Par condicio scoppia la guerra degli spot di Maria Grazia Bruzzone

Il centro-sinistra: un mese di black-out è troppo poco, vantaggio eccessivo per il Polo Il centro-sinistra: un mese di black-out è troppo poco, vantaggio eccessivo per il Polo Pur condicio, scoppia la guerra degli spot // Cavaliere: gli assediati siamo noi ROMA. Sulla par condicio siamo ormai allo scontro, tra la sinistra che vuol prolungare il periodo di propaganda controllata da 30 a 45 giorni prima del voto, e Berlusconi che proprio non ne vuole sapere. Tanto che il solo pensiero - dice - gli «fa venire l'orticaria». E mica scherza, il Cavaliere, mentre risponde, con un serafico sorriso, al cronista del Tg3. E l'eterna, irrisolta polemica sugli spot, le tv berlusconianee i giornali amici o nemici, i Santoro e i Costanzo (e le Lucia Annunziata, oggi, ma anche i Vespa), riparte alla grande. L'«ampio accordo» fra i Poli chiesto da Dini come condizione per rimaneggiare il discusso decreto Gambino pare lontanissimo. «Dovremmo essere noi a chiedere che venga cambiata l'impar condicio, cioè l'assedio nei nostri confronti da parte dei giornali e dei conduttori televisivi che sono tutti dall'altra parte», attacca il leader del Polo rispolverando vecchi adagi. E un'intesa col centro sinistra non se la vuol nemmeno immaginare. «Io da questa querelle son rimasto fuori. E solo a sentirne parlare mi viene l'orticaria». Appunto. Prodi, D'Alema, Veltroni, invece, vanno dicendo da giorni che in una campagna elettorale lunga come quella delle politiche i 30 giorni senza spot previsti dal decreto Gambino sono pochi. «Quel decreto era stato pensato per la campagna delle amministrative che dura solo 45 giorni. Ma ora, tra lo scioglimento delle Camere e il voto ne passano 60. E un mese di spot sulle reti Fininvest è un inammissibile vantaggio per il centro destra», spiega il pidiessino Franco Bassanini. «Fermiamoli all'8 marzo», aveva proposto infatti Veltroni a Linea 3, appellandosi al fair play degli avversari «coi quali siamo stati fino a ieri a discutere se fare o meno un governo insieme». Un richiamo che cade nel vuoto. Il Riformatore Marco Taradash, che pure critica da sempre l'armamentario di divieti della par condicio, è drastico: «Se non si hanno le sezioni e non si hanno militanti, come il Pds e An, se non hai gli spot sei fritto. Se è questo che si vuole non chiamiamola neppure par condicio, ma fregatura». Ma anche gli Alleati Nazionali che sezioni e militanti ne hanno, non vogliono sentir parlare di nuovi limiti. Per Maurizio Gasparri estendere la par condicio sarebbe «una follia demenziale». Francesco Storace fa un ragionamento apparentemente più astruso. «Allargare la par condicio oltre i 30 giorni non ha senso. Perché solo un mese prima del voto si sa quanti Poh scendono in campo, e chi ci sta dentro. Se in tv ci si spartiscono tempi e presenze per Poh, e con gli accordi di desistenza poi Lega e Rifondazione vanno a finire con l'Ulivo, restiamo fregati». E la diatriba si sposta, dagli spot alle rappresentanze politiche alle quali garantire «pari condizioni». Un marchingegno complicatissimo, nel decreto Gambino, per via del doppio regime, maggioritario e proporzionale. Tanto che lo stesso Berlusconi ha proposto di cambiarlo, ripartendo invece i tempi e le presenze televisive in base ai nu¬ meri ottenuti da ciascuna forza politica alle ultime elezioni. «Un sistema ideale, che mi pare irraggiungibile», ammette Storace. Eppure anche Bassanini è d'accordo. «Con la norma in vigore persino Pannella o il partitino di Rauti, se riesce a raccogliere le firme per presentarsi in al- meno 14 collegi, ha diritto allo stesso spazio non dico di Forza Italia o del pds, ma degli interi Poh di centro destra e centro sinistra. Che è abbastanza assurdo», spiega, ricordando però all'amico Storace, a scanso di equivoci, che le «pari opportunità» scattano, a differenza degli spot, da subito. Bassanini insiste anche su altre modifiche che potrebbero essere condivise dal Polo, come rendere meno rigide «e diciamo meno ridicole» le norme che regolano i talk-show, con quei riferimenti alle inquadrature e persino agli sguardi. E i poteri sanzionatoli, troppo limitati invece, dell'eterno Garante Sant aniello. Allora una base d'accordo potrebbe anche esserci? Bassanini nicchia, ma pare scettico. E intanto le trombe della par condicio continuano a risuonare. Se il responsabile informazione Vita ricorda che «si va al voto senza aver risolto nessuno dei problemi sul tappeto, dal conflitto di interesse all'antitrust» per sostenere «l'assoluta ragionevolezza della richiesta di estendere il black out degli spot, il popolare Bianco parla di «abrogare, almeno in campagna elettorale, la legge del più forte». E, già che c'è, fa una modesta proposta: «Un modello francese da recepire sarebbe quello dei "brevi spazi", magari da autogestire, in orari di informazione. Perché nella Francia semipresidenziale, questo è certo, gli spot non sono previsti. Maria Grazia Bruzzone Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi

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