Matisse e la saga dei mercanti

«Da Monet a Picasso»: in mostra a Milano gli artisti francesi del Puskin «Da Monet a Picasso»: in mostra a Milano gli artisti francesi del Puskin Matisse e la saga dei mercanti Così due mecenati russi scoprirono Parigi "771 MILANO I » EZANNE? Presente! Van I Gogh? Presente! Degas, I i Renoir? Presenti! Ma an\À I che Gauguin e il Doganiere Rousseau, Marquet e Puvis de Chavannes, Picasso e Matisse e Monet e Rodin (magari ancora chiusi nei loro scatoloni protetti: si finirà per parlare di mostre virtuali, come di installazioni concettuali). Ma ci sono anche i laterali, i Marquet e i Dufy, e i minori come Valtat e Manguin, o il proustiano Helleu e il pochissimo frequentato Lebasque. La manualistica della storia dell'arte, dall'impressionismo al Novecento, può dirsi soddisfatta. E' da mesi che si parla leggendariamente del carico prezioso in arrivo dal Museo Puskin di Mosca, in via di rifacimento. Chi non ha avuto la ventura di vederlo, il mitico Museo, è ancora sotto la suggestione delle trasognate pagine della Cvetaeva, che evoca la costruzione di quel Tempio voluto strenuamente dal padre, «figlio di un povero prete di campagna che sino a vent'anni non aveva mai neanche visto un paio di stivali». E che si infuriava con i suoi mecenati che gli offrivano ostriche e chablis, «soldi buttati, se li dessero a me per il museo!» e poi, filtrata dagli occhi bambini, la crescita impressionante del mostro architettonico e «gli uomini allegri che spingono enormi blocchi di marmo simili a gigantesche zollette di zucchero» e poi la zarina in visita sospinta sulla sua carrozzina con gli occhi che non vedono nulla, e la pagina magistrale sul «bassorilievo marmoreo» degli impettiti granduchi «riempiti dalla calce della morte», mentre le statue greche al colpetto sono molto più vive, di sasgue. Questa mostra in arrivo dal Museo Puskin che si inaugurerà in poppa magna martedì a Palazzo (Reale, con l'etichetta Da Moneì a Picasso certo si trascinerà metro legioni di visitatori, accalciti in code chilometriche, come ià preveggono trionfando nel cai dogo Electa sponsor e curatori. Imbarazzante: perché come si )uò risolvere una recensione? Fare un elenco completo delle i -esenze sul registro, diligente ampitino con voti opinabili, di tribuendo qui e là medagliette i perplessità? Memorabile que Gauguin dai nudi sfrontati di, ti gelosa? e meno felice il suo sp ito Autoritratto; oppure che gei iale quel Renoir giovanile di 11 grenouillière che non sembn nemmeno un Renoir, così m< :chiato di veloci soiprese cromat ;he (quello sbuffo coraggioso d fiocco rosso su una crinolina slegante!) che è quasi mortili ante accompagnare all'imbai zzato ritratto dolciastro e sdolchato dell'attrice Samary. Alcuni sono dei classici: almeno il Pescatore povero di Puvis, ancora in una versione e sfaldata, il simbolico Fiori di trancia di Gauguin, annebbiato in uno stupore esotico, lo schizzo furtivo di Yvette Guilbeit di Toulouse, con le sue parlanti mani guantate, il crepuscolare Degas con quella trance di Parigi tremante tra i vetri e il Van Gogh della Ronda dei carcerati, che macinano nel cortile la loro soffocata disperazione rotonda. E certo è difficile non rimanere sedotti da quella Fuga così sinistra e torvamente fiabesca di Gauguin, con quel terreno pasticciato da miasmi simbolisti alla Redon ed invece una curiosa rigi¬ dità nei personaggi che fa pensare al Doganiere: e gli insoliti fiori geometrici di Tahitiani in una stanza, che sono già di Sutherland. Mentre il Raffaella è un poco troppo giornalistico, e curioso davvero quel Forain che rifa Fùssli, come non rimanere sedotti dai due Denis: quello più Sports et divertissements, alla Satie, di Polifemo, una mitologia Eelle Epoque à la Giraudoux, oppure quella sognata Spiaggia Verde, in cui già senti avanzare le zampate telluriche del Sacre duPrintemps. O ancora, rimanere in ammirazione di almeno un Cézanne, quello del Ponte sullo stagno, spazzolato di verdi e di blu inscheletriti, che conducono direttamente al cubismo. Ma per esempio Picasso e Braque non sono al loro meglio e viene istintivo preferir loro un dionisiaco Vlaminck incendiato di verdi, oppure il folgorante Derain, dalle pur spettinate prospettive neo-corottiane. No, non vogliamo a tutti i costi guastare la festa: ma sarà obiettivo ed onesto osservare che non si tratta ad ogni sosta e costo di capolavori assoluti. Anzi, forse sta proprio qui il fascino aperto di questo prodigioso ma discontinuo, comunque illuminante tesoro russo, che convoglia le collezioni di due geniali ma precoci cacciatori di talenti, Shukin e Morozov. «Ma» precoci, abbiam detto: che non era un difetto, anzi, eppure giocoforza un limite. Perché questi due illuminati mecenati, che provengono da ricche famiglie di mercanti impinguiti, e che arrivano incuriositi in Francia (chi provenendo dal collezionismo delle icone, chi arricchendo il «giardino rosa del mio salotto» di Cranach e Guardi e Boucher) e poi diventano amici di Picasso e Matisse e lo trascinano pure in Russia, e mentre studiano El Greco si lasciano consigliare da galleristi intelligenti come Vollard e DurandRuel e vanno insieme negli ateliers senza litigarsi i pezzi, sono indubbiamente dei pionieri geniali. «Una passione che non era semplice capriccio», sottolinea felicemente Aleksandr Benois, «ma un atto di coraggio che doveva misurarsi con molte incertezze». Ed è proprio qui il carattere di queste scelte «prime», frugando alla cieca opere di pittori sconosciuti, destinati sì alla posterità, ma incerti loro stessi sul proprio destino. E' lo stesso limite di Barnes: cui strappano un frammento di Danza di Matisse, la cui furia dionisiaca assottiglia i corpi per meglio simulare il moto. Se è pietoso stendere un velo sui colorini ghiacciolo dell'allestimento (rosa dentiera per Signac, giallo girasole o zafferano per Van Gogh) più duro assolvere certe pecche del catalogo (che saranno «i puri cromi»?) o le assenze di schede, per farci sapere che «la morte prematura di Morozov stroncò la sua attività di collezionista»: quasi potesse esistere un collezionismo post mortem. Marco Vallora Le collezioni di Shukin e Morozov geniali pionieri dell'arte Da martedì a Palazzo Reale: si prevedono legioni di visitatori e code chilometriche «Le ninfee bianche» di Monet del 1899, uno dei capolavori in mostra al Palazzo Reale di Milano «La danza» di Matisse Wm, Una ballerina di Degas

Luoghi citati: El Greco, Francia, Milano, Mosca, Parigi, Russia