UNA CAPITALE FREDDA DI PAURA

UNA CAPITALE FREDDA DI PAURA UNA CAPITALE FREDDA DI PAURA ELONDRA RANO le 20,40 di domenica sera, il freddo mordeva, venti furiosi sferzavano le strade. D'improvviso, un lungo boato squarciò il grande silenzio e arrivò in migliaia di case nel cuore di Londra, fra Trafalgar Square, Covent Garden e Fleet Street. Fu come un ruggito, e chi l'udì, seduto dinanzi alla tv, capì subito cos'era avvenuto. Una bomba dell'Ira, la terza in nove giorni, la «guerra» era ricominciata, Londra era di nuovo aggredita dal terrorismo degli irredentisti cattolici irlandesi. Dopo diciotto mesi di pace, la metropoli britannica tornava ad essere ghermita da una violenza brutale e feroce. Ora tutto cambia. Per i cittadini della capitale, la vita torna ad essere una sequela di paura, di precauzioni, di sacrifici. Mia figlia, 14 anni, protesta: ha dovuto accettare tre rinunce in meno di ventiquattr'ore. Voleva andare al cinema, in una di quelle nuove grandi sale del West End, ma ha capito che era meglio evitare quel quartiere, bersaglio della seconda bomba. Voleva andare con un'amica in Oxford Street, per dello shopping, ma anche quell'arteria è adesso rischiosa. Poteva servirsi dell'autobus per visitare dei conoscenti, ma, dopo lo scoppio di iersera, ha accettato di recarsi in tassì. Borbotta: «Ma non siamo mica in Bosnia». Giusto. Ma chi ha vissuto gli anni del terrorismo irlandese ben ne ricorda la furia. Migliaia di londinesi sono rimasti uccisi, feriti, mutilati nelle offensive dell'Ira contro Londra. Mario Cirielio CONTINUA A PAGINA 7 PRIMA COLONNA

Persone citate: Garden, Mario Cirielio

Luoghi citati: Londra