Ronde fra gli incubi di Merano

reportage reportage una arw della paura Alle indagini partecipa anche l'investigatore che riuscì a catturare Marco Furlan Ronde fra gli incubi di Merano Agenti in borghese a caccia del maniaco MERANO DAL NOSTRO INVIATO Zazzà si tocca la faccia e ascolta il silenzio della sera, quando l'ultimo autobus è andato a riposarsi sul piazzale in cima alla salita, e non c'è un passeggero che scende e non ce n'è uno che sale. La camicia slacciata, i jeans e le pedule, il bavero del giaccone tirato sul collo. Adesso se ne va. Sono i giorni di carnevale, magari la paura è soltanto uno scherzo. Il vento manda sibili. I fantocci nelle vetrine. Foghe che rotolano. Una finestra illuminata, una sola. Viene giù, Zazzà, per la discesa. E' una sera strana, a caccia di un folle che spara alla nuca della gente. Il Passino è come un fiume che dorme scivolando fra i sassi. E Merano è come una città fantasma, che ha chiuso le porte, sprangato le serrande, lasciato vuote le strade. L'autista spegne il motore. Flop. Sulla passeggiata, il vento scuote gli alberi e frusta l'aria. Zazzà passa e non si ferma dove qualcuno ha appoggiato un mazzo di fiori sul porfido e un vaso pieno di gigli con un bigliettino scritto a mano: «La famiglia Detmering». Il giallo di Merano è cominciato qui, un giovedì che veniva la sera. Zazzà non deve fermarsi, ma deve guardare e cercare, come fanno gh angeli della notte. Lui, Pantera, Lupo e gh altri hanno nomi strani e un compito difficile, perché sono gh uomini delle pattuglie antimoslro dei carabinieri. Vanno per le vie, fra le case, lungo la statale percorsa dai Tir che s'infila a Merano passando davanti al casolare di Umberto Marchioro, dov'è tornato l'assassino degli innamorati e dove adesso zia Angela ha lasciato un mazzo di giunchiglie accanto alle tracce di sangue. Vanno dietro a un'ombra o a una macchina, cercando un mistero. «In questo momento è il nostro lavoro più delicato e più ùnportante», dicono gh ufficiali. Perché adesso gh inquirenti hanno alcune convinzioni. L'assassino di Hans Detmering, di Clorinda Cecchetti e del povero Berto è uno di qui. «Un folle. Una persona che conosce molto bene il territorio perché sa dove andare a colpire. Non è un professionista, ma uno che sa usare molto bene la pistola e sa come sparare». Forse, hanno pure qualcosa di più in mano, anche se non lo dicono. Un secondo testimone, che può aver intravisto l'assassino di Hans e Clorinda. Persino un (incredibile) identikit. O un'altra traccia qualsiasi, che noi non conosciamo. Dev'esser per questo che Zazzà e gh altri vanno in giro a scrutar la notte nella città battuta dal vento. Per questo, o chissà che altro. Eppure, qualcosa succede, o sta per accadere. E non è solo il panico, come avviene nel pomeriggio di ieri, quando basta una voce per smuovere il mondo fermo di Merano: «Ne hanno ucciso un altro». E vanno le macchine dei carabinieri, e corrono i fotografi e s'ammassano i curiosi, tutti in via Palade 17, sulla strada che aggira l'ippodromo. E vanno per niente, perché non ci sono morti. O come capita in questa sera strana, animata da sguardi e da spie, mentre Zazzà cammina lungo il Passino e Pantera controlla le stradine vuote da un'auto civetta. A Lana, un paesino verso il passo delle Palade, un testimone giura di aver visto un giovane che puntava la pistola contro la nuca di un altro, ed erano soh nella sera e quello urlava di spavento. Corrono di nuovo, i carabinieri. Rintracciano il testimone e fermano il giovane, e scoprono che di nient'altro si trattava che di uno scherzo di carnevale. La pistola era finta, e il gioco era stupido come la paura che impedisce alla gente di muoversi. Eppure, nel nulla che attornia i delitti senza senso di Hans e Clorinda e di Umberto Marchioro, in questo india, qualcosa sta per