Aids eutanasia per un amico di Vittorio Zucconi
Usa, dolce morte allo scimpanzé che nell'85 venne infettato in laboratorio per studiare il virus Usa, dolce morte allo scimpanzé che nell'85 venne infettato in laboratorio per studiare il virus Aids, eutanasia per un amico AWASHINGTON VEVA 15 anni e gli occhi tristi, ma non ha protestato quando l'hanno «messo a dormire», come non aveva protestato quando gli avevano iniettato il virus dell'Hiv, nel 1985. Forse, nella sua piccola testa pelosa gli è passato persino un sogno, un brivido, forse addirittura un pensiero, di gratitudine per quei suoi cugini in camice bianco, guanti di gomma, occhiali di plastica e mascherina sterile che hanno messo fine con una siringa al dolore ormai insopportabile che loro stessi gli avevano causato, perché non era un tipo da serbare rancore, lui, anzi, era sempre di buon umore, sempre pronto a scherzare e a giocare per una banana, lui, Jerom, il primo scimpanzé morto di Aids. I suoi crudeli cugini umani, quegli animali che si credono tanto diversi da lui e non ricordano di essere per il 95% identici agli scim- Eanzé, gli hanno concesso la dubia grazia dell'eutanasia, dopo averlo condannato 11 anni or sono all'infezione. Nei laboratori del centro per le ricerche sui Primati della università di Emory, ad Atlanta, Jerom era stato scelto insieme con altri 10 scimpanzé come cavia per vedere se il virus potesse attecchire anche sulle scimmie e sviluppare l'Aids. Jerom era stato il più bravo, il più disciplinato. I primati che comandavano, quelli in camice bianco e guanti di gomma, erano stati molto contenti di lui perché, da brava scimmia ubbidiente, Jerom si era ammalato. Gli altri 10 lazzaroni, invece, no. Soltanto quando Jerom aveva cominciato a mostrare i sintomi dell'Aids, e nel suo corpo si erano sviluppati polmoniti, tumori, piaghe, tutto il calvario della sindrome da immunodeficienza, gli avevano prelevato il sangue e lo ave¬ vano trasfuso a Nathan, un altro scimpanzé che non voleva saperne di sviluppare l'Aids. E adesso anche Nathan si è ammalato. Bravo Nathan. «L'esperimento è andato bene» hanno detto due primati in camice, i dottori Insel e McLure direttori del centro, «era importantissimo per noi studiare i meccanismi di diffusione del virus e sapere se era possibile utilizzare gli scimpanzé come cavie per eventuali terapie». «Purtroppo - c'è sempre un "purtroppo" in queste storie - il progresso della sindrome aveva reso una tortura la vita di Jerom e lo abbiamo dovuto mettere a dormire. Era divenuto molto difficile per noi avere cura di lui». Non doveva essere facilissimo neanche per lui, ma questo non importa. L'importante è che Jerom abbia raggiunto milioni di porcellini, topi, scimmie, cani, gatti, cavalli in quella enorme Arca delle Cavie dove i nuovi profeti rinchiudono gli animali non per salvarli con noi, come fece Noè, ma per sacrificarli per noi..E' giusto così, avvertono gli scienziati, è indispensabile avere modelli animali sui quali sperimentare, meglio se sono «top model» come gli scimpanzé, i nostri cugini primi. E gli animalisti, quelli che ieri hanno subito protestato non per l'eutanasia - che era la minima delle pietà dovute - ma per l'infezione, non devono esagerare nelle grida, non devono dimenticare che anche la loro vita, o quella dei loro figli, potrebbe ossere salvata grazie al sacrificio di un topolino o di un cavallo. Ma se è davvero necessario tormentare una creatura di Dio per salvarne un'altra, se è proprio indispensabile continuare a spedire altri ospiti torturati verso la grande Arca delle Cavie, concediamo almeno gli onori dell'umanità a quelli che muoiono per noi. Chi muore per gli uomini, non sia almeno chiamato «animale» o «cavia» dai giornali. Jerom si è sacrificato per gli uomini ed è quindi morto da uomo, anche se aveva vissuto da scimmia. Funerale per un amico, dunque, ad Atlanta. Vittorio Zucconi
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