«L'lri non basta, lo Stalo venda tutto» di Ugo Bertone

«l/lri non basta, lo Stalo venda tutto» La ricetta dell'economista: «Chi offre di più compra, italiano o straniero non importa» «l/lri non basta, lo Stalo venda tutto» Ricossa: «Anche il demanio va messo all'asta» DEBITO E MERCATO PMILANO ROFESSORE, Uri sembra giunto al capolinea... Sergio Ricossa scuote la testa e commenta: «Sarà, ma non ci credo. Se contasse il buon senso del cittadino, non ci sarebbero dubbi. Ma s'inventeranno qualcosa». Eppure qualcosa si muove... La partita poi è grossa, si tratta di decidere del futuro industriale del Paese... «Balle. Questa è la logica della battaglia del grano, ovvero gettar via risorse dalla finestra quando si poteva comprare il grano in America a prezzi più bassi. Solo chiacchiere dietro cui si nasconde la cattiva volontà...». E allora? «E allora si metta tutto all'asta, con il sistema più semplice e più sicuro. Chi offre di più compra. Facile, no?». Certo, poi finisce tutto nelle mani degù stranieri. O dei soliti noti, i poteri forti... «Benvenuti gli stranieri. E non fatemi ridere con i poteri forti. C'è qualcuno che ha una discreta dimensione nel giardino di casa, ma si tratta di poteri deboli non appena li confrontiamo con l'Europa. Se guardiamo al mondo, poi, parlerei di poteri ridicoli. No, queste sono solo chiacchiere per perder tempo quando ci sarebbe tanto da fare e presto. Altro che Iri... Pensiamo al demanio». Il demanio? «Abbiamo un demanio sterminato. In treno, da Torino a Milano, in- crocio tante aree pregiatissime, mezzo abbandonate. Quelle caserme nel centro di Torino o Milano... Costruiamo quelle che servono in periferia e vendiamo a prezzi di mercato quei terreni. Ma attenzione, i soldi devono, per legge, esser utilizzati per rimborsare debito pubblico. Basta far pagare sempre il contribuente». Il voto dei contribuenti potrebbe esser decisivo in caso di elezioni. O no? «I contribuenti, salvo rare eccezioni, non protestano, non sono una parte sociale rappresentata. I sindacati? Non hanno mai fatto vere battaglie su questo terreno, nemmeno quando si battevano per aumenti salariali. Adesso non fanno nemmeno più questo...». E in un momento così difficile, soprattutto sul piano dell'occupazione, l'austerità di bilancio spaventa un po'. Non crede? «Ma questo Stato ha dimostrato di spender male i quattrini che raccoglie. Anzi, spesso non li spende affatto. Vuole un esempio? L'Università di Torino ha i soldi per la nuova sede della facoltà di Economia ma non li spende perché ci sono grane tra imprese appaltatila. Guardi i «Poveri Vecchi», nel centro di Torino. Un secolo fa ci vollero quattro anni per costruire l'intero edificio. Adesso, solo per ristrutturarne una parte, ci abbiamo messo 15 anni. E si sono spese cifre enormi... E' uno Stato che non sa spendere. E la situazione economica non è poi così brutta o bisognosa di interventi speciali...». La crisi politica non intralcerà la ripresa? «Penso di no. Anche perché il processo virtuoso di ripresa era basato su due fattori. La prospettiva di una ripresa internazionale e da quel punto di vista il quadro non è cambiato. La debolezza della lira e non credo che la moneta possa a questo punto recuperare terreno». L'inflazione torna così ad essere il primo problema... «Non per tutti, ma per le famiglie che lavorano sì. Sono diversi anni che i lavoratori si impoveriscono: i salari salgono del 3% contro un 5- 6 di inflazione. E questi sono dati al lordo delle tasse. I lavoratoricontribuenti si impoveriscono ancor di più. E' una profonda ingiustizia e mi stupisce che la sinistra italiana non voglia rendersene conto». I sindacati e il governo hanno sottoscritto un patto sociale... f$r «Un patto che si è rivelato ingiusto. I salari si sono fermati, ma l'inflazione non è stata bloccata». E allora? >,., «E allora è possibile privatizzare e vendere beni pubblici per aggredire il debito pubblico e l'inflazione. Senza tante storie, ma vendere a chi è pronto a pagare». Ci sono altre politiche possibili? «Adesso, con le elezioni ci sarà la solita tentazione di far qualche trasferimento. Ma ormai è tutto più difficile, basti pensare all'Inps con l'acqua alla gola». Ma lei è ottimista? «Sempre, anche perché negli Anni Settanta stavamo ben peggio. E non voglio mica che questo Stato sciupone mi guasti pure il fegato. Eppoi...». Eppoi? «Eppoi, per fortuna, lo Stato sociale come l'hanno messo su nei decenni passati non riesce più a tenersi m piedi. Purtroppo, però, è riuscito comunque a rendere più incerto il nostro futuro. A partire dalla pensione». Ugo Bertone Sergio Ricossa

Persone citate: Ricossa, Sergio Ricossa

Luoghi citati: America, Europa, Milano, Torino