La nostalgia Dagli Asburgo a Freud: rimpianti e cattiva coscienza italiana di Sergio Romano
La nostalgia La nostalgia Dagli Asburgo a Freud: rimpianti e cattiva coscienza italiana L A nostalgia per l'Austria cominciò subito dopo la sua morte. Trieste si accorse di avere perduto il proprio retroterra e ne fece colpa allo Stato italiano; anche se Sidney Sonnino, per la verità, fu il solo ministro degli Esteri dell'Intesa che cercò di evitare la dissoluzione dell'impero austro-ungarico. Qualche anno dopo, quando sognò una grande zona portuale e industriale, la città trovò sulla propria strada i grandi progetti di Volpi per Porto Marghera e dovette cedere a Venezia lo scettro dell'Adriatico. La vicenda provocò delusione, amarezza, rimbrotti. Trieste ridivenne fortemente italiana nel secondo dopoguerra, ma il suo nazionalismo fu soprattutto il rovescio dei sentimenti che la soldataglia di Tito aveva suscitato nella popolazione della città La vera nostalgia tuttavia comincia negli Anni 70.1 friulani si riuniscono ogni anno per celebrare il compleanno del «vedo imperador». I triestini cantano con occhi umidi la Servidiola (Servi Dio l'Augusto Regno), versione italiana dell'inno imperiale. I milanesi ricordano con venerazione le grandi riforme amministrative ed economiche di Maria Teresa e di Giuseppe II (opera soprattutto di grandi riformatori lombardi). I fiorentini rimpiangono il granduca, sovrano illuminato e intelligente, ma pur sempre infeudato, per vincoli di sangue, a casa d'Austria. E persino i modenesi ricordano, con una punta di civettuola nostalgia, Francesco V, forse il più scialbo satellite degli Asburgo nell'intera penisola. Il ricordo dell'«Austria felix» cre¬ sce con il malumore e il disappunto degli italiani per il loro Stato. La sindrome austriaca della cultura italiana è una manifestazione del vuoto di affetti, sentimenti, memorie e orgoglio nazionale che si allarga nel cuore del Paese durante la lunga agonia della Prima Repubblica. Il mito dell'Austria è soltanto una delle forme in cui prende corpo l'amarezza degli italiani per il declino della loro nazione. Beninteso, è soltanto un mito. Negli ultimi decenni della sua vita la vera Austria fu miope, forcaiola, economicamente arretrata, incapace di dare una nuova forma a quel domino di matrimoni fortunati che Robert Musil battezzò ironicamente «Kakania». Fu veramente grande soltanto nella sua morte, una sorte di scoppiettante fuoco d'artificio in cui appaiono i volti più inquietanti dell'intelligencija europea. Quale altro Stato ebbe la sorte di avere al proprio capezzale dottori come Freud, pittori come Klimt, Kokoschka, Schiele, narratori come Schnitzler e Zweig, poeti come Hofmannsthal e Rilke? Ma ciascuna di queste voci è grande proprio perché racconta a suo modo la fine dell'Impero. Come rimpiangere un mondo irrimediabilmente condannato a morte dai propri errori e dalle proprie contraddizioni? La nostalgia per l'Austria è soltanto un vezzo intellettuale, la nobile versione di un vecchio adagio, volgare e qualunquista: si stava meglio quando si stava peggio. Sergio Romano llnpna Freud. In alto il castello di Schònbrunn, residenza estiva degli Asburgo
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