si mormora che potrebbe essere la procura di Perugia, dall'altro quella di Milano. [Agi]

Luoghi citati: Cassino, Grosseto, Milano, Perugia, Roma