Parenti terribili di 1. T.
Parenti terribili Parenti terribili Jodie Foster regista «Famiglia ti odio» BERLINO. Jodie Foster sta benissimo vestita da Armani (l'altra sera proprio il grande stilista italiano le ha consegnato qui a Berlino un inelegante cine-premio tutto d'oro), si prepara a interpretare per Bob Zemeckis il thriller fantascientifico «Contact», a trentaquattro anni emette sentenze: «Così è la vita: dura e complicata». Parla dei rischi del ritorno alle origini; parla di quell'affetto misterioso, inspiegabile col senso del dovere né col senso di colpa né con la buona volontà, che induce le famiglie a riunirsi in certe occasioni per scontrarsi più che per incontrarsi. La struttura del secondo film diretto-prodotto dall'attrice e interpretato dal suo doppio Holly Hunter, «Home for the Holidays» (A casa per le vacanze), commedia fuori concorso ieri al FilmFest, è stata usata tante di quelle volte che può considerarsi classica: in un giorno speciale (Natale, Festa del Ringraziamento, Pasqua, ma anche un battesimo, un funerale, una cerimonia di laurea) una famiglia dispersa si ricompone nella casa paterna dando vita a conflitti, emozioni, nostalgie, rinfacci, a volte drammi. Vuol essere un'immagine del caos contemporaneo la famiglia di «A casa per le vacanze», ideata da un racconto di Chris Radant, messa insieme da Jodie Foster, visitata dalla protagonista che è stata appena licenziata dal suo lavoro di restauratrice al Museo di Chicago e si sente angosciata all'idea che la figlia adolescente faccia per la prima volta l'amore in sua assenza. Una zia vegliarda arteriosclerotica (Geraldine Chaplin), un padre malato grasso e malinconico (Charles Durning), una madre superottimista con capelli orrendi (Anne Bancroft), un fratello brillante omosessuale (Robert Downey jr.), sorella cognato e nipoti convinti d'essere depositari della perfezione convenzionale: due giorni di disagi profondi, ridicolaggini, liti, affetto, memorie, prepotenze, gaffes, risate, solitudini, e una conclusione inattesa. Niente male, niente bene. Qualche macchietta di troppo, un chiasso perenne e snervante nella villetta periferica, qualche momento d'autentica tenerezza e desolazione. Il film simile a tanti ha però un tocco differente: la generosità con cui la protagonista perdona il cattivo gusto, la voracità, la confusione della sua famiglia, con ciò perdonando se stessa e autorizzandosi a sbagliare. [1. t.]
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