accadere davvero. E allora, la stazione dei carabinieri di Merano si riempie di ufficiali, di magistrati, e degli uomini della Squadra antimostro permanente italiana, 1'«Unità di analisi sul crimine violento», della Criminalpol. Fra loro c'è anche Francesco Zonno, il superispettore che l'anno scorso prese Marco Furlan, uno dei due criminali di Ludwig, il primo serial killer italiano. Lo raggiunse, dopo essergli stato dietro per una fetta di vita. Anche questo non dev'essere un caso. Francesco Zonno adesso è il capo della Criminalpol del Veneto, ma era un giovanissimo funzionario della Mobile di Verona, quando partecipò alle indagini sui dehtti di Marco Furlan e Wolfang Abel. Quindici omicidi, dal '77 all'84, qualche lustro fa. Presi e processati. Poi, Furlan riuscì a scappare e Zonno lo cacciò fino a quando non riuscì a scovarlo a Herakhon, isola di Creta, in Grecia. Lavorava all'aeroporto, facendo il noleggiatore di macchine. La mattina del 18 maggio dell'anno scorso, Zonno si presentò allo sportello: «Avanti Furlan, mi segua». E' una caccia neh'abisso, quella che ti porta dietro a un uomo che uccide per gioco o per passione. Come quella di Zazzà, che fa la preda e il cacciatore nella sera vuota, e l'abisso con cui impara a confrontarsi è qualcosa di così distante da noi da sembrare di un altro mondo, di un'altra esistenza. E' il senso della follia. «Quello che faccio forse non mi piace, ma poi pensi: megho che questo pazzo si trovi di fronte uno che sa difendersi». Allora, è come se cominciasse un'attesa, come se il futuro perdesse identità. Adesso, il superispettore e i colonnelli Quirino Longo e Marco Fornasini dei carabinieri stanno chiusi con i magistrati per più di tre ore. Il fatto è che ormai non ci sono più dubbi sull'assassino dei due amanti e del contadino. La perizia balistica non ha quasi margini di errore, spiegano gh inquirenti: le filettature sui frammenti di proiettili sono precise come le impronte digitali. E dopo tante voci, ora ci sarebbe anche la certezza sull'arma. Una Derringer, lasciano capire alla fine, una pistola che ritiene i bossoli, che sta chiusa in un pugno e si nasconde in una manica. Non è Tanna di un professionista, ma bisogna saperla usare e può essere sicura soltanto da distanza ravvicinata. Strano. Ma anche questo può servire a capire la psicologia di un assassino. E alla fine quello che cercano Zazzà e gh altri è un'ombra che hanno quasi imparato a conoscere, che è alta un metro a settanta e ha il polso fermo, che ha vissuto o che vive qui, che conosce la gente e le cose, che ti ha parlato una volta, forse prima, forse un giorno. Come ha ripetuto in questi giorni ai giornalisti Michele Fuchs, il direttore dell'hotel Palace, l'albergo più famoso dell'Alto Adige, «per noi che lavoriamo qui, ed abitiamo nelle case qui intorno, c'è paura davvero, quasi panico. Io l'Umberto Marchioro l'ho visto tante volte sulla strada di Sinigo. Uno come lui non poteva avere nemici. Però è stato ammazzato, e questo vuol dire che c'è in giro un pazzo che uccide senza motivo». Ecco, alla fine, dove siamo arrivati. In mi posto dove la morte per caso ci appartiene improvvisamente. Dev'essere la stessa follia della guerra, in fondo. Solo che questa è un'altra vita. E questa sera strana, da coprifuoco, non riusciamo a capirla. Dietro ai fantasmi della mente, assieme a Zazzà che si gratta la barba. Non riusciamo a capirla. Pierangelo Sapegno «Crediamo non sia un professionista ma è certo abile ad usare la pistola» Ieri nuovo allarme «Correte, c'è un cadavere» Ma era uno scherzo Gli inquirenti sono convinti che il serial killer sia della zona Spunta un secondo testimone per l'agguato mortale ai due amanti Da sinistra la coppia uccisa e la passeggiata d'Inverno. Sotto lo stalliere assassinato

Luoghi citati: Grecia, Merano, Verona