«Non uccidete la speranza di Dayton»

Mentre in Bosnia continuano le violazioni della tregua i leader affrontano le questioni aperte Mentre in Bosnia continuano le violazioni della tregua i leader affrontano le questioni aperte «Non uccidete la speranza di Dayton» A Roma vertice per salvare la pace applauso di incitamento. Prima di iniziare i lavori, tuttavia, il ministro Agnelli ha bacchettato pubblicamente il negoziatore americano Richard Holbrooke - che proprio in questi giorni lascia la diplomazia per Wall Street - per aver sottolineato più volte in passato l'incapacità dell'Europa di portare la pace nell'ex Jugoslavia. E gli ha ricordato che «gli Usa da soli non avrebbero potuto farcela. L'Europa ha lavorato insieme a loro, conferendo un preminente contributo politico, militare ed economico». Poi la Agnelli, Holbrooke, il negoziatore europeo Cari Bildt, il viceministro degli Esteri russo Nikolay Afanasyevkiy, i rappresentanti di Gran Bretagna, Francia e Germania, il comandante dell'Ifor in Bosnia ammiraglio Leighton Smith e il comandante delle .forze Nato in Europa George Joulwan si sono chiusi con i presidenti delle tre repubbliche balcaniche. L'incontro attorno al tavolo rotondo nella Sala delle riunioni internazionali è durato più di cinque ore ed è proseguito nell'adiacente Sala del Mappamondo du¬ rante un buffet di lavoro. Il formato è stato deciso dalla Farnesina per favorire al massimo un'atmosfera informale tra i partecipanti. Il ministro Agnelli ha ricordato che le questioni sul tappeto sono numerose: «Assicurare la libertà di movimento, stabilire regole per i detenuti, completare lo scambio dei prigionieri...». Il tutto mentre la situazione sul terreno rimane esplosiva. Proprio ieri una donna che si trovava su un autobus è stata ferita da un cecchino nei pressi di Sarajevo. Fonti dell'Ifor hanno riferito che si tratta del terzo incidente in una settimana. Ma due nodi in particolare preoccupano i negoziatori internazionali: la convivenza di croati e musulmani a Mostar e il passaggio dei quartieri serbi di Sarajevo sotto il controllo dei bosniaci. A Mostar la situazione è ancora tesissima dopo l'attacco dei croati alla missione dell'Unione europea la settimana scorsa. Gli accordi di Dayton prevedono tre quartieri bosniaci, tre croati e uno misto. Quest'ultimo si trova però dalla parte croata e i croati fanno resistenza. Un insuccesso a Mostar avrebbe ripercussioni negative sull'intera federazione croato-bosniaca. Uno degli obiettivi della riunione di Roma è quello di ottenere un chiaro impegno da parte dal presidente croato Tudjman, che ieri, lasciando Zagabria, è sembrato comunque ottimista: «L'intesa non è in crisi. E' possibile superare le difficoltà». L'altro nodo spinoso riguarda Sarajevo. Il 19 marzo - così dicono gli accordi - i quartieri serbi di Grbavica, Vogosca, Ilidza e Iljas dovranno passare ai bosniaci. I serbi non si fidano: temono di essere vittime di violente rappresaglie. Chiedono di essere protetti dalla loro polizia. E questo non è previsto dagli accordi di Dayton. Entro domani pomeriggio i promotori della riunione dovranno trovare soluzioni equilibrate ai singoli problemi - incluso quello dell'arresto dei responsabili dei crimini di guerra - ma dovranno soprattutto ottenere un impegno credibile da parte dei tre leader balcanici. Andrea di Robiiant ROMA. 0 gli accordi di Dayton trovano una nuova spinta nella riunione che si conclude oggi a Roma o l'intero processo di pace nella ex-Jugoslavia potrebbe presto deragliare. Questo è il messaggio dietro alla convocazione urgente del «Compliance meeting» - il Meeting dell'applicazione dell'accordo - iniziato ieri alla Farnesina su una nota di cauto ottimismo. Susanna Agnelli, presidente di turno dell'Unione europea e ospite della riunione, ha lanciato un appello ai leader delle repubbliche ex-jugoslave affinché confermino qui a Roma, «con azioni concrete», la loro piena adesione agli accordi e la loro volontà di condurre a buon fine il processo di pace. La lunga stretta di mano tra il presidente serbo Slobodan Milosevic, il presidente croato Franjo Tudjman e il presidente bosniaco Alija Izetbegovic - per la verità propiziata più dai fotografi che da un'improvvisa empatia tra i tre - è sembrata di buon auspicio. Tanto che gli altri partecipanti si sono sciolti in un caloroso