Da Visconti ai Vanzina di B. V.

Da Visconti ai Vanzina Da Visconti ai Vanzina Compagne fedeli di amori, avventure, thriller le sue creature tra cinema e letteratura IL maggiore amico cinematografico di Vuitton è stato Luchino Visconti che si innamorò delle sue borse e valigie ai tempi del soggiorno parigino. Fattore gusto, seduzioe estetica. Ma non solo. C'era anJhe una singolare comunanza di ponogrammi. I creatori si chiamaano entrambi «L. V.». E così, il rafinato universo viscontiano è punpggiato delle sue preziose borse. Simboli d'eleganza, le invenzioni Vuitton aleggiano nella commeàa italiana di costume, desiderati <plle donne importanti, vagheggiarla quelle che non possono per- ttersele e ricorrono ai cloni che dono spiagge e piazzette, conbandate dagli extracomunitaTra le varie comparsate, c'è un Ìertito omaggio esplicito nella dale satira dell'universo femmii odierno, nelle Finte bionde dei fratelli Vanzina. Una signora mesciata è talmente fanatica degli status symbol, da travestire il suo pargoletto di un anno con una tutina Vuitton (naturalmente, ironicamente, falsa, confezionata apposta dalla costumista del film). Insieme a Ferrari, abiti e scarpe italiane, Vuitton domina l'universo ricco e dorato della California cinematografica. Quando si deve rappresentare la dolce vita americana, il marchio francese è un elemento necessario per creare l'atmosfera. Sognano i suoi prodotti le «pretty women» destinate all'ascesa, le manager rampanti tutte «rivelazioni» e «wall Street», i boulevard pal¬ mati di Hollywood impregnati di «new age». Un tempo il cinema di viaggio, dei lussuosi orient express, dei peripli coloniali e intercontinentali, era accompagnato dai «monumen¬ tali bagagli Vuitton» (annota Beppe Scaraffia nel suo Miti minori). Come nei bauli goldoniani della Trilogia della villeggiatura, che racchiudevano oltre agli abiti, anche invidie e pettegolezzi, o come nei bagagli della società al tramonto che si trascinava dietro il principe di Salina nel Gattopardo. Oggi tutto si è rimpicciolto, per far fronte alle odissee aeree, alle disavventure degli scali (dove ti può anche capitare di smarrire la bara col genitore di Frenai Kiss). Il viaggiatore moderno compatta tutto in una ventiquattrore, formato William Hurt Turista per caso. Dove ci sta davvero ogni cosa, come nella valigetta di Bond, o nel fagotto di Chaplin, o nella borsa di Mary Poppins in ascesa verso il cielo. Al suo interno, gli oggetti trovano la loro naturale collocazione. Risposta postmoderna al bisogno nevrotico di concentrare l'indispensabile nel minor spazio possibile. Ma borse e valigie, sebbene non griffate, di cuoio o di stoffa, di cartone o di plastica, hanno una storia di brillante vassallaggio nell'universo cinematografico e letterario. Accompagnano i viaggiatori, gli emigranti, i banditi, gli agenti segreti, i guitti, le ragazze in cerca di fortuna. Riboccano di sogni (in Comencini), o di cadaveri (Lettera a Berlino di Ian McEwan o Finestra sul cortile di Hitchcock), o di dollari (come nella stupenda sequenza di The Heat, quando la banda di De Niro sparacchia con i borsoni della rapina a tracolla). [b. v.]

Luoghi citati: Berlino, California, Hollywood